La crisi del sistema

redazione -

Così l’invecchiamento della popolazione, l’aumento della speranza di vita e il calo della natalità contribuiscono a rendere insostenibile il meccanismo “a ripartizione”

Il sistema previdenziale obbligatorio del nostro paese, come nella maggior parte del mondo, è basato sul sistema “a ripartizione”: i contributi versati dai lavoratori attivi vengono direttamente utilizzati per erogare le prestazioni ai soggetti in pensione.

Un sistema di gestione di questo tipo riesce a trovare il suo equilibrio quando i contributi versati dai lavoratori attivi (entrate) sono superiori alle prestazioni erogate (uscite). E per molti anni il sistema è stato in equilibrio perché il numero dei lavoratori attivi è stato superiore a quello dei pensionati.

Oggi la tenuta del sistema è pregiudicata da fattori quali:
– l’invecchiamento della popolazione
– l’aumento della speranza di vita
– la diminuzione del tasso di natalità.

Le proiezioni demografiche fanno prevedere un incremento della popolazione totale europea fino al 2020 e una successiva diminuzione.
L’Italia è il paese che registra tassi fra i più elevati sia di denatalità sia di allungamento della speranza di vita.

Aumento della longevità e riduzione delle nascite hanno come conseguenza una profonda modifica della struttura della popolazione per classi di età, che determina un forte peggioramento dei “tassi di dipendenza”, ovvero del rapporto fra anziani e lavoratori attivi.

Il numero degli anziani è in forte incremento: in Italia si prevede un aumento del 60% nei prossimi 50 anni.

Esiste, inoltre, un indice, denominato tasso di dipendenza degli anziani, che registra il rapporto tra gli anziani (persone con più di 65 anni) e le popolazioni in età attiva (persone con età compresa tra 15 e 64 anni): in Italia l’indice ha superato, al 1° gennaio 2009, il 51% (fonte Istat). Ciò significa che la popolazione in età attiva, oltre a dover far fronte alle proprie esigenze, ha teoricamente “a carico” una quota importante di popolazione inattiva. Nel contesto europeo l’Italia è uno degli otto paesi dove l’indice di dipendenza supera la soglia del 50%.

Le tendenze demografiche mostrano come tale rapporto è destinato inevitabilmente a crescere: secondo alcune stime, nel 2025 ci sarà un anziano ogni 2,5 attivi, nel 2035 più di un anziano per due attivi, nel 2050 due anziani per tre attivi.

La durata media della vita è aumentata negli ultimi 40 anni, e si prevede che continuerà ad aumentare, sia pure con ritmi meno intensi. L’Italia ha avuto l’incremento maggiore e ha raggiunto i livelli più elevati di longevità.

La speranza di vita è passata infatti da circa 74 anni per gli uomini e 80 per le donne nei primi anni ’90 a 78,4 e 84 anni, rispettivamente per gli uomini e per le donne. Dalla Relazione sullo stato sanitario del Paese (2007-2008) del ministero del Lavoro, risulta che i tassi di mortalità specifici per età, a seguito del progressivo invecchiamento della popolazione italiana, registrano una diminuzione in tutte le classi.

A questi fattori demografici se ne sommano altri, di carattere assistenziale, che incidono fortemente sulla spesa: le pensioni di anzianità e le pensioni di reversibilità.


Con la collaborazione di Irsa.