Il petrolio torna sopra i 32 dollari

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A spingere i prezzi l’ondata di freddo negli Usa e le attese per nuovi stimoli da parte delle banche centrali. Ma Moodys’ mette le big sotto osservazione

Dopo il rally di venerdì scorso che ha portato il prezzo del greggio a guadagnare oltre l’8% sui mercati Usa, oggi le contrattazioni in Asia hanno confermato il recupero: il Wti viene scambiato a 32,19 dollari al barile, il Brent a 32,18 dollari.

A spingere le quotazioni verso l’alto sono, secondo gli addetti ai lavori, due fattori principali. Da un lato ci si attende che la Banca centrale europea, ma anche quella giapponese, mettano in campo misure a sostegno delle rispettive economie. Misure che, per quanto riguarda l’Eurozona, passano innanzitutto per un rafforzamento del quantitative easing in corso.

L’altro fattore è l’ondata di freddo che ha colpito gli Stati uniti e il Nord America e che, secondo il meteo, dovrebbe arrivare anche su diverse regioni dell’Europa.

Difficilissimo dire se il trend è destinato a proseguire, anche perché i più ottimisti collocano la ripresa dei prezzi del greggio, quella solida e duratura, nella seconda metà dell’anno. Per ora il mercato resta molto volatile. 

Intanto l’agenzia di rating Moody’s ha messo sotto osservazione, in vista di un possibile downgrade, ben 120 compagnie petrolifere e 55 società minerarie di tutto il mondo: tra i nomi, anche alcune big, come Shell, Bp, Total, Eni, Gazprom, Rosneft, ma anche la numero uno dell’alluminio Usa Alcoa.

Secondo Moody’s c’è il “forte rischio che i prezzi nel medio termine recuperino molto più lentamente di quanto le compagnie si aspettino”. L’agenzia prevede che nel 2016 il prezzo del petrolio si attesti a 33 dollari al barile, sia per il Brent che per il Wti, per risalire a 38 dollari soltanto l’anno successivo.