I contributi

redazione -

Sono tre le tipologie previste: obbligatori, volontari, figurativi. Ecco come funzionano

Attualmente nel sistema previdenziale italiano sono previste diverse tipologie di contribuzione:

La contribuzione obbligatoria
Il contributo è per definizione “obbligatorio”, in quanto dovuto per legge indipendentemente da eventuali accordi tra le parti.

Il sistema di previdenza italiano è finanziato attraverso un prelievo contributivo rapportato al reale reddito / retribuzione percepita dai lavoratori; in alcuni casi però, per esempio per i coltivatori diretti, si prende in considerazione la retribuzioni convenzionale.

Per i lavoratori dipendenti, i contributi vengono calcolati in percentuale sulla retribuzione:
– una parte è a carico dell’azienda
– una parte è a carico del lavoratore.

Per tutti gli altri i contributi sono sempre a carico del lavoratore.

La contribuzione è la fonte di finanziamento del sistema previdenziale e serve per sostenere l’ente previdenziale in tutte le sue fasi. Per i lavoratori dipendenti, per esempio, i contributi riguardano:
– Ivs, invalidità, vecchiaia e superstiti: contributi validi per la pensione;
– Ds, disoccupazione;
– Cuaf, cassa unica assegni familiari;
– Cigs, cassa integrazione guadagni straordinaria;
– mobilità;
– malattia e maternità.

Per tutti i lavoratori, inoltre, le casse di previdenza stabiliscono massimali e minimali di contribuzione. Per esempio, per i commercianti e gli artigiani tali limiti per il 2013 sono i seguenti:
– minimale: 15.358 euro. Se il reddito è inferiore a tale limite, i contributi da versare devono essere comunque calcolati sul minimale.
– massimale: 75.883 euro. Oltre questa soglia il contributo non è dovuto.

Il massimale è differente per gli iscritti dopo il 1° gennaio 1996, che hanno un calcolo interamente contributivo, e sale (sempre per il 2013) a 99.034 euro. Questa differenziazione è fondamentale soprattutto per i dipendenti in quanto per i “pre 1996” non c’è tetto contributivo mentre c’è per gli iscritti post 1996. Tale differenza può avere effetti sull’importo pensionistico rilevanti per alcuni casi con redditi elevati come i dirigenti.

I contributi volontari
I lavoratori che interrompono l’attività possono chiedere all’Inps l’autorizzazione a proseguire volontariamente la contribuzione per raggiungere il diritto alla pensione o per aumentarne l’importo.

Possono versare contributi volontari i lavoratori che:
– hanno cinque anni di contributi effettivi, indipendentemente dall’epoca oppure
– hanno tre anni di contributi nei cinque anni precedenti la domanda di autorizzazione.

Non possono essere versati i contributi volontari se il soggetto:
– è iscritto all’Inps o ad altre forme di previdenza obbligatoria o
– è titolare di pensione diretta (vecchiaia, anzianità, invalidità).

In ogni caso, possono versare i contributi volontari:
– i titolari dell’assegno di invalidità e
– gli iscritti ai regimi assicurativi esteri.

I contributi figurativi

Si tratta dell’accreditamento, a contribuzione effettiva, di periodi durante i quali non c’è stata attività di lavoro e di conseguenza non c’è stato il versamento dei contributi obbligatori.

I contributi figurativi concorrono sia al raggiungimento dei requisiti per il diritto alla pensione sia all’aumento dell’importo della prestazione pensionistica.

I periodi, per cui è riconosciuta la contribuzione figurativa sono:
– disoccupazione
– servizio militare
– persecuzione politica o razziale
– malattia e infortunio
– tubercolosi
– gravidanza e puerperio
– aspettativa per cariche pubbliche o sindacali
– cassa integrazione guadagni
– calamità naturali
– mobilità
– donazione gratuita di sangue.

Dal 1° gennaio 1993, solo per i lavoratori che al 31 dicembre 1992 non avevano contributi, possono essere presi in considerazione per il diritto alla pensione di anzianità, al massimo cinque anni di contribuzione figurativa.


Con la collaborazione di Irsa.