Il paradosso del Pip per pensionati

-

Così le compagnie piegano le norme che regolamentano la previdenza integrativa, al proprio vantaggio (e dei clienti)

Da dirigente della pubblica amministrazione sono in pensione dal 1° ottobre 2010. Nell’aprile del 2010 avevo compiuto 60 anni. Nell’ottobre 2013, mi si propone la sottoscrizione di un Pip. Ho avanzato mille dubbi di opportunità oltre che di legittimità, essendo già in pensione da tre anni. Mi sono state date le massime rassicurazioni in proposito! In considerazione dell’avvenuta riduzione della soglia di detraibilità di precedente polizza vita e della libertà di versamenti garantita dal Pip (anche se obiettivamente oneroso!!!) ho proceduto alla sottoscrizione. Per due anni, e ogni volta dopo aver “paranoicamente” ri-sottoposto i miei dubbi alla società di assicurazione, ho regolarmente portato in deduzione le somme versate.

I dubbi però persistono e da sola mi perdo nella giungla normativa. Da ciò che riesco a ricostruire tramite internet, nel 2013 il limite di età per sottoscrivere un Pip da pensionata mi risulterebbe essere 62 anni e non 63 + 8 come nel mio caso. Mi sapreste dire se posso stare tranquilla o se devo temere qualche “pesante” contestazione da parte del fisco? Laddove non avessi avuto davvero i requisiti per sottoscrivere il Pip e procedere alla deduzione, l’Assicurazione potrebbe essere chiamata in causa?
Grazie per l’aiuto, Rosanna

Risponde David Canaletto

Dalla domanda della lettrice emergano molti particolari ma non è chiaro se attualmente ella stia godendo di una pensione di vecchiaia o di anzianità. Come vedremo è un particolare molto importante al fine di fugarne i dubbi.

Può sembrare assurdo che un pensionato possa aderire ad un fondo pensione per costituirsi una pensione integrativa godendo delle agevolazioni di natura fiscale che il legislatore mette a disposizione per incentivare il ricorso alle pensioni di scorta ma: è così!

Un “già” pensionato può aderire a un fondo pensione non perché il legislatore lo abbia esplicitamente previsto, ma può farlo in virtù delle pieghe di un articolo scritto con altra finalità e contenuto nella legge che regola i fondi pensione (Dl 252 del 2005).

La legittimazione di questa interpretazione proviene da un apposito provvedimento/orientamento della Covip (l’organo di vigilanza della previdenza integrativa), datato 24 gennaio 2008, emanato su richiesta di alcuni operatori e scaricabile dal relativo sito istituzionale.

Il ragionamento dell’Authority è impeccabile. Il presupposto sono due articoli del Dl:
• l’articolo 8 (comma 11) consente a chi è aderente da almeno un anno ad un fondo pensione di poter proseguire nella contribuzione oltre la data di raggiungimento dell’età pensionabile.
• l’articolo 11 (comma 2) stabilisce che il diritto alla pensione complementare si acquisisce al momento della maturazione della pensione del regime obbligatorio di appartenenza con almeno cinque anni di partecipazione al fondo pensione.

Per Covip, per “raggiungimento dell’età pensionabile” può intendersi, in assenza di ulteriori specificazioni, il compimento dell’età prevista nel regime obbligatorio di appartenenza per il conseguimento della pensione di vecchiaia.

Ne consegue che per i titolari di pensione di vecchiaia o, comunque, per coloro che abbiano raggiunto il limite di età previsto per il conseguimento di tale trattamento pensionistico, l’adesione alle forme di previdenza complementare non sia possibile. È solo ammessa la possibilità di continuare la contribuzione per adesioni avvenute almeno un anno prima della data del pensionamento.

Invece, per i titolari di pensioni di anzianità, che non abbiano raggiunto l’età pensionabile (di vecchiaia), l’adesione alle forme di previdenza complementare appare ammissibile purché l’iscrizione avvenga almeno un anno prima del compimento dell’età pensionabile stabilita per il regime di previdenza obbligatoria di appartenenza. Il pensionato che si trova in tale situazione può anche decidere autonomamente quando ricevere tale prestazione pensionistica complementare, purché abbia aderito al fondo da almeno cinque anni.

Non è un caso che le banche e le compagnie più “smart” abbiano cavalcato questo orientamento ufficiale della Covip sensibilizzando, con campagne mirate, questo target, del quale fa parte, molto probabilmente la nostra lettrice.

I vantaggi prospettati sono:
• investimento nel fondo pensione limitato nel tempo (minimo cinque anni)
deducibilità dei contributi versati al fondo (nei limiti di 5.164,57 euro all’anno)
• possibilità di beneficiare di una migliore tassazione dei rendimenti.

Un ulteriore vantaggio, forse più efficace e convincente di tutti è che, per effetto dei pochi anni di permanenza nel fondo pensione e del volume ridotto di contributi versati, è facile rientrare nella fattispecie in cui la rendita pensionistica, che si ottiene convertendo il 70% del capitale accumulato nel fondo, risulti inferiore al 50% dell’assegno sociale. In tal caso tutta la prestazione dovrà essere riscossa in capitale e non al 50% in rendita, fermi i benefici fiscali goduti.