Prova a prendermi

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L’inflazione non si ferma, almeno per ora, e fa segnare in giugno un incremento annuale che non si vedeva da oltre 40 anni, +9,1%. Anche il dato mensile è fuori dall’ordinario, +1,3% sul mese di maggio, il balzo più alto in 30 giorni dal 2005. Gli operatori ormai danno per scontato il ritocco dei Fed Funds a fine luglio di +75 punti base, e comincia a farsi largo l’idea di un rialzo addirittura di 100 punti. L’unica opzione a disposizione della Fed è quella di rallentare la crescita economica, così da far calare la domanda interna in misura sufficiente a compensare la scarsità dell’offerta, anche se il rischio è di portare gli Stati Uniti in recessione. Si preannuncia quindi un’estate molto calda per i mercati finanziari, occorrerà monitorare le ripercussioni su consumatori e householders della stretta monetaria. Per il momento le vendite al dettaglio sembrano tenere, anche se il dato di maggio ha fatto segnare il primo marginale calo di questo 2022, fortemente impattato, però, dal crollo del segmento automotive. È invece già evidente l’effetto sui tassi dei mutui, che negli ultimi sei mesi sono raddoppiati. Se è vero che la maggior parte dei contratti sono stati stipulati a tasso fisso, quindi l’incidenza sull’esistente è alquanto ridotta, l’impatto negativo forte si avrà da qui in avanti su tutte le nuove accensioni e quindi a cascata sulla domanda di immobili.

Per fortuna l’inflazione core, depurata da beni alimentari ed energia, pur se superiore alle attese (5,9% vs 5,7%) e lontana dal target della Federal Reserve, si conferma in ritracciamento dai massimi di marzo quando aveva toccato il +6,5%. Il calo delle commodities di questi ultimi mesi, fa ben sperare che il trend possa proseguire e che quindi il picco, almeno su questo fronte, sia alle nostre spalle. Allo stato attuale è però difficile pronosticare un ritorno verso il target Fed del 2% in tempi brevi. Le ultime notizie che arrivano dalla Cina sul fronte Covid, purtroppo, fanno temere nuovi lockdown all’orizzonte con conseguenti ripercussioni negative sulle catene di approvvigionamento, ancora lontane dall’essere tornate a pieno regime. In un quadro così incerto, la nuova stagione degli utili sarà ancora più importante del solito per tastare il polso della Corporate America. Dopo un trimestre come quello appena trascorso, con l’impennata dei costi alla produzione, sarà fondamentale valutare l’impatto sui margini, più che sui ricavi, e capire quali sono previsioni per i prossimi mesi. Le valutazioni, dopo la correzione di questo inizio 2022, sono scese anche sui listini americani, ma gli analisti per ora hanno rivisto al ribasso solo in modo marginale le previsioni sugli utili per l’anno in corso e per il 2023. I risultati e la guidance ci diranno, quindi, se gli attuali livelli dei listini sono una buy opportunity o se conviene avere ancora un po’ di pazienza.