Ecco cosa comporta il caso SVB per le criptovalute

Research Team di 21Shares -

Negli scorsi giorni, molti media hanno fatto notare come il mercato delle criptovalute abbia vissuto un boost a seguito del crollo della Silicon Valley Bank (SVB), con Bitcoin ed Ethereum cresciuti rispettivamente del 7,87% e del 7,12% e con la capitalizzazione totale del mercato che ha guadagnato il 5%. Questo anche grazie alla narrativa che sta presentando il BTC come un asset alternativo non monetario e sganciato da molte delle dinamiche che regolamentano la finanza tradizionale.

Tuttavia, quali sono stati gli eventi che hanno portato a questa situazione e, soprattutto, cosa dovremo aspettarci nell’immediato futuro, sono quesiti a cui molti stakeholder ancora faticano dare risposta. Per questo, noi di 21Shares abbiamo sviluppato una breve cronistoria degli eventi più importanti della settimana appena trascorsa e un’analisi sulle ripercussioni che questi avranno in riferimento al mondo degli asset digitali

Cosa è successo

Lo scorso 10 marzo, gli Stati Uniti hanno assistito al secondo più grande fallimento di un istituto bancario nella loro storia, conclusosi con la US Deposit Insurance Corporation (DIFC) che ha preso il controllo di SVB, dopo che questa non è riuscita a remunerare i suoi depositari. I primi a reagire sono stati Coinbase e Binance, che hanno interrotto temporaneamente la conversione USDC/USD, anche a causa di Circle, che ha comunicato che 3,3 miliardi di dollari delle sue riserve (circa l’8% del totale) erano custodite presso SVB, aumentando ulteriormente la pressione di vendita sulla stablecoin. Questa serie di eventi ha portato USDC a perdere la parità con il dollaro, arrivando a valere 0,87$ l’11 marzo scorso. Nonostante questa stablecoin fosse collateralizzata principalmente da Treasury Bill a breve scadenza e da liquidità detenuta presso più istituti finanziari, molti player di settore, come MakerDAO, hanno subito messo a punto delle strategie per limitare la loro esposizione a USDC, con Ether che è stata una delle valute digitali a beneficiarne di più, come dimostra l’impennata degli scambi su piattaforme come Curve, che hanno raggiunto valori anche per 6,7 miliardi di dollari. La situazione è comunque tornata alla normalità dal 12 marzo, a seguito di un comunicato congiunto di Fed, FDIC e Ministero del Tesoro che tranquillizzava gli stakeholder assicurando loro che solamente gli azionisti e alcune tipologie di debiti particolarmente rischiosi non sarebbero stati esenti da perdite. Il 13 marzo, il CEO di Circle, Jeremy Allaire, ha confermato che il 100% delle riserve di USDC sono garantite, permettendo a questa di ancorarsi nuovamente al valore di 1$.

Cosa ci dovremmo aspettare

Dal paragrafo precedente, si evince che il peggio è stato scongiurato e che, dopo alcuni giorni di tempesta, la situazione tornerà presto alla normalità. In realtà, lo scenario è molto più complesso e, nonostante il peggio sia ormai scongiurato, quanto accaduto ci ha dato dei segnali chiunque operi nel mondo della finanza, tradizionale o decentralizzata, dovrà prendere in considerazione.

Il primo riguarda la possibilità di accedere alla liquidità e la minore stabilità di alcuni istituti bancari. La politica monetaria estremamente aggressiva è ciò che ha maggiormente destabilizzato il sistema bancario (dati Goldman Sachs) e già oggi si stanno adottando misure, come il Bank Term Funding Program, che cercano di salvaguardare il quantitative tightening, permettendo però alle banche di concedere prestiti con maggiore flessibilità. Secondo gli esperti, un altro scenario molto probabile è quello del “plateau” dei tassi d’interesse, ovvero che possano mantenersi sui livelli attuali per un periodo più lungo del previsto (possibilità già salita al 60% per il mese di marzo). Nello stesso contesto, prevediamo che il fallimento di altri istituti bancari sia più probabile se queste sono particolarmente esposte alle imprese della Silicon Valley o se non gestiscono la loro posizione attraverso degli swap.

Per quanto riguarda gli asset digitali più nello specifico, gli elevati tassi d’interesse sono l’habitat più favorevole per le stablecoin, in quanto chi le emette trae profitto dal reinvestire i depositi degli utenti in valute fiat in treasury, permettendo loro di liquidare alcuni portafogli in caso di necessità. Inoltre, sebbene ad oggi siano ancora la tipologia più sicura, le stablecoin agganciate a valute fiat sono di natura centralizzata, quindi chi le emette deve sopportare il rischio derivante dal fallimento degli istituti presso cui sono conservate, con la possibilità che il prossimo shock abbia conseguenze molto più nefaste. Pertanto, non solo prevediamo un maggiore investimento in questo segmento perché effettivamente redditizio, ma anche una spinta per lo sviluppo di stablecoin che possano resistere ai fallimenti del sistema bancario tradizionale, ripagare i creditori e anche assicurare una certa stabilità.

Questa ultima osservazione porta direttamente alla terza previsione, ovvero che le prossime settimane o mesi saranno caratterizzati da una maggiore volatilità. Infatti, nonostante USDC abbia ormai recuperato l’ancoraggio al dollaro, è lecito aspettarsi che quanto accaduto renderà i player di mercato più scettici sulla detenzione di stablecoin totalmente vincolate al dollaro, a causa dei rischi politici e di regolamentazione. Un’eventuale fuoriuscita di questi investitori potrebbe causare problemi di liquidità per le piattaforme di scambio nel breve periodo.

L’ultimo punto dell’analisi riguarda il Bitcoin e le valute digitali più “classiche”. Se, da un lato non possiamo assolutamente definire il primo come un asset non rischioso, dall’altro la sua natura decentralizzata e l’indipendenza del suo network da qualsivoglia entità governativa lo rendono una sorta di porto sicuro in uno scenario come quello che abbiamo appena attraversato. Infatti, la bancarotta di SVB ha rilanciato la value proposition di BTC in qualità di sistema non monetario e di riserva di valore emergente, tanto che Binance ha già annunciato che convertirà le sue restanti riserve di BUSD in asset nativi digitali come lo stesso BTC, ma anche ETH, BNB e altri.