MainStreet Partners analizza gli sforzi ESG dell’industria del risparmio gestito

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MainStreet Partners, società specializzata in ESG Advisory e Portfolio Analytics fondata nel 2008, presenta il report  “ESG Barometer” che punta ad analizzare lo stato di integrazione ESG nell’industria del risparmio gestito. La ricerca si fonda sul database di ESG rating proprietario di MainStreet Partners, creato nel 2014 e che oggi comprende più di 160 Asset Managers, 4.200 fondi/ETF per oltre 50.000 ISINs. Il database copre un insieme di fondi ed ETFs che collettivamente rappresentano 5,6 trilioni di euro di asset in gestione.

La metodologia olistica di Mainstreet Partners si fonda su 3 pilastri:

  1. La società di gestione nel suo complesso e lo specifico team di portfolio managers;
  2. La strategia del fondo includendo processo di investimento e la “mission”;
  3. Le singole partecipazioni del portafoglio.

Nella prima edizione dell’ESG Barometer, MainStreet Partners analizza nel dettaglio i progressi compiuti dall’entrata in vigore della Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) dell’UE, quasi un anno fa (10 marzo 2021).

L’obiettivo del report è fare il punto sulla gran massa di dati e informazioni, a volte contraddittorie a disposizione degli investitori. In particolare, la ricerca punta a:

  • una valutazione indipendente degli asset manager e dei loro sforzi per offrire soluzioni di investimento più sostenibili;
  • un’analisi a livello aggregato su quei fondi che dichiarano di avere un forte focus ESG;
  • un resoconto delle attuali divergenze a livello regionale e di asset class, con attenzione ai rischi di “greenwashing”;
  • un focus su alcune delle tendenze più interessanti ed innovative che stanno emergendo nello spazio ESG.

Principali risultati della ricerca:

  • Più di due terzi dei fondi analizzati (70%) sono classificati come articolo 6. I fondi articolo 8 rappresentano il 25%, mentre il restante 5% sono fondi articolo 9. Ci si aspetta che la maggior parte delle nuove strategie venga classificata come fondo articolo 8 nei prossimi trimestri, dato l’alto grado di eterogeneità all’interno di questa particolare categoria.
  • Circa un quinto (21%) dei fondi classificati come articolo 8 ha ottenuto un rating ESG di 3 o inferiore (su un massimo di 5), principalmente a seguito dell’analisi condotta sulla strategia (pilastro 2) e il portafoglio (pilastro 3).
  • A livello regionale si nota che l’Europa è ancora in testa per quanto riguarda la disclosure sulla sostenibilità, la regolamentazione e l’integrazione ESG, mentre gli Stati Uniti stanno iniziando il loro percorso.
  • Nel valutare le differenti dimensioni dei gestori patrimoniali attraverso i filtri dei tre pilastri, MainStreet Partners ha rilevato che gli asset manager di medie e grandi dimensioni hanno sovraperformato le boutique nel pilastro 1 – 3,71 (asset manager), mentre le boutique hanno prevalso nel pilastro 2 – 2,37 (strategia) e nel pilastro 3 – 2,68 (portafoglio).
  • I fondi multi-asset tendono ad avere un minor grado di integrazione ESG nei loro obiettivi d’investimento, oltre a non essere allineati agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile come le altre categorie. In generale, i fondi multi-asset riportano un punteggio inferiore rispetto a quelli obbligazionari e azionari per i fondi classificati come articoli 6 e 8 della SFDR, e uno score inferiore di circa il 12% rispetto alle altre asset class quando si tratta di fondi classificati come articolo 9.
  • Da un punto di vista tematico, la maggior parte dei fondi resta concentrata sulle questioni ambientali, mentre i temi sociali rappresentano solo il 7%. Poiché la maggior parte dei fondi tematici sono classificati come Articolo 9, ci sono stati forti afflussi verso questo tipo di prodotti. Con le nuove normative fermamente concentrate sul raggiungimento di vari obiettivi net zero, i fondi ambientali hanno raggiunto una media di 1,3 miliardi di euro di AuM in gestione, mentre i fondi con focus sulla dimensione sociale raggiungono in media i 384 milioni di euro di AuM.

Simone Gallo, Managing Director di MainStreet Partners, ha commentato: “Il nostro obiettivo è produrre uno strumento di due-diligence per valutare sia il rischio ESG che di green-washing all’interno di qualsiasi portafoglio. I nostri rating di sostenibilità olistici sono solidi, facili da capire e coerenti per gli investitori. Questo è il motivo per cui abbiamo sviluppato una metodologia proprietaria a tre pilastri nel 2014 ed è il motivo per cui pubblichiamo ricerche che evidenziano dove sono stati fatti progressi, ma anche dove è necessario farne di più.  Ci auguriamo di vedere un maggiore allineamento tra i labels della SFDR sui fondi e le nostre valutazioni ESG man mano che i gestori patrimoniali continuano a migliorare la transizione dei processi e delle strategie di investimento. Altrimenti, c’è il rischio che le accuse di greenwashing si realizzino su più fronti, il che sarebbe dannoso per il settore nel suo complesso, e per la fiducia degli investitori negli approcci di investimento sostenibile”.