Stati Uniti e Giappone traineranno le azioni
Il 2024 è stato un anno eccezionale per le azioni sotto ogni punto di vista. In primo luogo, hanno potuto beneficiare dei robusti guadagni conseguiti dagli indici nel 2023, a seguito di due anni di importanti rialzi; un evento piuttosto raro se si pensa che non si è neanche verificata una recessione che potesse fare da catalizzatore. Inoltre, sono state disattese tutte le previsioni: la recessione degli Stati Uniti non si è mai verificata, l’inflazione core si è dimostrata relativamente resistente e le tensioni geopolitiche hanno avuto un impatto sul mercato solamente in isolati periodi. Infine, visto il quadro di partenza ci si poteva aspettare una maggiore volatilità, con un ritorno delle remunerazioni al rischio, ma è accaduto il contrario e le borse hanno infranto un record dopo l’altro.
A seguito di tutto ciò, gli investitori si sono ritrovati a operare in un contesto in cui il peso degli Usa sui maggiori listini internazionali è ulteriormente cresciuto, raggiungendo il 75% (20 punti percentuali in più rispetto a 20 anni fa). Questi risultati sono dovuti a una crescita solida e maggiormente in grado di sostenersi da sola rispetto ad altre nazioni e anche al fatto che qui la geopolitica sembra avere un impatto considerevolmente inferiore che altrove. Inoltre, con la nuova amministrazione Trump che sta togliendo numerosi vincoli ai mercati locali, le imprese americane stanno ricevendo spinte verso nuovi massimi. Oltre oceano, i margini sono anche più ampi, nonostante i costi siano aumentati, soprattutto quelli legati ai salari. Le aziende stanno generando sempre più surplus, che permette loro di remunerare gli azionisti attraverso pagamento di dividendi e operazioni di buyback e gli investimenti internazionali hanno continuato ad affluire negli States, che sempre più stanno assumendo i connotati di un’isola felice e prospera in un mondo sempre più multipolarizzato.
Qualunque cosa si possa pensare, soprattutto alla luce degli avvenimenti recenti, anche l’innovazione tecnologica è stata dominata dagli Usa, tanto che alla fine del 2024 erano ben otto le imprese del settore che superavano i 1.000 miliardi di capitalizzazione; tutte attive nello sviluppo dell’intelligenza artificiale e nella sua applicazione (per ora solo paventata) all’economia e alla finanza reali. Per dare un’idea di quanto il segmento sia fondamentale, basta pensare che Amazon, Meta, Alphabet, Microsoft ed Apple hanno investito 250 miliardi nell’AI, il doppio rispetto all’anno precedente. Nel 2025, questa quota dovrebbe raggiungere i 400 miliardi e non riguarderà solo i chip di Nvidia, ma tutto l’ecosistema, comprendente imprese specializzate nello sviluppo di datacenter, cablaggi, produzione energetica, etc.
Tutto quanto appena descritto ha fatto sì che i mercati statunitensi concludessero il 2024 su valutazioni senza precedenti. Con quasi 23 volte gli utili stimati per il prossimo anno, siamo molto al di sopra delle medie storiche, ma anche al di sopra dei premi normalmente osservati rispetto ad altri mercati sviluppati. Tuttavia, sarebbe un errore ritenere che questo divario con gli altri player sia dovuto solamente al tech. Il manifatturiero, i servizi finanziari e anche alcune imprese nel campo dei beni di consumo presentano dei multipli che sono compatibili con una crescita molto sostenuta negli anni a venire. Queste speranze sono giustificate dal fatto che i consumi hanno dimostrato livelli di resilienza elevati, dagli investimenti non in AI che dovrebbero riprendere già da quest’anno e dalla deregolamentazione portata da Donald Trump, che potrebbe investire numerosi settori diversi.
In ogni caso, oltre agli Stati Uniti, anche il Giappone ha concluso il 2024 registrando solidi guadagni. Il Nikkei è riuscito a battere il suo record precedente, che aveva stabilito nel 1989, con la Abenomics che continua a far sentire i suoi effetti, basati su una politica economica che, seppur in fase di normalizzazione, resta estremamente accomodante. I consumi delle famiglie sono stati sostenuti dall’aumento dei salari. Inoltre, l’inflazione a fine anno era quasi al 2%, un risultato che non si osservava da almeno un decennio. Un altro grande risultato proviene dal turismo, dato che lo scorso anno è stato quello che ha visto più turisti stranieri visitare il Giappone e le grandi imprese esportatrici hanno tratto vantaggio dallo yen debole.
Ma il mercato nipponico ha vissuto un boost anche per via delle riforme della governance aziendale, che ha portato una più efficiente allocazione delle risorse finanziarie che verosimilmente genereranno anche rendimenti maggiori dal capitale impiegato. Tutto questo dovrebbe permettere alle società di tornare a concentrarsi sul loro core business, con grande vantaggio per gli azionisti.
E per quanto riguarda l’Europa? Il Vecchio Continente si trova in una situazione in cui le sue due locomotive, la Germania e la Francia, si trovano in una situazione di stallo. La prima è stata affossata da una situazione politica che non vede precedenti e che giustifica la remunerazione del rischio che si è venuta a creare sul CAC 40, che ha concluso il 2024 come l’ultimo dei listini europei, pagando il prezzo della sua dipendenza dall’economia cinese. Anche la ripresa del manifatturiero, che in molti si aspettavano lo scorso anno, è drammaticamente fallita, ma, nonostante tutto, la situazione è comunque migliore rispetto a quella francese. Infatti, Berlino può ancora sperare in un cessate il fuoco in Ucraina, negli stimoli cinesi e nella solidità di un nuovo governo.