Dividendi, buyback o valore per gli azionisti?

di Ubs Etf -

Nuove generazioni di indici selezionano i titoli in base alla loro maggiore redditività. Ma occorre valutare anche se questa viene finanziata attraverso la liquidità, o con nuovo debito

Molte strategie di investimento selezionano le azioni ad alto rendimento perché consentono di unire redditività e incremento del capitale, anche se questa strategia non è priva di rischi. Idealmente, le società dovrebbero realizzare il giusto equilibrio tra distribuzione degli utili e reinvestimenti per assicurare la crescita dell’impresa.

In questo articolo Pawel Janus, Etf strategist di Ubs Asset Management, analizza una nuova famiglia di indici, che selezionano i titoli per la loro capacità di offrire dividendi sopra la media e/o rendimenti da buyback. Gli indici adottano diverse metodologie e Janus evidenzia le principali differenze.


L’autore dedica una particolare attenzione al modo in cui viene finanziato il rendimento degli azionisti: negli ultimi anni infatti molte società hanno utilizzato il debito per garantire redditività ai possessori di azioni. Quando si cerca un valore nel lungo periodo per l’azionista, però, la chiave è concentrarsi su società che finanziano i dividendi e/o gli acquisti di azioni proprie con il capitale circolante, invece che con gli arbitraggi sulla struttura del capitale.

Le società possono distribuire la liquidità in eccesso ai loro azionisti o attraverso il pagamento di dividendi, oppure attraverso il riacquisto di azioni proprie (buyback). Entrambe le strategie generano valore per i possessori di azioni ma, mentre i dividendi offrono un rendimento definito nel giorno del pagamento (che è un reddito soggetto a tassazione), il buyback porta a un aumento pro quota della redditività (utili, vendite, ecc.) dovuto alla riduzione del numero di azioni in circolazione.

Ma ancora più importante è il fatto che i buyback sono spesso interpretati come un segnale che il management ritiene che le azioni siano sottovalutate rispetto al loro valore intrinseco. Secondo uno studio1 la percezione che i titoli siano sottovalutati è uno dei fattori chiave che spingono alla decisione del riacquisto (altre importanti motivazioni sono i possibili vantaggi fiscali e la protezione contro il rischio di scalate ostili).

Di solito i buyback portano a un incremento del prezzo delle azioni, che si traduce in significativi capital gain, e questi sono soggetti a tassazione, se l’azionista decide di realizzare il profitto. Molti investitori acquistano queste azioni per il loro potenziale di reddito e di guadagno in conto capitale, anche se questa strategia non è priva di rischi. Idealmente le società dovrebbero cogliere il giusto equilibrio tra la distribuzione della liquidità e il suo reinvestimento (capex) per garantire la futura crescita dell’impresa. Per questo gli investimenti orientati al rendimento ossono essere classificati come investimenti con un premio al rischio, perché gli investitori si attendono una remunerazione proporzionale al rischio sopportato.

Recentemente sono stati sviluppati indici di mercato che puntano a selezionare le azioni che hanno rendimenti da dividendi e/o rendimenti da buyback superiori alla media. Questo consente di accedere a investimenti indicizzati al premio al rischio e di valutare la loro performance.

L’indicizzazione di base alle azioni ad alto rendimento
Il valore dei dividendi e/o dei buyback può essere stimato guardando agli indici base. Per esempio, lo S&P 500 Buyback Index misura la performance delle 100 azioni con il più elevato rendimento da buyback all’interno dei titoli dello S&P 500, mentre lo S&P 500 High Dividend Index riflette la performance di 80 azioni con il più alto rendimento da dividendi all’interno dello S&P 500.

Il grafico qui sotto mostra la performance di lungo termine del mercato (indice S&P 500) e degli indici legati al rendimento. Le società comprese nell’indice di rendimento da buyback hanno sovraperformato sia il mercato, sia le azioni con forte rendimento da dividendi, in particolare nel 2013-2014, quando i riacquisti sono stati pari, in totale, a 950 miliardi di dollari (un livello superiore a quello, fino ad allora record, del bienno 2006-2007).

Indici a confronto
(rendimento netto in dollari, base dicembre ‘98=100; nelle parentesi quadre, indice di Sharpe)

grafico1

Fonti: S&P Dow Jones Indices, Bloomberg, Ubs Am. Dati al 31 ottobre 2015

In realtà, entrambi gli indici focalizzati sui rendimenti hanno realizzato ritorni corretti per il rischio superiori nel periodo analizzato, confermando la tesi del premio al rischio.

Sia lo S&P 500 Buyback Index sia lo S&P 500 High Dividend Index sono basati su una metodologia semplicistica: il primo comprende le 100 azioni con il più elevato rendimento da buyback, il secondo le 80 azioni con il più alto rendimento da dividendi. In entrambi i casi, tutti i componenti hanno il medesimo peso. Questa uguale ponderazione va nella direzione della massima diversificazione, senza una preferenza per le azioni con un rendimento maggiore, e indipendentemente dalle dimensioni della società o dalla fonte di rimborso dei finanziamenti. La composizione settoriale degli indici è abbastanza prevedibile, considerando che singoli i settori sono caratterizzati da politiche di pagamento dei dividendi diverse.

