I big alla prova degli accordi di Parigi

di Rosaria Barrile -

La prima edizione del Global Climate Tracking Series di Cdp dimostra come riduzione dell’impatto ambientale e crescita dei fatturati possano andare a braccetto

A che punto sono le imprese nel passaggio verso un’economia a basso impatto ambientale? Qual è il gap che le separa dal raggiungere gli obiettivi dati dagli accordi di Parigi sul cambiamento climatico?

A queste domande tenta di fornire una risposta la prima edizione del Global Climate Tracking Series di Cdp. Il report, dal titolo Out of the starting blocks: Tracking progress on corporate climate action, prodotto in collaborazione con We Mean Business, una coalizione impegnata a sostenere le imprese nella transizione verso un economia low – carbon, illustra gli sforzi di oltre mille imprese nel ridurre l’impatto ambientale generato dalle loro attività.

I dati, ottenuti da Cdp su richiesta di 827 investitori istituzionali con un patrimonio di 100 mila miliardi di dollari, si riferiscono, per la precisione, a 1.089 imprese: su un campione totale di 1.839 imprese interpellate quasi 600 infatti non hanno fornito alcuna risposta.

Le imprese che hanno invece raccolto l’invito di Cdp a divulgare il loro approccio al cambiamento climatico sono così distribuite: il 24% ha la sede principale in Europa (436 imprese), il 4% (pari a 74 imprese) in Centro e Sud America, il 32% nel Nord America (Usa e Canada) per un totale di 589 imprese, il 35% (642) in Asia e il 3% in Australia e Nuova Zelanda (57 imprese).

Cdp intende mostrare attraverso i successivi report annuali come le aziende in questione, che complessivamente producono il 12% del totale delle emissioni globali di gas serra, si stiano adeguando progressivamente ai nuovi obiettivi climatici fissati dagli accordi di Parigi. L’85% ha dichiarato di aver già fissato degli obiettivi per ridurre le proprie emissioni.

Tali obiettivi tuttavia sono stati fissati con una prospettiva di medio periodo: in pratica il 55% ha fissato degli obiettivi da conseguire entro il 2020 e solo il 14% si è dato degli obiettivi di più ampio respiro, da qui al 2030.

Il rapporto di quest’anno mostra come la riduzione dell’impatto ambientale sia compatibile con gli obiettivi di crescita economica. Nel corso degli ultimi cinque anni, precisa il report “62 imprese sono riuscite a ridurre le loro emissioni del 10% o più, aumentando di pari passo il fatturato.

Complessivamente, il fatturato di queste aziende è cresciuto del 29% e le emissioni sono state ridotte del 26%, mentre il resto delle aziende del campione ha visto un calo del 6% del fatturato, e un corrispondente aumento del 6% delle emissioni”.

Nota dolente del report è che a essersi rifiutati di rispondere alle richieste di informazioni da parte della Cdp vi siano alcune tra le più grandi aziende al mondo per capitalizzazione. Le tre più grandi che hanno detto no sono Berkshire Hathaway, Facebook e Amazon. Ma tra i grandi assenti vi sono anche altri nomi noti anche presso gran parte dell’opinione pubblica come Alibaba, Dior, Lvmh e il colosso farmaceutico Mylan.

Insieme al report, Cdp ha divulgato il suo Climate A List 2016 che comprende quelle aziende che hanno ottenuto una valutazione A per l’anno 2015. In questa edizione sono 193 le società entrate nella lista, comprese 54 aziende europee e otto italiane.