Il conflitto tra Russia e Ucraina spinge verso l’energia green

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L’invasione della Russia in Ucraina, seguita da un livello crescente di sanzioni imposte dall’Occidente, ha aumentato la volatilità nei mercati dell’energia. Analizzare i dati e concentrarsi su come potrebbe essere il mondo dopo una crisi può aiutarci a evitare di reagire in modo eccessivo alla volatilità a breve termine e a identificare potenziali opportunità nel lungo periodo.

Ulteriore impulso per la transizione all’energia pulita

Indipendentemente dalla durata finale del conflitto e dalla gravità delle interruzioni associate ai mercati energetici globali, i responsabili politici delle principali economie cercheranno probabilmente di accelerare la spinta verso l’energia pulita. Detto questo, ci aspettiamo che i governi adottino un approccio più pragmatico per eliminare gradualmente le fonti di energia tradizionali, dato che la sicurezza dell’approvvigionamento è ora un fattore importante nella definizione delle policy.

Gli argomenti a favore delle politiche che sostengono una transizione energetica pulita sono spesso incentrati sulle preoccupazioni per le emissioni di gas serra e il loro contributo al cambiamento climatico. Probabilmente, l’attacco della Russia all’Ucraina ha fatto crescere in questa equazione l’importanza della sicurezza dell’approvvigionamento energetico, ricordando che la dipendenza massiccia dell’Europa dai combustibili fossili importati da fonti potenzialmente inaffidabili potrebbe essere un elemento di vulnerabilità.

Questi rischi sono particolarmente veri per l’Unione Europea, che nel 2020 ha importato più del 35% del suo gas naturale e quasi il 23% del suo petrolio greggio e dei prodotti petroliferi dalla Russia. Dal momento che, l’anno scorso, l’UE ha importato l’equivalente del 90% del gas naturale che ha consumato in quel periodo, la Commissione europea, l’8 marzo 2022, ha emesso un framework molto ambizioso, il REPowerEU, per ridurre drasticamente la dipendenza dai volumi provenienti dalla Russia, entro il 2030. L’energia rinnovabile, lo stoccaggio delle batterie e il cosiddetto idrogeno verde prodotto dall’elettrolisi alimentata da energia pulita sono tra le aree di particolare importanza. Anche se la fattibilità economica e le scadenze per l’implementazione di queste proposte sono aperte alla discussione, il sentiment suggerisce che la transizione verso l’energia pulita ha guadagnato ulteriore urgenza tra i policymaker.

Investire nella transizione energetica

Riteniamo che la transizione globale dai combustibili fossili richieda tempo e investimenti significativi, anche se la portata, la complessità e il costo della sfida ci rendono meno sicuri sui tempi esatti e sui percorsi che le diverse economie potrebbero prendere per raggiungere questi obiettivi.

In questo contesto, cerchiamo di evitare titoli speculativi in cui l’attività sottostante ci sembra di qualità discutibile o i casi in cui le azioni sembrano essere scambiate a una valutazione proibitiva. Al contrario, tendiamo a puntare su società consolidate in cui riteniamo che l’esposizione a queste tendenze secolari possa migliorare le loro attività principali già competitive, per esempio aumentando la crescita o espandendo le loro quote di mercato. Teniamo anche in considerazione se un’azienda possa rimanere appetibile in un ambiente in cui si registra una diminuzione generalizzata dei costi e i sussidi governativi sono spesso fondamentali per incoraggiare un’adozione diffusa.

Un rinnovato pragmatismo verso i combustibili legacy?

È improbabile che l’aumento degli investimenti in energie rinnovabili e in altre tecnologie al centro della transizione verso l’energia pulita sia sufficiente a far perdere all’Eurozona la dipendenza dalle importazioni di gas naturale, nel breve termine, indipendentemente da dove questi volumi abbiano origine.

L’interesse dei policymaker per una potenziale inflazione dei prezzi potrebbe anche dettare l’aggressività con cui gli stati membri potrebbero muoversi, poiché competere per i carichi di gas naturale liquefatto (GNL), in un mercato globale ristretto, sarebbe costoso, nel breve termine. Soddisfare questa maggiore domanda di GNL potrebbe anche richiedere ai potenziali fornitori di aumentare la capacità di esportazione – con progetti ad alta intensità di capitale che, di solito, richiedono accordi di offtake a lungo termine. I Paesi europei potrebbero anche aver bisogno di costruire ulteriori terminal di importazione, a seconda della misura in cui cercheranno di sostituire i gasdotti russi con carichi di GNL.

Data l’incertezza riguardo all’aggressività con cui l’UE intende affidarsi al mercato del GNL per sostituire le forniture di gasdotti russi,favoriamo le società di alta qualità che riteniamo possano beneficiare di questo scenario, ma che offrono anche un’esposizione ad altri potenziali catalizzatori di rialzo.

Gli alti prezzi del petrolio sono ancora la soluzione per gli alti prezzi del petrolio

Indipendentemente da come questa situazione altamente fluida si svilupperà, notiamo che i meccanismi naturali di riequilibrio del mercato rimangono in atto: a nostro avviso, i prezzi alti del petrolio alla fine dovrebbero essere la soluzione per i prezzi alti del petrolio.

La ripresa dell’offerta richiederà del tempo per recuperare il ritardo, dato che i prezzi elevati incentivano i produttori a intensificare la perforazione e il completamento dei pozzi. Nel frattempo, i prezzi del petrolio hanno raggiunto livelli in cui ci aspetteremmo un certo grado di riduzione della domanda a livello globale, soprattutto perché sta avvenendo in un contesto di prezzi del carbone e del gas naturale non statunitense drammaticamente elevati e di pressioni inflazionistiche sui costi in altre aree dell’economia.

A nostro avviso, questo contesto, insieme al probabile miglioramento della produttività dei pozzi, continua a sostenere la nostra visione secondo cui i prezzi del petrolio dovrebbero normalizzarsi al ribasso nel lungo termine.