Bretton Woods 3.0
Gli europei hanno sostituito la Cina come finanziatore marginale degli Stati Uniti. Contrariamente alla vecchia “Bretton Woods 2.0”, non si tratta del rovescio della medaglia di un enorme deficit bilaterale. Questa “Bretton Woods 3.0” è di gran lunga più vantaggiosa per gli Stati Uniti.
Il concetto di “Bretton Woods 2.0”, coniato da Folkerts-Landau e Garber nel 2003, descriveva un ordine monetario organizzato attorno alla Cina, che riciclava le sue eccedenze nel debito degli Stati Uniti, agendo così sia come fonte del deterioramento delle partite correnti degli Stati Uniti, sia come fattore di sostegno della loro sostenibilità. A nostro avviso, è ora emerso un quadro di “Bretton Woods 3.0”, con due differenze principali rispetto al modello Folkerts-Landau/Garber: in primo luogo, la controparte chiave della necessità di finanziamento degli Stati Uniti è un’economia matura – l’Europa. Dal 2022, gli investitori dell’area euro sono i maggiori detentori stranieri del debito pubblico statunitense, il che dovrebbe essere visto come un vantaggio per l’economia statunitense: è più sicuro affidarsi ai risparmi di un alleato politico e militare per continuare a condurre politiche fiscali ‘spendaccione’, piuttosto che a un rivale geopolitico come la Cina. In secondo luogo, ciò non comporta un massiccio deficit bilaterale delle partite correnti degli Stati Uniti: il deficit commerciale degli Stati Uniti con l’Eurozona in termini di beni è compensato da forti esportazioni di proprietà intellettuale, il che mette gli Stati Uniti in una posizione privilegiata.
Perché aggiustare qualcosa che non è rotto? Il nuovo presidente del Consiglio dei Consulenti Economici degli Stati Uniti ha proposto di costringere gli europei ad aumentare la loro esposizione al debito statunitense, come “tassa” per beneficiare del sostegno militare degli Stati Uniti ed evitare i dazi. Si tratta certamente di un’idea a dir poco “eccessiva”, dal momento che gli europei stanno già contribuendo spontaneamente e fortemente alla sostenibilità finanziaria degli Stati Uniti. Nei suoi piani, agli europei verrebbe anche richiesto di apprezzare la loro valuta rispetto al dollaro, nell’ambito di un “Accordo di Mar-A-Lago”, il che – a meno di ricorrere a magie finanziarie che riteniamo impraticabili – contraddice il primo obiettivo, e pesa sulla performance di crescita già traballante dell’Europa.
Un limite a questo approccio coercitivo degli Stati Uniti è che le strategie alternative degli europei – ad esempio lo sviluppo della propria sovranità in materia di difesa – potrebbero diventare economicamente interessanti nel caso in cui i costi della relazione transatlantica diventassero troppo elevati. A nostro avviso, è interessante che Friedrich Merz, leader della CDU e vincitore delle elezioni tenutesi domenica scorsa in Germania, abbia espresso interesse per tale revisione strategica: una coalizione con la SPD potrebbe permettere di implementarla, ma il fatto che i partiti non mainstream avranno la possibilità di bloccare le riforme costituzionali necessarie per aumentare lo spazio fiscale della Germania costituirà comunque un ostacolo.