Cina: cosa c’è dietro la volatilità

di Fidelity Worldwide Investments -

I ribassi delle Borse di Shanghai e Shenzhen non dipendono da un mutato quadro economico. E non devono spaventare gli investitori

La volatilità delle borse cinesi, a partire dall’inizio del nuovo anno, sta spaventando i mercati internazionali. Il panico però è in larga misura ingiustificato, come ci spiega Matthew Sutherland, Head of Product Management – Asia di Fidelity International.

Cosa sta accadendo sui mercati cinesi?
Di solito ci si riferisce ai mercati azionari “on shore” di Shanghai e Shenzhen come ai “mercati delle azioni di tipo A”, poiché la principale tipologia di azioni trattate su quei listini non sono disponibili per gli investitori stranieri, se non attraverso speciali forme di accesso come lo status di Qfii (investitore straniero istituzionale qualificato). Le due borse non sono comprese negli indici di Msci o di Ftse normalmente utilizzati come benchmark per i fondi di investimento esteri, e quindi qualunque acquisto fatto dai nostri gestori in azioni di tipo A è per definizione “fuori benchmark”. Nessuno dei nostri fondi aperti ha più del 10% del portafoglio investito in azioni “A”.

I movimenti delle borse cinesi che hanno spaventato i mercati globali sono riferibili appunto alle borse di Shanghai e Shenzhen, e il mondo non dovrebbe averne così paura. Quelli delle azioni di tipo A sono prevalentemente mercati domestici, guidati più dalle reazioni degli investitori retail che da fondamentali macro economici. Su questi mercati a partire dall’ultimo trimestre del 2014, si è creata una bolla, alimentata da molti fattori, fra cui l’aspettativa di investimenti esteri in seguito al programma di connessione tra le borse di Hong Kong e Shanghai.

Questa bolla non si è ancora sgonfiata del tutto. Il mercato è cresciuto del 119% tra l’ottobre del 2014 e il giugno del 2015, poi è crollato del 43% tra giugno e agosto 2015, quando le autorità di controllo hanno messo in atto misure per limitare le vendite allo scoperto. Ma non è ancora tornato ai livelli di partenza, per effetto delle misure introdotte dal Governo per arginare la caduta, come l’intervento sul mercato di enti controllati dallo Stato. E infatti c’è stato un rimbalzo considerevole nell’indice Csi 300 (il principale indice delle azioni “onshore” di classe A) tra agosto e dicembre, pari al 28%.

Il successivo “sell off” è stato innescato dalla possibilità che una di queste misure fosse cancellata, oltre che da diverse prese di beneficio dopo il rimbalzo.

La volatilità è aggravata dal fatto che all’inizio del 2016 sono stati messi in atto dei meccanismi che bloccano automaticamente le vendite per 15 minuti quando il Csi 300 perde o guadagna più del 5%, e per un giorno intero se si verifica un’ulteriore variazione del 2% dopo il riavvio (cioè se nella giornata si verifica un calo o un rialzo del 7%).

Paradossalmente questi freni hanno avuto un effetto opposto a quello sperato. Un giorno il mercato è stato aperto per soli 15 minuti. In un mercato che crolla, la gente si affretta a vendere perché teme che la Borsa chiuda bloccando gli scambi. Non sorprende dunque che questi mal congegnati meccanismi siano stati rimossi.

La volatilità delle Borse delle ultime settimane riflette la debolezza della Cina?
Assolutamente no. Questo mercato è trainato da piccoli investitori ed è alimentato da opinioni. Nessuna delle forti variazioni che abbiamo visto aveva un legame con l’economia. Gli investitori delle azioni di tipo A non agiscono in base a specifiche notizie relative a una nuova debolezza dell’economia cinese.

Nessuno pensa che la crescita che ha portato le azioni di tipo A a raddoppiare il loro valore fosse legata a qualcosa di fantastico, e allo stesso modo nessuno dovrebbe pensare che l’attuale debolezza di questo mercato sia legata a dei fondamentali.

Qual è allora la sua opinione sull’economia cinese?

La Cina sta rallentando, ma non sta crollando. Di solito ci rallegriamo di un tasso di crescita rallentato, perché la qualità della crescita è più importante della quantità. L’economia sta “facendo quello che può”, e alcuni settori sono più deboli (il manifatturiero) e altri più forti (servizi, vendite al dettaglio), come succede nel resto del mondo che sta vivendo una recessione nella manifattura.

Gli Stati uniti registrano dati negativi, per quanto riguarda la produzione industriale e il calo dei prezzi alla produzione, e si salvano solo grazie ai consumi. La Cina fa lo stesso, però negli Usa ci si concentra sulle buone notizie e si ignorano le cattive, mentre in Cina succede il contrario.

La transizione a un modello guidato dai consumi progredisce, grazie al programma di riforme avviato, ma non sarà un processo facile o tranquillo. Ci saranno cadute, lungo il percorso, e potranno essere necessari altri stimoli. Quello fiscale è già ben avviato, ma c’è ancora spazio per tagli dei tassi di interesse e del RRR.

Cosa stanno facendo i gestori di portafogli?
Stanno calmi e accumulano, selettivamente, azioni, approfittando dell’attuale debolezza. Le situazioni di “panic selling” come quella attuale sono grandi opportunità per gli investitori di lungo termine per accumulare titoli azionari. Abbiamo imparato da tempo a comprare quando gli altri vendono e a vendere quando gli altri comprano, per realizzare buoni rendimenti.

Fondamentalmente non è cambiato niente nel mondo nelle ultime settimane, a parte il fatto che il mercato ora vende azioni a un prezzo molto più conveniente.

Noi raccomandiamo un’attenta analisi di tipo “bottom up”, come quella realizzata dal nostro team di 50 analisti in Asia, per identificare le società migliori, con un forte management, che possono essere comprate a valutazioni convenienti. Ci sono 17 mila società in Asia, più di quelle degli Usa e dell’Europa insieme: molte di queste sono le stelle del futuro e andranno bene indipendentemente dal mercato o dall’ambiente macro economico. Lo “stock picking” è la chiave. In Cina, in particolare, pensiamo che il mercato delle azioni di tipo A possa vivere ulteriori fasi di debolezza, ma le azioni di tipo H e quelle quotate a Hong Kong mostrano valutazioni davvero interessanti.