I millennial vogliono consulenza, non premi

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Natixis Investment Managers ha pubblicato il report Cinque verità finanziarie sui millennials, con i primi rappresentanti di questa generazione che stanno raggiungendo i 40 anni, entrando nella fase di maggior reddito. Lo studio espone cinque concetti sui millennial e i loro comportamenti finanziari, sfatando gli stereotipi secondo cui questa generazione sia composta da “spendaccioni frivoli e scarsi pianificatori finanziari, propensi a fare affidamento sui genitori”.

L’indagine globale – condotta su quasi 2.500 investitori individuali tra i 25 e i 40 anni, con un patrimonio minimo investibile di 100 mila dollari – ha evidenziato che:

  • Il 59% dei millennial ha un consulente finanziario professionale, una percentuale più elevata sia della Generazione X (56%) sia dei baby boomers (48%);
  • La pianificazione finanziaria cui sono più interessati è la consulenza professionale, senza dubbio per aiutarli a raggiungere quelli che l’82% dei millennial individua come chiari obiettivi finanziari, tra cui quello di andare in pensione a 60 anni;
  • Sono risparmiatori attenti, che mettono da parte in media il 17% del proprio reddito per la pensione;
  • Hanno accumulato una ricchezza considerevole finora, che dipende nel 31% dei casi dalla proprietà di un’impresa o dal reddito da lavoro autonomo e nel 37% da investimenti. Solo il 17% individua un’eredità o il patrimonio di famiglia come fonte della propria ricchezza.

“I millennial godono di una cattiva reputazione, spesso citati come irresponsabili dal punto di vista finanziario, che privilegiano le spese frivole rispetto al risparmio. Imillennial hanno grandi aspettative, ma sono anche proattivi quando si tratta di pianificazione finanziaria e non sono più i giovani ventenni che spesso si pensa siano”, spiega Dave Goodsell, direttore esecutivo del Centre for Investor Insight di Natixis.

“Questa generazione ha goduto di un lungo bullish market con bassi tassi d’interesse e poca inflazione per gran parte della propria vita adulta. Hanno anche vissuto l’11 settembre, lo scoppio della prima bolla tecnologica e una grave crisi finanziaria che ha pesato su molti della generazione dei loro genitori. Hanno conosciuto l’aspetto della perdita e vogliono proteggere i propri interessi, mentre vedono aumentare i rischi e la loro situazione finanziaria diventa più complessa. La buona notizia è che i millennial non solo riconoscono il valore dei consigli di pianificazione, ma hanno anche fiducia nei consulenti finanziari”.

Ecco cinque verità sui millennial:

Gli algoritmi non possono rispondere a tutte le domande finanziarie

È facile supporre che i millennial gestiscano tutte le proprie finanze dai loro smartphone, soprattutto perché molti di loro si affidano alle app di mobile banking. L’onda digitale non si è perà tradotta in un desiderio di consigli d’investimento automatizzati, poiché i millennial sono più propensi a riporre la propria fiducia nelle persone che nelle soluzioni digitali. L’88% degli intervistati con un consulente professionale si fida del suo consiglio, mentre meno della metà (48%) dei millennial ripone la propria fiducia negli algoritmi (intesi come consulenza automatizzata) e solo circa un quarto (24%) si fida dei social media.

Sei millennial su dieci (59%) ricevono consigli da un consulente finanziario, esclusivamente (40%) o in combinazione con la consulenza automatica, come quella fornita da un robo-advisor (19%). Solo il 7% si affida esclusivamente alla consulenza automatizzata.

L’alto numero di millennial che si affida un consulente professionale potrebbe essere il risultato di finanze più complicate che necessitano di consigli personalizzati. Imillennial “più anziani” si sposano, comprano case e mettono su famiglia, la loro ricchezza deriva da fonti diverse. La metà degli intervistati afferma di avere più fonti di reddito che spaziano tra l’occupazione (78%), la proprietà di un’azienda/lavoro autonomo (31%), gli investimenti (37%) e le rendite/eredità (17%).

I millennial vogliono un aiuto diretto nella gestione del proprio patrimonio, piuttosto che affidarsi a un algoritmo. Quattro su dieci dichiarano che l’aiuto nella gestione della volatilità (40%) è una parte importante della propria relazione di consulenza. Lo stesso numero afferma anche che è importante che gli investimenti corrispondano ai propri valori personali, mentre il 37% richiede il sostegno del consulente per questioni fiscali.

Il rischio è reale quando la posta è alta

Per la maggior parte della propria vita adulta, questa generazione ha goduto di un lungo mercato al rialzo, con bassi tassi di interesse e poca inflazione. Due terzi degli intervistati (66%) si trovano quindi a proprio agio nell’assumersi rischi per ottenere risultati, ma sono più avversi al rischio di quanto lascino intendere, come dimostra il fatto che il 72% afferma di preferire la sicurezza degli investimenti alla performance.

