Promotore truffaldino, ma la banca non ne risponde

di Rosaria Barrile -

Il Tribunale di Treviso ha dato ragione a Credit Suisse rigettando la richiesta di risarcimento da parte dei risparmiatori

Nonostante il principio generale stabilito dal Testo Unico Finanziario relativo alla responsabilità solidale della banca per quanto di illecito viene commesso dal promotore che opera nella sua organizzazione, il Tribunale di Treviso ha dato ragione a Credit Suisse rifiutando la richiesta di risarcimento da parte di due risparmiatori che avevano affidato al promotore, rivelatosi poi truffaldino, quasi 115 mila euro.

La decisione, tutt’altro che frequente, sottolinea di fatto l’importanza di pretendere almeno una ricevuta, intestata alla banca o alla rete per cui il promotore lavora, di firmare in ogni caso un contratto scritto, e di tenere traccia dei versamenti effettuati dal conto corrente, quando si affidano i propri risparmi a un intermediario.

In particolare, il Tribunale di Treviso, con sentenza n. 2388/2015 del 3 novembre 2015, ha accolto la linea difensiva di Credit Suisse, assistita dallo studio Zitiello.

Il Giudice ha ritenuto che, sebbene sia stata accertata l’appropriazione illecita dei risparmi da parte del promotore, non potesse essere applicato il principio della responsabilità solidale della banca ai sensi dell’articolo 31 del Tuf per mancanza del nesso di “occasionalità necessaria”.

Detto in altri termini, i risparmiatori al momento della truffa non avevano formalmente alcun rapporto con la banca, in quanto mancava sia un dossier titoli aperto, sia un conto intestato. Avevano sempre avuto contatti diretti solo con il promotore che, stando alla ricostruzione dei fatti, aveva lavorato in Credit Suisse ma solo prima che avvenissero tali fatti. Successivamente, il promotore aveva ingannato i risparmiatori dicendo di essere ancora alle dipendenze della banca.

Risalendo ancora più indietro nel tempo, i due risparmiatori hanno confermato inoltre al giudice come il promotore non fosse mai stato presentato loro dalla banca all’interno dei suoi uffici, ma fosse un loro conoscente, dal momento che era stato un alunno della risparmiatrice ai tempi delle elementari.

Il risultato è che, una volta in tribunale, i due risparmiatori non sono stati in grado di presentare il contratto di mandato di gestione patrimoniale, con il correlato conto corrente, né alcun documento dal quale si potesse risalire a una sottoscrizione di un contratto con Credit Suisse. Ma non solo: i risparmiatori non erano in grado di dimostrare di aver effettuato versamenti presso l’istituto di credito perché non vi era alcun documento o ricevuta in grado di dimostrarlo.

Zitiello, con un team guidato da Benedetta Musco Carbonaro, ha assistito con successo Credit Suisse in una causa che ha ottenuto sentenza favorevole dal Tribunale di Treviso in materia di illeciti di promotori finanziari.