L’AgriFoodTech in Italia: il 2024 in pillole.

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Il report sullo stato dell’AgriFoodtech in Italia, elaborato da Eatable Adventures per il Verona

Agrifood Innovation Hub, rivela che:

● nel 2024 gli investimenti scendono del 38% rispetto al 2023, ma il
numero di startup raggiunge quota 407.
● Il 50% delle nuove imprese nasce nel Nord Italia, è formata da team
piccoli (1-5 dipendenti) ed è fondata da ex imprenditori tra i 25 e i 45
anni, di cui il 23% è donna.
● Il 77% delle start-up sviluppa la propria tecnologia in-house;
● AI, Biotech e IoT si confermano le tecnologie più adottate, ma il
contributo delle università alla ricerca applicata resta limitato,
evidenziando l’urgenza di collaborazioni più solide.

Il settore AgriFoodTech italiano sta attraversando una fase di trasformazione: mentre gli investimenti
subiscono una flessione del 38% rispetto all’anno precedente, cresce il numero di startup, in aumento
rispetto al 2023.

È quanto emerge dal nuovo Report sullo Stato dell’AgriFoodTech in Italia elaborato da Eatable
Adventures, filiale italiana del principale acceleratore del settore su scala globale per il Verona Agrifood
Innovation Hub, primo polo di sviluppo dell'ecosistema AgriFoodTech italiano sostenuto da numerosi
partner di prestigio, tra cui Fondazione Cariverona, UniCredit, Eatable Adventures, Veronafiere, Comune
di Verona, Confindustria Verona, e istituzioni accademiche come l'Università degli Studi di Verona 1 .

Nel 2024, gli investimenti si sono fermati a 103 milioni di euro, segnando un netto calo rispetto ai livelli
record dell’anno precedente. Questo dato riflette una generale contrazione nei grandi round di
finanziamento e una maggiore cautela da parte degli investitori. Un calo in linea con il panorama globale
ed europeo che subiscono parimerito una contrazione, anche se meno marcata rispetto allo scenario
italiano, del 7% a livello mondiale e del 19% in Europa.

Con 407 startup attive, in aumento rispetto alle 341 del 2023, e un focus crescente su tecnologie
avanzate come Intelligenza Artificiale, Biotecnologie e IoT, l’AgriFoodTech italiano si conferma terreno
fertile per innovazione e sostenibilità. Segnali di resilienza e un potenziale tecnologico ancora inespresso
suggeriscono che il settore può ambire ad un ruolo di rilievo sul panorama globale.

1 Recentemente, si sono uniti al progetto anche nuovi partner strategici come IUSVE – Istituto Universitario Salesiano Venezia, Salmon
Magazine, DREAMERS, ITS Academy Agroalimentare Veneto, e JEBV – Junior Enterprise Business Verona.

Dove nascono le startup italiane?

Secondo le analisi di VAIH, le startup AgriFoodTech italiane sono concentrate prevalentemente nel Nord
Italia, che ospita il 50% delle realtà attive: Lombardia (31%), Piemonte (10%) e Veneto (9,7%) sono in
classifica insieme a Emilia-Romagna (11%) e Lazio (9,7%). Al contrario, il Sud Italia, fatica ad emergere
nonostante il suo notevole potenziale agricolo, rivelandosi un ecosistema imprenditoriale ancora poco
sviluppato.

L’identikit dell’imprenditore italiano e la morfologia dei team

I fondatori italiani di startup nell’AgriFoodTech si distinguono per un solido bagaglio accademico e
tecnologico: il 38% possiede un dottorato di ricerca, mentre circa il 30% ha conseguito una laurea
magistrale o un master. Il settore è guidato principalmente da founder con esperienze pregresse
nell’imprenditoria (60%) e nell’agroalimentare (60%), un vantaggio che permette di affrontare meglio le
sfide e di cogliere le opportunità del mercato. Il 73% delle nuove realtà innovative viene lanciato da
imprenditori tra i 25 e i 45 anni, mentre solo il 6% riesce a lanciare un’attività prima dei 25 e dopo i 56
anni.

L’ecosistema italiano, dunque, possiede un potenziale straordinario, ma per garantire una crescita
sostenibile e decisiva, è fondamentale attrarre e formare nuove generazioni di talenti, così da infondere
nuova linfa vitale all’ecosistema.

