Mercati finanziari: il quadro macroeconomico positivo riconferma lo scenario di soft-landing

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Nell’ultimo mese, i mercati hanno registrato ottime performance sull’azionario, mentre sul fronte obbligazionario, abbiamo assistito a dei rintracciamenti, soprattutto per quanto riguarda quello statunitense. I timori di inizio agosto possono quindi considerarsi superati. Negli Stati Uniti, il mix di crescita e inflazione rassicura sullo scenario di base di soft landing, sostenuto anche dall’avvio del ciclo di allentamento monetario da parte della Federal Reserve. In Europa, invece, sia la crescita che l’inflazione sono risultate sotto le attese, confermando le previsioni dei mercati riguardo la necessità di un ulteriore taglio dei tassi di interesse nel mese di ottobre, cosa che sembrava essere stata esclusa durante la riunione di settembre della BCE.

Guardando al quadro macroeconomico americano, il dato più rassicurante è stato quello sull’occupazione pubblicato venerdì 4 ottobre, che ha confortato gli investitori dopo la revisione retroattiva e al ribasso di inizio agosto, che è stato complice delle turbolenze estive. A settembre si è registrata una crescita occupazionale robusta e oltre le attese, segnando una lieve riduzione del tasso di disoccupazione al 4.1%, rispetto al 4.2% atteso. Dati che confermano quanto affermato da Powell a Jackson Hole, ovvero che non si sarebbe atteso un ulteriore rallentamento sul mercato del lavoro. Con il primo taglio nella riunione di settembre è stata quindi rivendicata la put della FED a supporto dell’occupazione e, indirettamente, della crescita. Durante la conferenza stampa dello scorso 18 settembre, Powell è riuscito a convincere in modo efficace il mercato sulle ragioni della necessità di un taglio da 50 punti base, precisando come non ci fosse alcun ritardo nella politica monetaria, ma come ben narrato dal presidente della FED, il calo dell’inflazione è stato il fattore cruciale dietro questa decisione, piuttosto che i timori legati a una recessione latente o a un mercato del lavoro ancora non eccessivamente robusto. Si conferma l’idea che la disoccupazione sia per ora guidata da fattori positivi – con un recupero dell’offerta e l’entrata di nuovi migranti nella forza lavoro – e non da elementi negativi, come la debolezza della domanda da licenziamenti.

A questo quadro positivo, si aggiungono una serie di misure di stimolo in Cina, dall’allentamento monetario alle misure a favore degli investimenti azionari, comunicate con vigore dai policy makers cinesi. I mercati hanno accolto la notizia con molto entusiasmo, soprattutto l’indicazione sottintesa che ulteriori stimoli di natura fiscale possano arrivare a breve. Anche se tatticamente molto interessanti, queste misure sono da valutare con cautela sul lungo termine, specialmente circa l’efficacità nel sollevare in modo sostenibile i consumi e il mercato immobiliare, i due grandi problemi della Cina. Fino ad allora, riteniamo che l’effetto sul sentiment degli investitori e sugli asset cinesi rimarrà circoscritto. Tuttavia, alcuni fattori potrebbero aggiungere volatilità in questo quadro sostanzialmente favorevole. Il primo riguarda le dinamiche elettorali negli Usa, dove i sondaggi sono ancora inconclusivi e relativamente bilanciati tra i due candidati. La tenuta dell’economia dovrebbe favorire l’amministrazione uscente e anche i mercati prezzano come meno probabile una vittoria di Trump, che avrebbe implicazioni meno favorevoli sull’obbligazionario. Il secondo elemento è legato, invece, al crescente livello di escalation in Medio Oriente, che potrebbe coinvolgere più direttamente gli Stati Uniti o destabilizzare maggiormente il mercato del petrolio, che al momento ne ha risentito relativamente poco, trovandosi in un momento di eccesso di offerta. Non da ultimo, l’avvio della stagione degli utili negli Usa, dove vediamo attese di mercato eccessivamente ottimistiche per il 2025, e ciò potrebbe riservare delle sorprese.

In conclusione, vediamo che sta tornando interessante l’obbligazionario USA – man mano che il mercato prosegua nel ritrattare l’eccesso di pessimismo rispetto alle probabilità di una recessione – sebbene quest’ultimo rimanga a oggi più caro rispetto all’Europa e vulnerabile a una eventuale vittoria di Trump. Manteniamo poi una posizione di cautela sul mercato azionario rispetto alla prima parte dell’anno, nonostante al momento questo sia sostenuto da un mix di fattori macro favorevoli, in quanto non è immune dai rischi geopolitici. Pertanto, portafogli compositi, dollaro e oro rimangono alleati della diversificazione.