Sfruttare al meglio l’ampia varietà di colture a nostra disposizione. Il Food Sustainability Index
Da secoli le comunità aggiungono nuovi alimenti alle proprie diete e modificano le proprie abitudini di consumo. Tuttavia, le diete attuali si basano in larga misura su tre colture di base, e questo può avere implicazioni per la salute e l’ambiente. Di conseguenza, è necessario sfruttare al meglio l’ampia varietà di colture a nostra disposizione, alcune delle quali sono state coltivate e consumate dalle comunità per secoli, ed esplorare come possano essere integrate nelle diete moderne di tutto il mondo in modo equo e sostenibile.
Sfruttare al meglio l’ampia varietà di colture
In un mondo dipendente principalmente da mais, riso e grano, cresce l’urgenza di valorizzare colture alternative, spesso dimenticate, per migliorare la salute umana, la sostenibilità ambientale e la sicurezza alimentare. Specie come teff ed enset, coltivate da secoli in Etiopia, offrono eccellenti proprietà nutrizionali e resistenza agli stress climatici, ma restano poco diffuse sui mercati globali. L’espansione di “supercibi” come la quinoa dimostra che, grazie a mutamenti culturali, economici e commerciali, anche questi alimenti possono conquistare le tavole di tutto il mondo, a patto di superare gli ostacoli legati a produzione, prezzo e accesso equo.
Food Sustainability Index
A livello globale, metà delle calorie che assumiamo proviene da sole tre colture: mais, riso e grano. Affidarsi così pesantemente a un numero così limitato di alimenti ha un impatto negativo sulla salute umana e su quella del pianeta, oltre ad aumentare la probabilità di carestie catastrofiche in caso di fallimento dei raccolti a causa di condizioni meteorologiche estreme. Esistono centinaia di migliaia di specie commestibili che attualmente non vengono consumate dagli esseri umani. Esistono anche molte colture diverse coltivate in tutto il mondo che forniscono alimenti di base nutrienti per piccole comunità, ma che non sono state adottate su larga scala. A tal proposito, uno degli indicatori del Food Sustainability Index, sviluppato da The Economist Intelligence Unit in collaborazione con la Fondazione Barilla, misura la diversificazione del sistema agricolo analizzando la quota di produzione agricola rappresentata dalle tre principali colture di un Paese.
Le “nuove” star della tradizione
Tra le colture non ancora sfruttate su larga scala (NUS – neglected and underutilised species), spiccano:
Teff: seme etiope alla base dell’injera, ricco di proteine, ferro e calcio. Pur rappresentando oltre il 90 % della produzione mondiale in Etiopia, ora si diffonde anche in Europa e Nord America come “superfood” senza glutine.
Enset: detto “falso banano”, è una fonte di amido fermentato (kocho) che garantisce raccolti tutto l’anno e ha preservato comunità etiope durante le carestie degli anni ’80.
Globalizzazione e dinamiche di adozione
La rapida ascesa della quinoa dimostra come migranti, rapporti commerciali, endorsement mediatici e mode gastronomiche possano rivoluzionare i consumi. Fattori simili, dall’urbanizzazione all’interesse per la sostenibilità, potrebbero presto favorire teff, enset e altre specie “dimenticate”, trasformandole da colture di nicchia in pilastri della sicurezza alimentare globale.
Equità e sostenibilità come sfide future
La diffusione di colture alternative deve però essere gestita con attenzione: i prezzi in crescita rischiano di penalizzare le comunità tradizionali, mentre il cambiamento climatico impone varietà più resistenti e politiche di supporto. Solo un approccio integrato, che coniughi ricerca scientifica, sviluppo territoriale e commercio equo, potrà garantire un futuro alimentare davvero inclusivo e verde.