La volatilità provocata dalla pandemia e dalle crescenti tensioni geopolitiche, che causano inflazione e rialzi dei tassi di interesse, e nella selezione degli investimenti i millennial si concentrano più sulla gestione del rischio (48%) che sulla capacità di un fondo di battere i benchmark (26%). Il 60% dei millennial ritiene che la volatilità del mercato metta a rischio la possibilità di raggiungere gli obiettivi di risparmio e pensionamento, e quattro su dieci affermano che l’aspetto più importante della relazione con il proprio consulente finanziario è l’aiuto nella gestione della volatilità.

“Anche se è bene avere un sano rispetto per il rischio, molti millennial sono veramente in conflitto tra il rischio e le aspettative di rendimento. Queste, secondo gli intervistati, sono attualmente al 16,3% sopra l’inflazione, in parte perché i rendimenti generati negli ultimi tre anni sono due o tre volte superiori al rendimento medio annuo dell’8,19% che l’S&P ha fornito tra il 2000 e il 2020”, ha commentato Dave Goodsell. “Questo ha ovviamente aumentato le aspettative, ma oggi c’è anche una maggiore volatilità e quindi gli investitori devono pianificare di conseguenza e valutare la propria propensione al rischio”.

I millennial comprendono che non devono scendere a compromessi

I millennial vedono la ricchezza come un’estensione dei propri valori. Il 78% considera l’investimento come un modo per avere un impatto positivo nel mondo e il 63% sente la responsabilità di aiutare a risolvere i problemi sociali attraverso i propri investimenti. Pertanto, dopo il rischio, la seconda considerazione più importante che i millennial fanno quando selezionano gli investimenti è se questi corrispondano ai propri valori, pur cercando comunque di ottenere rendimenti mentre perseguono il cambiamento sociale.

Il loro pragmatismo verso l’investimento ESG include:

  • I millennial sanno che l’investimento di per se non è sufficiente. Il 77% di coloro che ha investimenti ESG afferma che il proprio gestore dovrebbe fare engagement attivo con le società in portafoglio e il 72% si aspetta che il gestore voti su tutti i titoli posseduti.
  • Il 57% capisce che i fondi indicizzati investono in società che potrebbero non riflettere i propri valori personali.
  • Il 52% chiede al proprio consulente finanziario di includere i fattori ESG nell’analisi degli investimenti, insieme a fattori finanziari più ampi.
  • Anche se il 63% degli intervistati sente una responsabilità personale nell’affrontare i grandi problemi del mondo, i millennial ritengono che questa dovrebbe essere condivisa dalle società (80%) e dai governi (75%).

A 40 anni il pensionamento sembra molto più vicino

In tutto il mondo, in media i millennial si aspettano di andare in pensione a 60 anni. “Al compimento dei 40 anni, il pensionamento sembra più vicino, in prospettiva. Andare in pensione a 60 anni è un obiettivo ambizioso e bisogna essere consapevoli dei rischi, il che può spiegare l’importanza che i millennial danno alla pianificazione e alla consulenza”, ha commentato Dave Goodsell.

  • I millennial si impegnano a risparmiare. In media, stanno accantonando per la pensione il 17% del reddito annuale, mentre il 76% è d’accordo sul fatto che è sempre più una propria responsabilità finanziare il pensionamento.
  • Con l’inflazione che ha toccato i massimi registrati negli ultimi 40 anni, il 72% dei millennial considera l’aumento dei prezzi come uno dei maggiori rischi per la sicurezza della propria pensione.  
  • Il 72% è preoccupato che i crescenti livelli di debito pubblico nel loro paese si traducano in una riduzione delle prestazioni pensionistiche pubbliche in futuro.

Sebbene il 70% dei millennial sia fiducioso di poter andare in pensione con una certa sicurezza finanziaria, considerando che l’obiettivo si sta avvicinando velocemente, il 66% accetta il fatto che che potrebbe essere necessario lavorare più a lungo del previsto.

La pandemia è servita a ricordare le basi dell’educazione finanziaria

Il Covid-19 ha fatto sì che il 58% dei millennial si sentisse stressato riguardo alla propria sicurezza finanziaria. Il 28% degli intervistati ha dichiarato che loro stessi o la propria famiglia hanno perso reddito durante la pandemia e più di un quinto (22%) ha subito una significativa riduzione della propria sicurezza finanziaria. Durante la pandemia, d’altra parte, quasi un quarto dei millennial (24%) ha aumentato l’attività di trading attraverso il proprio consulente finanziario, elemento che ha probabilmente rafforzato il valore della consulenza professionale in un contesto di mercati volatili. Il 68% ha detto di sentirsi finanziariamente resistente, il che potrebbe essere il risultato di una pianificazione finanziaria.

Le tre principali paure finanziarie dei millennial oggi sono: un’ingente spesa inaspettata, la sicurezza del lavoro e le tasse. A posteriori, i millennial affermano però che la pandemia è servita a ricordare le nozioni finanziarie di base, compresa l’importanza di tenere sotto controllo le spese (46%), disporre di una somma per le emergenze (38%) ed evitare le emozioni nelle decisioni di investimento (32%).