Europei 2016, cartellino rosso per gli sponsor

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Un’inchiesta del collettivo Éthique sur l’étiquette accusa Nike, Adidas e Puma per i salari pagati ai lavoratori

In coincidenza con il calcio d’inizio degli Europei 2016, in Francia, il collettivo Éthique sur l’étiquette, membro della campagna internazionale Clean Clothes, mette sotto accusa i principali sponsor della manifestazione.

Nike, Adidas e Puma si spartiranno profitti colossali, moltiplicati dall’effetto sponsorizzazione. E infatti si sono disputati a peso d’oro la possibilità di fornire con le loro maglie e le loro scarpe le principali squadre in gioco. Ma ai lavoratori che producono quelle maglie e quelle scarpe continuano a pagare salari insufficienti anche a garantire la possibilità di vivere degnamente.

La maglia di una squadra come la Germania può costare 85 euro, ma a chi l’ha prodotta arrivano soltanto 60 centesimi, afferma il rapporto “Anti-jeu. Les sponsors laissent les travailleurs sur la touche”.

E la ricerca di prezzi di fabbricazione sempre più bassi è continua, aggiunge Ethique sur l’étiquette: ora che in Cina i salari iniziano gradualmente ad aumentare, i grandi marchi spostano la produzione in altri paesi alla ricerca del lavoro a più basso costo.

A crescere in maniera esponenziale sono invece i costi di marketing e pubblicità. I contratti annuali di sponsorizzazione delle dieci principali squadre europee di calcio, aggiunge il rapporto, è salito a 406 milioni di euro nel 2015, contro i 262 del 2013.

Da solo, il contratto di sponsorizzazione di Nike con Cristiano Ronaldo, un assegno di 25 milioni di euro nel 2014, permetterebbe di pagare per un anno un salario vitale a 28 mila operai vietnamiti, secondo i calcoli del collettivo.