Opa Pirelli al traguardo: perché nessuno ha rilanciato?

Fabrizio Guidoni -

Analisi e prospettive dell’operazione che si chiuderà il 13 ottobre e porterà il colosso statale cinese ChemChina a diventare il primo azionista del gruppo italiano degli pneumatici

Dopo una lunga ricorsa, partita a marzo di quest’anno, l’Offerta pubblica di acquisto (Opa) lanciata da Marco Polo Industrial Holding su Pirelli & C. che porterà il colosso statale cinese ChemChina a diventare il nuovo azionista di controllo (al 65%) dello storico gruppo italiano degli pneumatici in alleanza con l’attuale controllante Camfin (inizialmente al 35%), è entrata nel rettilineo d’arrivo. E ormai niente sembra poterle impedire di tagliare il traguardo il prossimo 13 ottobre, giorno di scadenza dell’operazione. Per i piccoli azionisti, a questo punto, non resterebbe molto da fare che accodarsi al carro. Con, forse, qualche rimpianto per non aver incassato un premio più ricco per la conclusione positiva dell’Opa. O, quanto meno, per non avere la facoltà – molto probabilmente – di rimanere azionisti in Borsa per poter essere ancora soci al fianco di Marco Tronchetti Provera, a cui fa capo indirettamente Camfin.

Una prospettiva, quest’ultima, che sarebbe molto allettante se è vero che lo stesso numero uno della Bicocca, pur dichiarando che il prezzo offerto “è corretto’”, ha anche ammesso tra i vari commenti fatti che l’ingresso dei cinesi, insieme ai russi di Rosneft già presenti nell’azionariato, crea una “combinazione che dà più opportunità a Pirelli”. In effetti, una volta consegnati i titoli, non sarà possibile beneficiare del processo di riorganizzazione industriale in via di sviluppo. Un peccato. D’altronde se Camfin reinveste nella nuova entità che nascerà gran parte (più di un miliardo di euro), del ricavato dalla vendita (non lontano ai 2 miliardi di euro) delle proprie azioni a 15 euro alla società offerente, un motivo di ottimismo sul futuro del nuovo gruppo ci sarà. E, in quest’ottica, c’è di più. Allo stesso Marco Tronchetti Provera, che resterà amministratore delegato del gruppo della Bicocca e che sarà nominato anche amministratore delegato di Marco Polo Industrial Holding, gli accordi con Cnrc affidano per cinque anni la guida di Pirelli attribuendogli piena autonomia gestionale e la facoltà di indicare al competente Comitato il candidato da considerare per la successione.

L’agenda del piccolo azionista
Ripercorriamo in pochi passi i dettagli dell’offerta pubblica. L’operazione prevede il pagamento per ogni titolo in mano agli azionisti, piccoli e grandi che siano, di 15 euro per ogni tipologia di titoli. L’Opa obbligatoria sulle azioni ordinarie è stata lanciata sul 76,58% del capitale di Pirelli: in caso di adesione totale avrà un controvalore massimo di 5,46 miliardi. L’offerta pubblica, in questo caso volontaria, sulle risparmio, sempre a 15 euro per azione, implica invece un esborso massimo ben più basso, pari a 183,76 milioni di euro. E così il gruppo di pneumatici quotato a Piazza Affari vale oggi ben 7,3 miliardi di euro.A questo punto chi ha in portafoglio le azioni Pirelli dovrebbe essersi già appuntato in agenda le scadenze più importanti. Per chi non lo avesse ancora fatto, ecco una sintesi: l’Opa partita in Borsa il 9 settembre si conclude (a meno di ormai improbabili estensioni o rilanci) il 13 ottobre. Il pagamento per le azioni consegnate sarà effettuato il quinto giorno di Borsa aperta successivo alla chiusura del periodo di adesione. In sostanza, il 20 ottobre. In teoria, anche le azioni Pirelli comprate oggi a Piazza Affari possono poi essere consegnate in Opa. Ma in pratica non ci sono vantaggi finanziari nel farlo. In ogni caso, attenzione: le azioni ordinarie e di risparmio Pirelli acquistate sul mercato nei giorni 12 e 13 ottobre non potranno essere apportate in adesione all’offerta.

