L’obbligazionario è posizionato meglio
I mercati finanziari sembrano avere aspettative molto positive, riflesse nella robusta performance degli ultimi mesi dei mercati azionari degli Stati Uniti e di altri Paesi, in un momento di elevata incertezza geopolitica. Deficit e valutazioni azionarie storicamente elevate negli Stati Uniti, unitamente al potenziale di escalation delle tensioni commerciali, sollevano interrogativi sulla durevolezza dei guadagni azionari. I rischi appaiono orientati al ribasso, con scarso margine di sicurezza. Questo contesto sembra offrire ottimi motivi per adottare posizioni più prudenti.
Crediamo che i rendimenti delle obbligazioni siano sempre più attrattivi a fronte delle valutazioni dell’azionario e degli spread del credito. Nell’obbligazionario i rendimenti di partenza sono altamente correlati ai rendimenti a cinque anni e per l’obbligazionario di alta qualità si attestavano al 5,10% per il Bloomberg US Aggregate Index e al 4,91% per il Global Aggregate Index (con copertura, in dollari) al 10 gennaio 2025. Mentre per l’azionario la possibilità di protratti guadagni richiederebbe valutazioni sostenute ben al di sopra della norma di lungo periodo, per l’obbligazionario è semplicemente sufficiente che si confermino i trend storici per generare rendimenti interessanti in linea con quelli di partenza.
I rendimenti obbligazionari possono inoltre essere ulteriormente rafforzati dagli apprezzamenti di prezzo dei titoli in scenari più avversi sul fronte macroeconomico o di mercato. I trend storici depongono a favore dell’obbligazionario anche come interessante componente di copertura del rischio e di diversificazione nei portafogli (cfr. Figura 3). Analizzando l’andamento storico dei mercati obbligazionari e azionari a partire dal 1973, mediamente in periodi analoghi a quello attuale in cui l’obbligazionario core americano ha offerto rendimenti intorno al 5% o superiori e l’azionario americano presentava rapporti prezzo/utili intorno a 30 o superiori, l’obbligazionario ha offerto rendimenti a cinque anni nel periodo successivo più alti rispetto all’azionario e con minore volatilità.