Se la Bce rinvia l’inevitabile

di Fidelity Worldwide Investments -

Nessuna modifica al Qe e nessun taglio dei tassi. Ma il nodo della scarsità di Bund acquistabili è destinato a venire al pettine

Nessun ulteriore taglio dei tassi di interesse (con quello sui depositi già in territorio negativo). E nessuna modifica del programma di quantitative easing che, in assenza di novità, andrà a scadere nel marzo 2017. Il meeting di giovedì scorso della Banca centrale europea ha leggermente deluso i mercati, e l’unica “novità” è stata una leggera revisione delle previsioni su inflazione e crescita dell’Eurozona.

A poche ore dalla conferenza stampa del presidente della Bce Mario Draghi, ecco cosa ne pensano David Simner, Portfolio Manager e Dierk Brandenburg, Senior Sovereign Analyst di Fidelity International.

“La decisione presa giovedì dalla Bce e la successiva conferenza stampa non hanno portato eventi di rilievo”, afferma Simner. “Le previsioni sul Pil e l’inflazione sono state leggermente ridotte e la politica è rimasta invariata. Draghi ha spiegato che sono state discusse alcune opzioni per assicurare il buon funzionamento del programma di Qe, ma non ha fornito molti dettagli sulla natura o sulla portata di tali opzioni”.

“Il mercato è rimasto forse leggermente deluso, poiché alcuni speravano in una maggiore chiarezza a proposito delle modalità in cui la Bce intende combattere la crescente penuria di Bund tedeschi”, aggiunge Simner. “Tuttavia Draghi ha riaffermato la sua determinazione e quella del Comitato a raggiungere l’obiettivo di inflazione al 2% e la volontà di usare tutti gli strumenti e di estendere il Qe, se necessario. In definitiva, si è trattato di un meeting tranquillo, e con un modesto impatto sul mercato”.

“Al meeting di giovedì, la Bce ha deciso di rinviare l’inevitabile e tutti gli elementi del programma di stimolo sono rimasti invariati”, commenta Brandenburg. “Fondamentale è il fatto che Draghi è rimasto volutamente sul vago a proposito di qualunque revisione del programma di acquisti di titoli pubblici Pspp (public sector purchase programme), che esclude l’acquisto di obbligazioni i cui rendimenti siano inferiori al tasso di riferimento (che attualmente ammontano a 1.200 miliardi di euro)”.

“Una modifica dei parametri del piano di acquisti, che autorizzasse le banche centrali dei Paesi membri a favorire le emissioni più presenti sul mercato (come quelle dei mercati periferici), a discapito di quelle meno abbondanti (come i Bund tedeschi) avrebbe importanti implicazioni anche sul piano politico e pertanto non prevediamo ciò accadrà nel brevissimo termine”, aggiunge l’analista di Fidelity.

“Con l’inflazione che, fin dove è possibile prevedere, continuerà a mantenersi al di sotto degli obiettivi della Bce, anche la politica accomodante della Bce è destinata a continuare, e Francoforte sta evitando il problema della scarsità di titoli “risk free”, che presto inizierà a mordere”.

“Un ulteriore taglio, in territorio negativo, dei tassi di deposito (attualmente pari a meno 0,40%) intanto, è rimasto sul tavolo, e ci auguriamo che questo possa essere evitato, considerando l’impatto negativo che avrebbe sul settore finanziario. Gli effetti sarebbero infatti simili ad un taglio dei tassi di interesse e quindi favorirebbero un inasprimento della curva dei tassi. Ciò ridurrebbe ulteriormente i rendimenti delle obbligazioni sovrane più solide e con scadenze più lunghe, che già offrono rendimenti negativi, e non sarebbe positivo per le banche europee, i cui margini sono già sotto pressione”, conclude Brandenburg.