Inoltre, secondo l’analisi del Verona Agrifood Innovation Hub, i team sono piccoli: il 74% delle startup è
composto da 1 a 5 dipendenti e solo il 6% dispone di più di 25 risorse.

Intelligenza artificiale, Biotecnologie e IoT: i motori dell’innovazione Made in Italy

Le startup italiane si concentrano principalmente nei settori della produzione e trasformazione
alimentare e dell’AgriTech, che insieme rappresentano oltre la metà delle attività. In particolare,
nell’AgriTech automazione e robotica delle colture (38%) e nuovi sistemi di coltivazione (29%) guidano
l’innovazione, mentre nella produzione e trasformazione alimentare l’attenzione è rivolta a prodotti
innovativi (44%) e nuovi modelli di economia circolare (20,8%).

Tra i settori in crescita spiccano Logistica e Delivery (21%) – che mostra una forte centralità della
categoria delivery&last mile (45%) e packaging (21%) -, seguiti da Retail e Horeca (17%), tecnologie per la
Cucina e la Preparazione alimentare (3%) e, infine, Health Tech (2%) di cui fanno parte tecnologie per la
nutrizione e la nutraceutica.

Il 77% delle startup sviluppa le tecnologie in-house, con l’intelligenza artificiale al primo posto (43%)
per la sua versatilità e capacità di adattarsi a diversi settori, seguita da Biotecnologie (32%) e piattaforme
digitali (30%). Tuttavia, solo il 15% delle innovazioni deriva da collaborazioni con università,
evidenziando la necessità di rafforzare le sinergie tra ricerca accademica e imprenditorialità.

Crescono brevetti e registrazione di marchi, ma il 19% delle startup non utilizza forme di tutela
Il 75% delle startup tutela le proprie innovazioni attraverso brevetti, un dato in forte crescita rispetto al
40% registrato nel 2023. Anche la registrazione di marchi ha visto un incremento, raggiungendo l’82%, a
testimonianza di una maggiore consapevolezza sull’importanza di proteggere la proprietà intellettuale.

Tuttavia, il 19% delle startup non utilizza alcuna forma di tutela, esponendosi a rischi di imitazione e
perdita di vantaggio competitivo.

Inclusività e scalabilità: le grandi sfide del futuro
Nonostante la crescita del numero di startup il report evidenzia alcune criticità: prima fra tutte una
contrazione del numero di dipendenti pari al 27% (2995 risorse impiegate) dovuta principalmente alla
chiusura di realtà nella fase di scale-up e a team di lavoro piccoli.

I grandi round di investimento, superiori a un milione di euro, sono in calo, mentre aumentano i round
più piccoli, fino a 350.000 euro (nel 60% dei casi) e i cosiddetti “round mezzanini”. Questa tendenza
riflette un approccio più prudente e strategico da parte degli investitori, influenzato anche dall’incertezza
macroeconomica globale.

Cresce l’attenzione verso i progetti in fase pre-seed e seed, caratterizzati da requisiti di capitale più
modesti e minore rischio per gli investitori. Attualmente, il 58% delle startup AgriFoodTech si trova nella
fase seed, un aumento del 15% rispetto al 2023. Tuttavia, molte di queste realtà faticano a superare le
fasi iniziali di sviluppo, e solo il 2,3% raggiunge la fase Serie B o successiva, evidenziando difficoltà nel
processo di scalabilità.

Inclusività ancora lontana dall’essere raggiunta. Infatti, solo il 23% delle startup è fondato da donne, e il
36% dei team è composto da quote femminili. Questi dati evidenziano la necessità di promuovere una
maggiore inclusività e diversità nel panorama imprenditoriale italiano.

“Dopo il boom di investimenti nel 2023, il 2024 ci restituisce uno scenario più misurato e cauto, ma
altrettanto promettente”, commenta Alberto Barbari, Regional VP Italy di Eatable Adventures.“Nonostante le sfide, l’ecosistema                     italiano ha tutte le risorse per affermarsi come leader globale dell’AgriFoodtech Made in Italy.                                                                                 La chiave è adottare un approccio sempre più Open all’innovazione,
consolidando sinergie tra industria, università e startup. Rafforzare queste reti è essenziale per garantire
un futuro più innovativo e sostenibile, attraendo e formando nuovi talenti, incentivando l’inclusività e
creando un legame tra mondo accademico e imprenditoriale, così da infondere nuova linfa vitale
all’ecosistema italiano”.