Presidenziali Usa, per chi vota Wall Street?

di Fidelity Worldwide Investments -

In attesa di conoscere chi saranno i candidati, la storia sembra dimostrare una correlazione tra l’andamento dei mercati e l’appartenenza politica dell’inquilino della Casa Bianca

Il prossimo 8 novembre 2016 sapremo chi sarà il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. In preparazione di quella fatidica data in tutti gli Stati americani si stanno svolgendo le primarie. L’esito è ancora tutto da scrivere e al momento non è chiaro chi sarà il candidato democratico e quello repubblicano alla Casa Bianca.

“In questo momento gli occhi sono puntati in primo luogo sulla riunione della Federal Reserve in programma per il 16 marzo”, commenta Nick Peters, gestore di FF Global Multi Asset Tactical Moderate Fund (FF GMAT Moderate Fund) e FF Global Multi Asset Tactical Defensive Fund (FF GMAT Defensive Fund) di Fidelity International. “Dopo un inizio d’anno caratterizzato da forte volatilità, c’è grande attesa riguardo alla possibile evoluzione del ciclo di inasprimento monetario della Federal Reserve. Personalmente non ritengo probabile un ulteriore aumento dei tassi già nella riunione di marzo, ma i mercati sembrano sottostimare l’effettiva probabilità di ulteriori rialzi negli Usa.

“La crescita resta positiva, ancorché modesta, mentre i salari probabilmente registreranno un’accelerazione nei prossimi mesi, in concomitanza con un aumento dell’inflazione. Potrebbero quindi esserci le condizioni perché la Fed vari nuovi rialzi dei tassi nel corso del 2016; una eventualità che è opportuno tenere in considerazione nell’asset allocation dei portafogli”, aggiunge il gestore.

I precedenti storici
Guardando alla storia delle elezioni passate, si possono comunque osservare dei trend interessanti. È opinione diffusa che i presidenti repubblicani sappiano creare un contesto economico più favorevole in virtù del loro approccio più liberale in campo economico e commerciale. Questo lascerebbe pensare a un
concomitante aumento delle quotazioni azionarie in Borsa. L’ipotesi, tuttavia sembra non reggere all’analisi storica, almeno per quanto riguarda i prezzi delle azioni.

Da un’analisi condotta sull’andamento delle quotazioni nelle borse azionarie Usa, secondo i dati dell’indice S&P 500, tra il 1928 e oggi i periodi storici che hanno visto un presidente repubblicano alla Casa Bianca hanno registrato una performance peggiore in termini di prezzi, e in ben quattro amministrazioni repubblicane le quotazioni hanno chiuso in perdita. Per contro, sotto la guida di presidenti democratici è stato registrato un solo quadriennio negativo.

I mercati azionari sono infatti cresciuti con una media annuale del 10% durante i governi democratici, contro l’1,8% appena sotto quelli repubblicani. Il trend risulta evidente anche nel periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale ai giorni nostri. Le quotazioni azionarie sono salite dell’11,4% sotto i presidenti democratici, mentre la percentuale si ferma al 4,8% per quelli repubblicani.

Presidenti USA e performance dei prezzi sulle borse azionarie

Presidenziali e Borsa Usa
*al 31/12/2015 Fonte: indice dei prezzi S&P 500
I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri

“Nonostante le borse azionarie statunitensi abbiano registrato performance decisamente migliori durante i mandati dei presidenti democratici”, aggiunge Angel Agudo, Gestore di FF America Fund, “i risultati ottenuti devono sempre essere contestualizzati in rapporto alle difficoltà economiche e politiche con cui i presidenti in carica hanno dovuto scontrarsi. Non esiste una correlazione stretta tra l’appartenenza politica del presidente e la performance delle quotazioni azionarie, soprattutto in una prospettiva di medio e lungo termine. Le decisioni di investimento non devono quindi essere influenzate dall’esito delle elezioni politiche, ma è anzi preferibile continuare a focalizzarsi sui singoli titoli con il miglior potenziale di apprezzamento. In questo modo ritengo sia possibile continuare a beneficiare delle numerose opportunità di crescita che il mercato azionario Usa può offrire”.