H&M: ancora insicure le fabbriche in Bangladesh

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Secondo la Clean Clothes Campaign, a tre anni dalla firma dell’accordo seguito alla strage del Rana Plaza, il gruppo non ha ancora mantenuto le promesse

A tre anni dalla firma dell’Accordo per la prevenzione degli incendi e la sicurezza degli edifici in Bangladesh, con il quale anche H&M si era impegnata a migliorare le condizioni di lavoro nella sua catena di fornitura, un’analisi sulle misure correttive messe in campo dall’azienda in alcune fabbriche, suoi fornitori strategici, mostra come ad oggi la maggior parte di queste siano ancora sprovviste di uscite di sicurezza adeguate: la denunica è della Campagna Abiti Puliti (sezione italiana della Clean Clothes Campaign), dell’International Labor Rights Forum e degli United Students Against Sweatshops.

L’accordo era stato siglato in seguito alla strage del Rana Plaza di Dacca, il crollo in cui persero la vita almeno 1.100 lavoratori.

E il mancato rispetto stride con le iniziative con cui H&M si propone come azienda “sostenibile” attraverso eventi come il lancio della “Conscious Exclusive Collection” o la “World Recycle Week”.

Gli attivisti chiedono ad H&M di realizzare tre interventi fondamentali: la rimozione di blocchi alle uscite di sicurezza, la rimozione delle porte e delle serrande scorrevoli e l’installazione di porte tagliafuoco e recinzioni alle scale.

Solo in quattro fabbriche su 1.600, aggiungono, sono state completate le azioni correttive previste dal programma di ispezioni indipendenti.

Tutte le informazioni sono pubblicate sul sito www.hmbrokenpromises.com, sul quale è possibile firmare una petizione perché H&M mantenga gli impegni presi.