Salvataggi bancari, azionisti e obbligazionisti non ci stanno

di Rosaria Barrile -

Sarebbero 15 mila i risparmiatori coinvolti, per un controvalore di quasi 730 milioni di euro. Le associazioni dei consumatori hanno già avanzato critiche e promettono di ricorrere alle vie legali

Agli azionisti e ai possessori di obbligazioni subordinate, il salvataggio di Banca Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara, CariChieti e Banca Marche, costerà carissimo.

A pochi giorni dal decreto con cui il Consiglio dei ministri ha provveduto a far ripartire le quattro banche, che rischiavano di dover essere sottoposte alla procedura del “bail in”, la protesta di chi, nel corso di una notte (quella tra domenica e lunedì per essere precisi), ha perso i propri risparmi si sta diffondendo in diverse regioni del Centro Italia.

Secondo le stime dell’associazione Amici di Banca Etruria, sarebbero circa 15 mila in totale gli obbligazionisti subordinati delle quattro banche salvate di cui un terzo solo di Banca Etruria. Alle nove obbligazioni subordinate emesse dall’Etruria per un totale di circa 375 milioni si aggiungono infatti le quattro di Banca Marche (205 milioni) e le tre di Carife (148 milioni) per un controvalore complessivo di quasi 730 milioni di euro.

Con il decreto di salvataggio, di fatto le quote delle banche possedute da azioni e obbligazionisti sono state azzerate. Le perdite accumulate nel tempo da queste banche infatti sono state assorbite in prima battuta dagli strumenti di investimento più rischiosi: le azioni e le obbligazioni subordinate, per l’appunto. Il resto delle perdite è stato coperto dal Fondo di risoluzione e quindi non è ricaduto sugli altri obbligazionisti e sui correntisti.

Tale sistema, finalizzato a coprire le perdite, è espressamente richiesto come “precondizione per la soluzione ordinata delle crisi bancarie” dalla Direttiva europea sulla risoluzione delle crisi bancarie (Brrd), recepita nell’ordinamento italiano lo scorso 16 novembre con il Decreto Legislativo 180/2015.

La norma è così entrata a far parte del nostro ordinamento e ha assegnato la funzione di autorità di risoluzione delle crisi nel settore bancario alla Banca d’Italia, che afferma: “Questa è la soluzione compatibile con le norme sugli aiuti di Stato che è emersa dopo che altre proposte erano state ritenute non compatibili durante le discussioni con la Commissione europea”.

Ma le associazioni dei consumatori, che in questi giorni stanno raccogliendo le segnalazioni in particolare dei piccoli azionisti, hanno già avanzato critiche e promettono di ricorrere alle vie legali. Per Vincenzo Somma, direttore di Altroconsumo Finanza, “si tratta di un’operazione con parecchi punti oscuri. In primo luogo il coinvolgimento della collettività: lo Stato, ufficialmente negandolo, garantisce l’operazione attraverso la Cassa depositi e prestiti. Andrebbero inoltre definite in modo più trasparente le modalità di valorizzazione e la scelta dei crediti svalutati e passati alla bad bank”.

Federconsumatori invece punta l’indice contro chi, nel corso degli ultimi anni, allo sportello avrebbe venduto azioni delle banche in questione anche ai piccoli risparmiatori senza rispettare il loro profilo di rischio. “Stiamo studiando gli interventi, di carattere legale e no, più opportuni da mettere in campo per far valere i diritti dei cittadini inconsapevoli a cui sono state vendute azioni ad alto rischio, tra l’altro con metodi spesso poco ortodossi, violando la direttiva Mifid, il Testo unico finanziario e le comunicazioni Consob. Il vero e grave problema del nostro sistema bancario è, infatti, l’asimmetria informativa”.