Bce: i mercati emergenti frenano la ripresa

di redazione -

Sull’economia  pesano anche la volatilità della finanza e la lentezza delle riforme. Nel 2016 Pil su dell’1,4% nell’Eurozona

La ripresa economica dovrebbe procedere “a un ritmo moderato”, ma sarà frenata da alcuni fattori a cominciare dal rallentamento dei paesi emergenti, dalla volatilità dei mercati finanziari, dagli aggiustamenti di bilancio e dalla lentezza con cui vengono attuate le riforme strutturali.

Lo afferma la Banca centrale europea nel suo ultimo bollettino mensile.

Nel 2016 il Pil nell’Eurozona dovrebbe crescere in termini reali dell’1,4%, cui seguirà un più 1,7% nel 2017 e un più 1,8% l’anno successivo. Si tratta di stime riviste lievemente al ribasso per motivi legati principalmente alla più debole espansione prevista per l’economia mondiale.

Anche per il tasso di inflazione le stime sono riviste al ribasso a causa, in questo caso, del calo del prezzo del petrolio. I prezzi dovrebbero aumentare dello 0,1% nel 2016, dell’1,3% nel 2017 e dell’1,6% nel 2018.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il tasso di disoccupazione nell’area dell’euro ha continuato a ridursi, scendendo a gennaio 2016 al 10,3%, il livello minimo dalla metà del 2011. L’occupazione è costantemente aumentata dal 2013, arrivando a 2 milioni di unità nell’eurozona, nel terzo trimestre del 2015. Tuttavia, aggiunge la Bce, “si è osservata una divergenza tra il numero di occupati e le ore lavorate totali”, a causa di un incremento degli occupati part-time, soprattutto nei servizi.

La domanda interna, nell’Eurozona, “dovrebbe essere ulteriormente sorretta dalle misure di politica monetaria della Bce e dal loro impatto favorevole sulle condizioni finanziarie, nonché dal costante incremento dell’occupazione derivante dalle riforme strutturali attuate in precedenza. Inoltre, i bassi prezzi del petrolio dovrebbero fornire un sostegno ulteriore al reddito disponibile reale delle famiglie e ai consumi privati, oltre che alla redditività delle imprese e agli investimenti. In aggiunta, l’orientamento fiscale nell’area dell’euro è lievemente espansivo e questo riflette in parte le misure a sostegno dei profughi”.

“I paesi con alti livelli di indebitamento sono particolarmente vulnerabili a un rialzo dell’instabilità nei mercati finanziari”, aggiunge il documento, “per il nesso ancora forte tra conti pubblici e settore finanziario” e per la limitata capacità di adattarsi “a possibili shock avversi”.

Nel Rapporto sulla sostenibilità delle finanze pubbliche 2015, ricorda la Bce, la Commissione europea ha rilevato che otto paesi dell’area dell’euro, tra cui l’Italia (gli altri sono Belgio, Irlanda, Spagna, Francia, Portogallo, Slovenia e Finlandia) sono esposti a rischi elevati per la sostenibilità del bilancio pubblico nel medio periodo, dovuti soprattutto agli alti livelli del debito e/o a cospicue passività implicite. È necessario che gli Stati assicurino posizioni di bilancio sostenibili e rispettino le regole dell’Ue in materia di finanza pubblica. I singoli paesi, inoltre, dovrebbero “utilizzare i risparmi straordinari derivanti dall’attuale contesto di tassi di interesse modesti per costituire riserve e migliorare la capacità di tenuta a shock futuri”.

L’Italia, in particolare, potrebbe sforare i conti “anche qualora si decidesse in primavera di accordare maggiore flessibilità al paese”. Secondo le stime della commissione Ue infatti, il nostro paese “non rispetterebbe la regola del debito né nel 2015 né nel 2016”.

L’Eurogruppo, ricorda il Bollettino, “ha rinnovato l’invito a varare le misure necessarie affinché il bilancio di previsione per il 2016 osservi le regole del Patto di stabilità”, e la Commissione in primavera valuterà se avviare una procedura per violazione del criterio del debito.