Le adesioni delle mani forti
L’opa Pirelli ha messo a segno una decisa accelerazione verso fine settembre quando è arrivata la notizia che Marco Polo Industrial Holding ha comprato ai blocchi al prezzo di Opa, quindi 15 euro, la quota dell’hedge fund Paulson (il 9,5%) arrivando a detenere già il 40% del capitale. L’ingresso a sorpresa di Paulson nell’azionariato di Pirelli a maggio, con la dichiarazione di detenere il 6% del capitale, aveva scaldato la fantasia degli addetti ai lavori e alimentato indiscrezioni di stampa, secondo cui il fondo speculativo poteva aver l’intenzione di stringere con altri azionisti di minoranza un patto per evitare il delisting della società, o, più probabilmente, per spuntare un prezzo più alto. Tuttavia con l’arrivo di settembre e la sempre più evidente impossibilità di ottenere una modifica ai termini dell’offerta ha optato per incassare subito il denaro della partecipazione in scacco che aspettare il regolamento dell’opa.

Ma non è il solo azionista rilevante ad aver già dato disco verde all’Opa. Nomi come Mediobanca (il 3% delle azioni per un incasso lordo sui 215 milioni) e Norge Bank, hanno più o meno direttamente aderito all’offerta in corso. Senza dimenticare Malacalza, a cui faceva riferimento una quota attorno al 7% dopo che nel 2012 aveva impostata un progetto di scalata in Pirelli. Ebbene, la famiglia Malacalza nelle ultime settimane ha tirato giù la saracinesca sulle attività della MI1 srl, la newco creata al culmine dello scontro con Marco Tronchetti Provera che, secondo le ricostruzioni di allora citate dalle agenzie di stampa, sarebbe dovuta servire a sferrare l’attacco al controllo del gruppo degli pneumatici.
Le 33,2 milioni di azioni Pirelli, acquistate dopo l’addio alle holding Camfin-Gpi, sono in carico alla Malalcalza Investimenti a 7,8179 euro per azione. L’adesione all’offerta pubblica d’acquisto lanciata da ChemChina e da Camfin porterebbe in cassa alla Malacalza Investimenti (partecipata dai fratelli Davide e Mattia Malacalza al 48% ciascuno e dal padre Vittorio al 4%) un incasso complessivo di 498 milioni per una plusvalenza lorda da circa 240 milioni. Un bel motivo per aderire.

