Mercati emergenti: un’opportunità per il clima?

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I Paesi emergenti devono affrontare un dilemma. Da un lato, comprendono bene la necessità di proteggere il clima per le generazioni future. Dall’altro, oggi l’imperativo è migliorare gli standard sociali e di vita, e questo richiede più energia ed elettricità a costi accessibili.

I Paesi emergenti dimostrano buona volontà

I Paesi emergenti hanno aderito alle iniziative sul cambiamento climatico, in particolare agli accordi sulle emissioni nette di gas serra (GHG), firmando l’Accordo di Parigi. Già nel 2015, l’Accordo di Parigi invitava i Paesi sviluppati a prendere l’iniziativa fornendo assistenza finanziaria agli altri Paesi, riconoscendo le maggiori sfide che i mercati emergenti devono superare per raggiungere l’obiettivo delle “zero emissioni nette”. La maggior parte dei Paesi emergenti sta progettando e implementando strategie di sviluppo a basse emissioni (LEDS).

Allo stesso tempo, i mercati emergenti sono visti come uno dei colli di bottiglia per quanto riguarda i progetti in favore del clima. La COP26 ha dimostrato che i mercati emergenti si impegnano per la decarbonizzazione, ma ha anche evidenziato come debbano affrontare sfide enormi.

Le sfide

Non abbiamo dubbi che decarbonizzare i mercati emergenti sarà una sfida impegnativa.

  • Le esigenze di investimento sono enormi. La transizione energetica è un esercizio costoso, stimato dall’International Energy Association (IEA) in 150mila miliardi di dollari in 30 anni. I mercati emergenti rappresentano circa il 20% di questa cifra.
  • Il finanziamento non è garantito. Questi Paesi sono già molto indebitati e attualmente i mercati finanziari favoriscono investimenti a basse emissioni di carbonio; la nostra ricerca suggerisce che circa il 37% degli investitori in mercati emergenti prevede di ridurre l’esposizione ai carburanti fossili; inoltre, imporre tasse sul carbonio non è facile.
  • L’accesso a determinate tecnologie – disponibili nei mercati sviluppati come Europa e Stati Uniti – è limitato
  • Le materie prime essenziali, come il litio o il nichel, potrebbero iniziare a scarseggiare
  • La disponibilità di personale specializzato potrebbe essere un problema
  • La pressione dai mercati sviluppati affinché gli emergenti si impegnino in maniera più sostanziale sta aumentando. Ad esempio, vi sono pressioni sui mercati emergenti affinché eliminino gradualmente le centrali elettriche a carbone a basso costo.

Per migliorare gli standard di vita è necessaria più energia

La crescita della popolazione e la necessità di migliorare gli standard di vita sono priorità che i Paesi emergenti non possono permettersi di sacrificare, pertanto è necessaria una maggiore fornitura di energia elettrica. Oggi quasi 800 milioni di persone non hanno alcun accesso all’elettricità. È fondamentale tenere a mente che tra PIL pro capite ed energia c’è una correlazione chiara. E la crescita economica non porta al consumo di energia – è il contrario.

 

 

Secondo le stime del New Energy Outlook 2022 di BloombergNEF, entro il 2050 le economie emergenti rappresenteranno il 68% della domanda globale di energia. In altre parole, i mercati sviluppati si trovano a sacrificare la propria crescita a favore della decarbonizzazione, senza mezzi adeguati e risorse sufficienti.

Opportunità

Alcuni mercati emergenti stanno tuttavia facendo buoni progressi sulla strada della decarbonizzazione. Le economie emergenti rappresentano il 58% dei 249 miliardi di dollari di asset finanziari investiti in energia pulita in tutto il mondo nel 2019[1]. Cina e India continuano ad essere i maggiori mercati per gli investimenti in energia pulita, dove la prima costituisce il mercato di gran lunga più grande. Altri Paesi asiatici sono leader nei componenti per veicoli elettrici, come la Corea del Sud, che produce quasi un terzo delle batterie per veicoli elettrici a livello globale.

Inoltre, i Paesi emergenti possiedono notevoli risorse naturali, come nichel e rame, necessarie per la transizione verso l’energia green, oltre a raffinare materie prime indispensabili, come il litio e il cobalto. La Cina è attualmente leader nella raffinazione di entrambi i materiali.

La transizione verso lo zero netto crea opportunità di lavoro. Secondo l’analisi dell’IFC (International Finance Corporation) condotta sulle 21 principali economie dei mercati emergenti, che rappresentano il 62% della popolazione mondiale e il 48% delle emissioni globali, gli investimenti sostenibili in determinati settori tra il 2020 e il 2030 potrebbero generare complessivamente 213,4 milioni di nuovi posti di lavoro diretti. In regioni come l’Asia orientale e il Pacifico (Cina, Indonesia, Filippine e Vietnam) e l’Asia meridionale (Bangladesh e India), il potenziale dei nuovi posti di lavoro totali è rispettivamente pari a 98,8 milioni e 52,3 milioni. Le infrastrutture per le “smart city” per affrontare il cambiamento climatico creano occupazione e migliorano i servizi nei mercati emergenti sottosviluppati. Naturalmente, mercati emergenti e sviluppati affrontano la stessa sfida, ovvero quella di creare una “transizione giusta”, di cui possa godere l’intera società di un Paese e capace di prevenire sacche di nuova disoccupazione.

Conclusioni

Nei mercati emergenti, la decarbonizzazione può creare opportunità di investimento in settori come l’energia solare ed eolica, nella produzione e nella raffinazione di materie prime legate alla green energy, e nella filiera dei veicoli elettrici.

Le rinnovabili hanno preso piede nei Paesi emergenti, ma il carbone rimane la fonte di energia più economica. La sfida per gli investitori, che allocano il capitale, e per il mondo nel suo insieme, è aiutare questi Paesi ad aumentare il consumo di energia attraverso soluzioni che siano a un tempo economiche e a basse emissioni. I Paesi emergenti affrontano le problematiche legate alla necessità di ridurre le emissioni e, contemporaneamente, colmare il divario con gli standard di vita dei Paesi sviluppati.