Robeco: Tutto ciò che c’è da sapere sull’SFDR
La regolamentazione è una parola scomoda in molti ambiti dell’economia e della politica, ma le norme sulla sostenibilità sono assolutamente necessarie per accelerare la transizione verso economie più pulite, più verdi e più eque. L’UE non ha perso tempo a redigere quadri legislativi per indirizzare le sue aziende, industrie e partner commerciali verso profitti e crescita sostenibili. Il Piano d’azione europeo per la finanza sostenibile è solo una parte di questo grande progetto. Il suo obiettivo generale è quello di convogliare i capitali verso investimenti e sviluppi sostenibili in tutti i 27 Paesi. Lo fa attraverso diverse iniziative di base, tra cui il Regolamento sulla divulgazione della finanza sostenibile (SFDR). L’SFDR è stato concepito per garantire che il capitale destinato agli investimenti sostenibili confluisca in prodotti sostenibili a tutti gli effetti. A tal fine, l’SFDR richiede agli asset manager di considerare attentamente i rischi di sostenibilità nei loro prodotti d’investimento, di comprovare qualsiasi dichiarazione di sostenibilità sulla base di criteri oggettivi e di divulgare pubblicamente tali risultati.
Idee comuni sbagliate
La caratteristica più nota dell’SFDR è il suo sistema di classificazione. Gli asset manager sono tenuti a classificare tutti i prodotti d’investimento in base agli articoli 6, 8 o 9:
Articolo 6: prodotti di investimento che non pongono enfasi sulla sostenibilità, ma bisogna dichiarare il motivo di tale scelta.
Articolo 8: prodotti che devono dimostrare di promuovere caratteristiche ambientali o sociali.
Articolo 9: prodotti che devono perseguire un chiaro obiettivo di investimento sostenibile.
In sostanza, l’SFDR è una misura di trasparenza che consente agli investitori di esaminare un prodotto per capire quali sono le caratteristiche che lo rendono sostenibile.
Un errore comune è quello di ritenere che i prodotti che rientrano nella classificazione dell’’articolo 6 siano esenti dall’informativa sulla sostenibilità. L’SFDR richiede a tutti gli operatori dei mercati finanziari di valutare e comunicare se integrano le politiche di sostenibilità nei loro prodotti, il probabile impatto del rischio di sostenibilità sui rendimenti e se tengono conto degli impatti negativi che i loro prodotti possono avere su una serie speciale di indicatori definiti dall’UE noti come Principal Adverse Impact (PAI).
Articoli 8 e 9 a confronto
Rispetto all’articolo 6, gli articoli 8 e 9 richiedono una maggiore misurazione e rendicontazione su un’ampia gamma di parametri di sostenibilità. I prodotti che rientrano nella classificazione dell’articolo 8 devono dimostrare di promuovere la sostenibilità, mentre quelli di cui all’articolo 9 devono dimostrare di contribuirvi direttamente. I prodotti che rientrano nell’articolo 9 devono essere interamente investiti in società ritenute sostenibili, mentre quelli che rientrano nell’articolo 8 devono solo indicare la quota di investimenti sostenibili che intendono effettuare.
Una maggiore chiarezza è fondamentale
Ciò che si intende per “investimento sostenibile”, tuttavia, non si può definire in modo rigoroso. Un investimento in un parco eolico può essere sostenibile per una strategia di energia pulita, ma i suoi scarsi risultati in termini di sicurezza dei lavoratori possono renderlo inaccettabile per un portafoglio incentrato su un’elevata performance in termini di fattori sociali. Questa mancanza di chiarezza sta causando degli intoppi e sta rallentando i progressi dell’SFDR.
Sono stati proposti emendamenti che includono standard tecnici più severi e un maggior rigore nelle valutazioni dei PAI (cioè, non solo se ma anche in che modo i PAI sono applicati agli investimenti). Tuttavia, potrebbero volerci anni prima che questi emendamenti vengano esaminati, approvati e attuati (se approvati).
Il sistema di classificazione della Tassonomia UE potrebbe fornire una soluzione più rapida, dato che sia l’articolo 8 che il 9 richiedono ai gestori di riferire già in che misura i loro prodotti siano in linea con la Tassonomia. Ma questo non può essere misurato finché le stesse società partecipate non classificano e rendicontano le loro attività sostenibili. La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), una direttiva specifica per la finanza sostenibile finalizzata alla divulgazione della sostenibilità aziendale, richiede alle aziende più grandi (con più di 500 dipendenti) di comunicare l’uniformità delle loro attività alla Tassonomia già a partire da quest’anno.
Tuttavia, dati i costi da sostenere, le aziende più piccole necessitano ancora di anni per adeguarsi. Inoltre, la parte sociale della tassonomia UE, che definisce quali attività contribuiscono positivamente all’impatto sociale, è ancora in fase di sviluppo. Date queste lacune nella rendicontazione, è improbabile che la tassonomia venga utilizzata come soluzione alternativa entro la fine dell’anno.
Dove siamo e dove stiamo andando
Per il momento, l’incertezza sull’evoluzione delle normative ha indotto molti asset manager a mettere in pausa ulteriori piani d’azione relativi all’SFDR. Nonostante la battuta d’arresto, le regole stanno creando molto dibattito e partecipazione. Inoltre, per compiere progressi di tale portata e con tale impatto è meglio procedere per gradi.
Nel frattempo, riteniamo che la pressione esterna da parte degli stakeholder, unita ai progressi tecnologici nell’acquisizione e nell’elaborazione dei dati, dovrebbe spingere le aziende e il settore degli investimenti verso una maggiore integrazione e divulgazione dei rischi e dell’impatto della sostenibilità.