Mercati emergenti: prospettive favorevoli ma elevata volatilità nel breve termine

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Per il terzo trimestre del 2024, il debito sovrano dei mercati emergenti in valuta forte, e il debito societario dei mercati emergenti in valuta forte, hanno reso rispettivamente il 6,15% e il 4,48%. I titoli sovrani high yield hanno reso il 6,68% sovraperformando sia, i rendimenti dell’high yield statunitense sia, quelli dell’investment grade dei mercati emergenti. Gli spread sull’indice sovrano dei mercati emergenti si sono ristretti di 30 punti base, interamente trainati dall’high yield, chiudendo il trimestre a circa 360 pb.

Le mosse delle banche centrali nei mercati emergenti
Il terzo trimestre è stato caratterizzato dalla continua disinflazione a livello mondiale, e dall’attenzione ai fattori che potrebbero mettere a rischio la crescita, con le banche centrali dei mercati sviluppati impegnate ad avviare o continuare i loro cicli di allentamento. Anche le banche centrali dei mercati emergenti hanno avviato o proseguito cicli di allentamento nel corso del terzo trimestre, con il ritmo e l’entità dei tagli dei tassi guidati da una combinazione di fattori interni ed esterni.

In Asia invece, mentre l’inflazione è diminuita, le banche centrali della regione hanno ritardato i propri cicli di allentamento per mantenere ben ancorate le aspettative sui tassi di cambio. Solo la banca centrale delle Filippine ha tagliato i tassi di riferimento prima della Fed. Un’eccezione degna di nota è il Brasile, dove la banca centrale a settembre ha aumentato i tassi di 25 punti base.

A fine settembre le autorità cinesi hanno annunciato un pacchetto di stimoli su larga scala incentrato sull’allentamento monetario, sull’allentamento delle restrizioni immobiliari e su un fondo di stabilizzazione del mercato azionario.

Prospettive favorevoli
Guardando al futuro, rimaniamo ottimisti sulle prospettive per i mercati emergenti, poiché la maggior parte dei paesi continua ad adeguarsi gradualmente verso obiettivi di crescita potenziale e di inflazione a lungo termine. L’inizio del ciclo di allentamento della Fed ha sostenuto gli asset rischiosi, mentre l’impatto a medio termine di un rallentamento degli Stati Uniti sui mercati emergenti dipenderà dalla profondità e durata del rallentamento e dalla reazione della Fed.

È importante sottolineare che il punto di partenza per i mercati emergenti appare comunque solido, dato un contesto favorevole dei fondamentali economici. La crescita dei mercati emergenti è rimasta resiliente e si prevede che supererà la crescita dei mercati sviluppati sia quest’anno sia il prossimo di circa 240 punti base. Mentre la crescita della Cina è rallentata, altre grandi economie come l’India o il Brasile continuano a mostrare livelli di attività economica superiori alle attese. Inoltre, lo stimolo recentemente annunciato in Cina dovrebbe contribuire a contenerne la decelerazione.

La resilienza finanziaria dei mercati emergenti è aumentata in modo significativo dopo il taper tantrum del 2013, con molti dei principali paesi che hanno stabilito un track record di politiche macroeconomiche più prudenti. Inoltre, i saldi delle partite correnti, una delle principali fonti di vulnerabilità dei mercati emergenti nei precedenti periodi di stress, sono passati da negativi a positivi.

L’inflazione complessiva, infine, è generalmente in calo nei mercati emergenti. La tendenza deflazionistica complessiva è supportata da diversi driver: mentre la Cina ha esportato la deflazione sui mercati internazionali dei beni, i prezzi del greggio sono ancora vicini ai minimi pluriennali, nonostante l’aumento dei rischi geopolitici. In questo contesto, l’inflazione sta convergendo verso la maggior parte dei paesi dell’America Latina e dell’Asia, o intorno agli obiettivi di inflazione a lungo termine.

Incertezza e volatilità nel breve termine
Nei nostri portafogli Total Return, continuiamo a mantenere il sovrappeso sull’high yield e ci concentriamo anche sull’esposizione investment grade a lunga duration per capitalizzare un calo a lungo termine dei Treasury statunitensi. Nei nostri portafogli in valuta locale, stiamo ponendo invece l’accento sui paesi con driver idiosincratici (Egitto, Turchia, Nigeria).

Vediamo il potenziale per un indebolimento del dollaro nel medio termine con il rallentamento della crescita statunitense. Nel complesso, riteniamo che le prospettive per i mercati emergenti restino favorevoli a causa delle politiche monetarie più accomodanti nelle principali economie, di un dollaro potenzialmente più debole e del ritorno delle grandi economie emergenti, in particolare della Cina, agli obiettivi di crescita potenziale e di inflazione. Nel breve termine, prevediamo un’elevata incertezza derivante dai rischi geopolitici, dalle politiche monetarie e fiscali nelle economie avanzate e dagli eventi politici, in particolare dal risultato delle elezioni negli Stati Uniti.

I rischi da monitorare
I paesi emergenti, ad eccezione della Cina, non possono dissociarsi in modo significativo dai trend di crescita globale. Il calo dei tassi d’interesse e la volatilità finanziaria nelle principali economie, insieme a un dollaro potenzialmente più debole, dovrebbero avvantaggiare le economie emergenti, in particolare considerando le opportunità di valore nell’asset class.

Ci sono vari fattori di rischio che stiamo monitorando e che richiedono una differenziazione attiva all’interno dell’asset class. I mercati emergenti sembrano prezzati per un atterraggio morbido e in uno scenario di atterraggio duro ci aspettiamo che l’high yield resti particolarmente sotto pressione.

Dopo l’uscita del mondo dal picco del COVID nel 2020-2021, è diventato sempre più chiaro che l’ordine internazionale basato su regole sta crollando, sostituito da un mondo multipolare più suscettibile a punti caldi geopolitici a sorpresa.

Infine, se Trump vincesse le elezioni, la sua seconda amministrazione probabilmente si sforzerebbe di rimodellare la politica estera, di difesa e commerciale degli Stati Uniti. Trump potrebbe benissimo muoversi per imporre dazi aggiuntivi alla Cina, colpendo anche gli alleati di lunga data con nuovi e grandi dazi. Questo, insieme alla proposta di espulsione di milioni di immigrati illegali che lavorano in un’economia statunitense all’interno di un mercato del lavoro ristretto, potrebbe comportare rischi di crescita e inflazione.