Uno sguardo ai mercati

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I mercati finanziari sono ancora caratterizzati da un forte senso di incertezza in vista della fine dell’anno, ma alcuni eventi ci hanno indotto a modificare la nostra posizione sugli asset obbligazionari considerati risk-free o a basso rischio di credito.

Il ciclo macroeconomico

Possiamo affermare con certezza che è sul fronte della crescita che la situazione è cambiata meno. Le previsioni di crescita erano in calo da molti mesi e questo è esattamente ciò che stiamo osservando.

Gli ultimi dati PMI mostrano che la stragrande maggioranza delle principali economie è ora al di sotto della soglia di 50 punti, il che significa che l’attività si sta riducendo. Questo è il caso degli Stati Uniti, dell’Eurozona (soprattutto della Germania) e anche della Cina. Entrando nel dettaglio, vediamo che gli ultimi rapporti di S&P Global mostrano una correzione degli indicatori occupazionali, una diminuzione dei nuovi ordini e un calo della pressione sui prezzi.

Secondo i vari indicatori anticipatori che seguiamo, i PMI e altri indicatori coincidenti (ISM, ZEW, IFO, ecc.) dovrebbero continuare a diminuire nei prossimi mesi, il che dovrebbe tradursi in ulteriori riduzioni delle previsioni di crescita sia in Europa che negli Stati Uniti.

Sebbene la situazione negli Stati Uniti sia migliore, le implicazioni del prossimo calo dell’attività sul mercato immobiliare non sono ancora chiare. Storicamente, un aumento così brusco dei tassi ipotecari ha portato a un forte calo dei prezzi e a un arresto quasi immediato dell’attività, che a sua volta tende a portare a un aumento del tasso di disoccupazione.

Anche se ciò significa che non c’è una nuova tendenza drammatica, possiamo notare che i dati reali sulle imprese stanno gradualmente diminuendo, il mercato del lavoro sta rallentando e il rischio di recessione sta diventando sempre più significativo in tutta Europa. Un aspetto importante per le banche centrali, perché dimostra che la stretta monetaria sta funzionando.

Inflazione

Gli ultimi dati sull’inflazione negli Stati Uniti, inferiori alle aspettative, faranno piacere alla Federal Reserve statunitense e hanno provocato un significativo rialzo del mercato obbligazionario. Al di là di questa sorpresa negativa, che deriva principalmente da un forte calo dei prezzi delle auto usate, diversi indicatori segnalano un graduale rallentamento dell’inflazione statunitense nei prossimi 3-6 mesi. Questo calo sta già interessando alcuni beni e dovrebbe gradualmente estendersi anche ai servizi.

Ciò non significa che l’inflazione tornerà all’obiettivo del 2% della Fed, né che non possa aumentare nuovamente alla fine del 2023 o del 2024. Le ultime indagini sui consumatori (Michigan e New York Fed) mostrano che gli operatori economici si aspettano ancora un sostanziale aumento dei prezzi nei prossimi 12 mesi. Tuttavia, questo potrebbe tranquillizzare i mercati sul rischio inflazionistico nei prossimi mesi.

In Europa la situazione è diversa e più difficile da prevedere, in quanto legata principalmente a fattori che sfuggono al nostro controllo: la guerra in Ucraina e il suo impatto sul prezzo del petrolio, il clima e il suo impatto sui prezzi del gas, e infine la misura del sostegno fiscale dei governi europei nei mesi e nei trimestri a venire. Le differenze tra i paesi europei in termini di misure di supporto e il relativo mix energetico complicano ulteriormente la lettura sull’inflazione europea.

Le misure di aiuto statale hanno mantenuto l’inflazione energetica sotto controllo anche quando il prezzo del gas è salito alle stelle, anche se la revoca di alcune di queste misure non ha portato di recente a un rapido calo dell’inflazione, mentre il prezzo del gas è sceso in modo significativo.

Banche centrali

Nel complesso, il messaggio delle banche centrali nelle ultime settimane può essere riassunto come segue:

  • Abbiamo già irrigidito le condizioni monetarie in modo significativo,
  • Sappiamo che c’è un ritardo significativo tra i rialzi dei tassi e il loro impatto sull’economia.
  • Continueremo quindi la nostra stretta monetaria a causa dell’elevata inflazione, ma a un ritmo più lento.

Rispetto ai commenti fatti negli ultimi 6 mesi, questo rappresenta un cambiamento di posizione e un tono meno aggressivo rispetto al passato. Alcune istituzioni stanno chiaramente assumendo un atteggiamento meno restrittivo, come la Banca d’Inghilterra o la banca centrale canadese. Altri, come la Federal Reserve statunitense, si limitano a suggerire questo cambiamento.

In ogni caso, le banche centrali stanno assumendo un atteggiamento meno aggressivo rispetto a qualche mese fa e, data la probabile evoluzione dei dati macroeconomici, riteniamo che il ritmo dei rialzi dei tassi e le aspettative monetarie continueranno a diminuire nei prossimi mesi. Tuttavia, non c’è motivo di aspettarsi un taglio dei tassi da parte della Fed o della BCE, poiché ciò richiederebbe un deterioramento molto marcato dei mercati dell’occupazione e un’inflazione che si avvicini agli obiettivi, cosa che non si verificherà nel breve periodo.

Conclusione:

I mercati obbligazionari stanno vivendo l’anno peggiore della loro storia, con performance quasi identiche tra i diversi segmenti di mercato, come mostrato nella tabella seguente. Alcuni segmenti del mercato hanno sofferto a causa di spread molto ampi e altri a causa della loro elevata sensibilità alle oscillazioni dei tassi d’interesse, ma resta il fatto che finora nel 2022 non c’è stato un vero e proprio porto sicuro per un portafoglio obbligazionario.

Il probabile ulteriore deterioramento dei dati macroeconomici ci sembra ora un freno a una significativa ripresa del rischio negli asset più rischiosi. D’altro canto, questo deterioramento dovrebbe rendere meno probabile un forte rialzo dei tassi, soprattutto se si prevede che l’inflazione continui la sua tendenza al ribasso. La situazione sembra più chiara negli Stati Uniti, dove l’inflazione si può più facilmente comprendere e anticipare e dove la situazione macroeconomica è più chiara.

Alcuni mercati appaiono quindi attualmente interessanti con un orizzonte di investimento a medio termine:

  • Il debito pubblico a breve termine, soprattutto negli Stati Uniti, con curve di rendimento storicamente piatte.
  • I tassi reali statunitensi, ora in territorio restrittivo e ai massimi dal 2008, nonostante la minore crescita potenziale.
  • Debito investment-grade, che ha avuto di gran lunga l’anno peggiore degli ultimi 50 anni.

Ovviamente la situazione rimane instabile e dipendente da fattori esterni (riapertura in Cina? voci di negoziati in Ucraina? sostegno al bilancio?) ma a nostro avviso, allo stato attuale, i livelli di valutazione di questi asset compensano le incertezze.