Pirelli vale di più? Forse sì, ma …

Insomma, con i principali azionisti in movimento a favore dell’Opa non sembrano esserci più molti dubbi: l’operazione lanciata da Marco Polo Industrial Holding è destinata ad andare a buon fine. Ma 15 euro è un prezzo giusto? Una cosa va detta subito: grazie alla spinta del lancio dell’offerta le quotazioni di Pirelli sono ai massimi da più di dieci anni in Borsa, Non solo. Il prezzo offerto incorpora un premio del 25,8% sui valori in Borsa dell’ultimo anno. In più, i vari advisor dei principali attori attivi e passivi hanno valutato il prezzo congruo.
Tuttavia, a leggere quanto hanno scritto gli analisti di diverse case d’affari, a qualche investitore qualche dubbio è venuto. Alla notizia del lancio dell’operazione Ubs aveva giudicato “limitato” il premio offerto dai cinesi di ChemChina. Credit Suisse si era spinta oltre. Gli esperti dell’istituto elvetico sono arrivati a valorizzare 20 euro per azione una Pirelli focalizzata sui pneumatici premium, assegnando inoltre un ulteriore spazio di crescita di altri 2,1 euro per azione in scia all’alleanza nel settore camion. Per Intermonte 15 euro non rappresenta ”il vero valore di Pirelli” ed erano arrivati nei loro report a usare la definizione ‘italians/chinese do it better’. Mediobanca Securities a caldo si era focalizzata sullo spin off dei pneumatici industrial stimando un potenziale rialzo del 5% alzando il prezzo obiettivo a 16 euro. E aveva anche segnalato i rischi di una contro-opa: “L’ingresso di un gruppo cinese in Europa potrebbe essere visto come pericoloso da alcuni dei player principali e la stampa ha già accennato a potenziali contro-offerte”. E addirittura prima che l’Opa venisse allo scoperto Equita nell’alzare il target price da 14 a 15,5 euro aveva sottolineato le potenzialità del titolo spiegando che le principali preoccupazioni legate all’andamento del titolo come i mercati emergenti e pneumatici invernali sono passate in secondo piano e anzi nel segmento industrial, con un partner asiatico (ipotesi poi confermata dai fatti attuali), si potrebbe compiere il primo passo verso uno scorporo del business; ciò renderebbe Pirelli una società pura di pneumatici consumer premium, avvicinandosi ai livelli di Nokian. La conclusione di allora degli analisti di Equita? La valutazione con una somma delle parti arriverebbe addirittura oltre 18 euro. Ma oggi gli stessi esperti si sono dovuti adeguare alla forza e ai “tecnicismi” dell’Opa: “Il delisting di Pirelli da Piazza Affari è “probabile” per cui diventa rischioso mantenere in portafoglio un titolo che a breve potrebbe diventare illiquido”.
Ma allora perché i prezzi, a parte una speculazione iniziale del mercato non sono stati oggetti di una contro Opa o quanto meno di un rilancio da parte di Marco Polo Holding?

Contro-Opa, dove sei?
Già detto del premio sul prezzo medio dell’ultimo anno, in estrema sintesi i motivi per cui non si è vista nessuna contro Opa possono essere riassunti in tre punti. Il primo è l’aspetto industriale, tra rischi antitrust e scarsi vantaggi da integrazione. Per dirla come gli analisti di Natixis, nessuna contro offerta è prevista per motivi diversi, come questioni antitrust per i grandi come Michelin, Contintal e Goodyear o per l’eccessivo rischio che avrebbero i più piccoli (Hankook e Yokohama). Solo Bridgestone avrebbe avuto le carte in regola ma ha scelto la via della crescita organica. Ed Exane ha definito improbabile un interesse verso Pirelli da parte dei competitor europei a causa delle sovrapposizioni nel business.
Un’altra possibilità era una nuova offerta made in Italy, come in altri casi del passato (per esempio Telecom Italia). Ma qui abbiamo un doppio problema: la mancanza oggi di “capitani coraggiosi” ma ancora di più la non disponibilità di “capitali coraggiosi”. “Non è il meglio ma dove troviamo in Italia capitali che vogliano contenderla?” ha così commentato l’Opa il presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, GianMaria Gros Pietro.
Il terzo punto è la blindatura forte dei patti tra Camfin e ChemChina. La prima, infatti, sarebbe tenuta a pagare una sorta di maxi “penale” da 100 milioni nel caso in cui aderisse a un’Opa su Pirelli alternativa a quella targata Cina.

E Marco Polo non rilancia
In assenza di contro Opa c’è chi sul mercato ha sperato almeno in un rilancio sul prezzo offerto. Una speranza in realtà vana fin dall’inizio: alla vigilia dell’avvio dell’Opa, peraltro, la pubblicazione del prospetto aveva chiarito che il prezzo non sarebbe stato ritoccato, nemmeno con il diritto di recesso. E la Consob lo ha poi sancito: non c’è un extra valore negli accordi con Camfin che possa spingere a rivedere il prezzo.
E intanto, mentre c’è ancora sul mercato qualcuno che scruta l’orizzonte in attesa di una contro Opa o di un rilancio, il 13 ottobre è ormai dietro l’angolo.