Conflitto Russia/Ucraina: impatto potenziale su crescita, politica delle banche centrali e mercati finanziari

-

Nel momento esatto in cui scriviamo, la Russia ha iniziato le operazioni militari in Ucraina, non solo nelle zone separatiste dell’est, ma anche in altre regioni vicine a Kiev e nella capitale stessa. Fino a giovedì 24 febbraio, c’era la speranza che il conflitto potesse essere gestito con sanzioni leggere sulla Russia: non è più così.

Non siamo esperti in previsioni geopolitiche e quindi non faremo ipotesi sul possibile esito del conflitto. Piuttosto, ci concentreremo su ciò che sappiamo della situazione attuale e formuleremo delle ipotesi sulle possibili conseguenze del conflitto sui mercati finanziari.

Il conflitto Russia-Ucraina solleva grandi rischi, tra cui sicuramente vi è quello, concreto, di una crisi energetica di lungo periodo in Europa. L’aumento delle tensioni potrebbe influenzare l’economia europea attraverso i mercati energetici, in particolare il metano. La Russia è il principale fornitore in Europa: al momento soddisfa infatti tra il 30 e il 40% della domanda annuale dell’Europa.

Tuttavia, più recentemente, la quota di metano fornito dalla Russia è diminuita significativamente, a seguito dello spostamento della domanda da parte dei Paesi europei dal metano al metano liquefatto, fornito principalmente dagli Stati Uniti e dal Qatar. L’aumento dei prezzi del metano dovrebbe influenzare la domanda complessiva in Europa, anche se le politiche di sostegno governative probabilmente attutiranno l’effetto negativo.

Anche altri mercati di materie prime potrebbero essere colpiti, specialmente quelli in cui la Russia è tra i maggiori produttori: nichel, palladio, uranio e fertilizzanti. In questo caso, l’inflazione sarebbe ancora più sotto pressione con l’aumento dei prezzi degli alimentari e dei semiconduttori. Tuttavia, ciò non significa che tutto il commercio di base tra la Russia e l’Europa si fermerebbe. Infatti, dalla seconda guerra mondiale ad oggi, e anche durante la guerra fredda, le relazioni commerciali non si sono mai interrotte. Tuttavia, è probabile che il conflitto Russia-Ucraina porti a un premio di rischio per le materie prime.

Le banche centrali si troveranno di fronte a un dilemma e saranno costrette a scegliere tra due opzioni, che potrebbero avere ciascuna effetti economici negativi. La prima opzione sarebbe quella di rispettare i loro mandati, mantenendo così la loro credibilità e continuando l’irrigidimento della politica monetaria per combattere l’aumento dell’inflazione. Con la domanda dei consumatori potenzialmente sotto pressione, questa potrebbe rivelarsi un’opzione difficile con possibili effetti negativi sulla crescita. La seconda opzione sarebbe quella di ritardare gli aumenti dei tassi fino a quando la situazione non si stabilizzerà, il che, però, implica il rischio che l’inflazione diventi strutturale.

Per ora, non ci aspettiamo che il rischio geopolitico impedisca al Federal Open Market Committee di aumentare costantemente i tassi di 25 pb in ciascuna delle sue prossime riunioni. Inoltre, crediamo che l’incertezza geopolitica abbassi le probabilità di un rialzo di 50 pb a marzo.

La Banca centrale europea (BCE) potrebbe essere in una posizione diversa. La crisi potrebbe avere un effetto negativo più forte sulla crescita europea che su quella statunitense, e l’inflazione non è così diffusa come negli Stati Uniti. Più specificamente, il mercato del lavoro è stato meno colpito nel nostro continente, con un’inflazione dei salari di solo l’1,5% a/a durante il quarto trimestre 2021, mentre negli Stati Uniti, l’Atlanta wages growth tracker era al 5,1%. Ieri, il policymaker della BCE Robert Holzmann ha dichiarato che “il conflitto in Ucraina potrebbe ritardare l’uscita dagli stimoli”, il che indica che la BCE è disposta ad adottare una posizione meno restrittiva se necessario.

Le conseguenze sui mercati finanziari dipendono ovviamente dall’evoluzione del conflitto, quindi abbiamo fatto alcune ipotesi: si eviteranno pesanti sanzioni alla Russia e una grande crisi energetica a lungo termine in Europa. Assumeremo che la situazione rimanga molto tesa, con un fragile equilibrio tra la Russia e la NATO, almeno per il momento.

Dobbiamo anche considerare ciò che la storia ci ha insegnato. Ci sono stati diversi eventi geopolitici in passato che ci forniscono indicazioni preziose su come navigare in questo contesto. In termini di market timing, l’evidenza empirica mostra che le invasioni militari costituiscono quasi sempre opportunità di acquisto, al contrario della vendita, per le azioni. Questa osservazione potrebbe essere meno valida nel caso di un conflitto che porti a un aumento dei prezzi dell’energia.

Tenendo conto di tutto ciò, ci opponiamo a una massiccia riduzione del rischio. I mercati azionari vivranno probabilmente una grande volatilità. Nei prossimi giorni potrebbe verificarsi una violenta inversione, al rialzo o al ribasso, rendendo difficili le decisioni di investimento.

Questo non deve essere interpretato come una visione positiva sugli asset rischiosi nel medio termine. L’inflazione tende ancora a salire, spingendo le banche centrali ad adottare politiche più restrittive. Crediamo che ci sia la possibilità che la domanda possa deludere nel medio termine. Detto questo, in un contesto di prezzi elevati delle materie prime, abbiamo una posizione positiva a medio termine sui titoli dell’energia e dei materiali di base e manteniamo una tendenza all’appiattimento nei nostri portafogli a reddito fisso.