La considerazione chiave: se la remunerazione degli azionisti è finanziata con il debito
Molti studi recenti mettono in discussione il valore dei rimborsi di liquidità e sostengono che negli anni più recenti, tra tassi di interesse bassi e finanziamento a buon mercato del debito, l’emissione di titoli di debito è stata usata in modo eccessivo per i buyback di azioni e per i dividendi2.
Ciò significa essenzialmente ricompensare i possessori di azioni a spese dei titolari di obbligazioni (debt/equity arbitrage), ed implica che le società massimizzano il valore per i detentori di azioni a breve termine, invece di investire per il lungo termine.

Il grafico qui sotto mostra l’andamento dei buyback di azioni e le emissioni di debito per le società Usa, e mostra come il boom dei buyback nel periodo post crisi coincide con una crescita delle emissioni nette di obbligazioni, suggerendo che i riacquisti sono stati, almeno in parte, finanziati con il debito.

Buyback vs indebitamento

buyback dividendi debito

Fonte: Bis Quarterly Review (marzo, 2015).

L’attuale struttura di incentivi, rappresentata dai bassi tassi di interesse e dalle agevolazioni fiscali, rema contro gli investimenti a lungo termine e favorisce l’utilizzo del debito per finanziare i buyback. Quando si cerca valore nel lungo termine per gli azionisti, la chiave è concentrarsi sulle società che ripagano i possessori di azioni con la liquidità disponibile e con la solidità dei loro bilanci, piuttosto che con gli arbitraggi sulla struttura del capitale.

Un’indicizzazione basata sul valore per l’azionista
Msci ha recentemente lanciato il Msci Total Shareholder Yield Index, per le azioni Usa e per quelle dell’Eurozona. A differenza dall’indicizzazione di base, la metodologia dietro questo indice deriva dalle considerazioni citate prima sul rapporto azioni-obbligazioni, e si basa dunque su una visione più olistica della struttura del capitale di ciascuna socità.

Questo indice seleziona le società che hanno remunerato il capitale più della media (attraverso dividendi e/o buyback), e nello stesso tempo punta a minimizzare l’esposizione alle società che hanno parallelamente aumentato il loro livello di indebitamento, supponendo che l’emissione di obbligazioni abbia finanziato la remunerazione per gli azionisti.

All’interno di questo schema, il focus è sulle società che favoriscono il valore a lungo termine per gli azionisti.

La costruzione dell’indice è un processo basato su alcune regole per cui, per ogni variabile – rendimento da dividendi, rendimento da buyback e rendimento da remunerazione del debito – viene attribuito un determinato punteggio, in modo da ottenere una graduatoria delle azioni in considerazione del loro valore per gli azioniti.

Rispetto all’indicizzazione di base, tradizionale, questo approccio di Msci favorisce le azioni che offrono più valore agli azionisti, sovrappesandole nella composizione dell’indice.

Il risultato è che le azioni selezionate hanno pesi maggiori che nell’indice di riferimento. Per esempio, Exxon pesa per il 4,9% nel Msci Usa Total Shareholder Yield Index, mentre rappresenta appena l’1,8% nell’indice Msci Usa. Exxon infatti ha realizzato un programma di riacquisto di azioni e ha pagato quasi 350 miliardi di dollari agli azionisti da quando si è fusa con Mobil nel 1999. Nello stesso tempo sta pagando dividendi, e le sue emissioni nette di debito rimangono relativamente modeste.

I primi 20 titoli del Msci Usa Total Shareholder Index
(e confronto con il rispettivo peso nel Msci Usa)

msci usa total shareholder

Fonte: Msci, Ubs Am. Dati al 30 ottobre 2015.

 

Il grafico qui sotto mette a confronto le performance degli indici Msci Total Shareholder Yield, S&P 500 Buyback e S&P 500 High Dividend negli ultimi dieci anni. Il Msci Total Shareholder Yield mostra una performance a metà strada tra quella dell’indice basato sui buyback e quello basato sui dividendi.

Dividendi, buyback o shareholder? Le performance
(rendimento in dollari, total return)

dividendi buyback o shareholder

Fonte: Msci, Bloomberg, Ubs Am. Dati al 30 ottobre 2015.

Gli Ubs Etf
Sul mercato EtfPlus di Borsa Italiana sono quotati due Etf di Ubs, che hanno come sottostante gli indici Msci “Shareholder Yield”: Ubs Etf Factor Msci Usa Total Shareholder Yield Index (codice Isin IE00BX7RRT25) e Ubs Etf Factor Msci Emu Total Shareholder Yield Index (codice Isin LU1215455947).


Note: 1 Brav, A., Graham, J. R., Harvey, C. R., and Michaely, R. (2005): “Payout Policy in the 21st Century,” Journal of Financial Economics, 77, 483-528.
2 Blundell-Wignall, A. and Roulet, C. (2013): “Long-Term Investment, the Cost of Capital and the Dividend and Buyback Puzzle. OECD Journal, Issue 1.