Otto super ricchi possiedono quanto 3,6 miliardi di poveri

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L’annuale rapporto di Oxfam fotografa una crescita della diseguaglianza. Anche in Italia

Nel 2013 il World economic forum ha identificato nella crescente disuguaglianza economica la maggiore minaccia alla stabilità sociale: in questi quattro anni però le cose non sono migliorate. Anzi. Come denuncia il nuovo rapporto della Ong Oxfam “Un’economia per il 99%”, il divario tra i ricchi e il resto dell’umanità si è ulteriormente allargato.

Il report, diffuso in vista del Forum economico mondiale che inizia oggi a Davos, identifica anche i responsabili: multinazionali e super ricchi, che continuano “ad alimentare la disuguaglianza, facendo ricorso a pratiche di elusione fiscale, massimizzando i profitti e usando il loro potere per influenzare la politica”.

Secondo le nuove stime sulla distribuzione della ricchezza globale, la metà più povera del pianeta è ancora più povera di quanto calcolato in passato. Gli otto individui più ricchi del mondo (secondo la classifica di Forbes) possiedono la stessa ricchezza dei 3,6 miliardi di persone che rappresentano la metà della popolazione mondiale, la più povera. E anche nel 2016 l’1% dei più ricchi ha continuato ad accumulare, fino ad avere in tasca tanta ricchezza quanto il restante 99%.

Il ritmo al quale i super ricchi accrescono i loro patrimoni si sta intensificando al punto che, prevede Oxfam, potremmo veder nascere il primo trillionaire (ovvero un individuo che possiederà più di 1.000 miliardi di dollari) nei prossimi 25 anni. Una ricchezza, oltretutto, perfettamente inutile, visto che per consumarla occorrerebbe spendere un milione di dollari al giorno per 2.738 anni.

E a differenza dei normali cittadini, i super ricchi possono mettere in campo diversi strumenti per difendere le loro ricchezze: una fitta rete di paradisi fiscali per evitare di pagare la loro giusta quota di tasse, e un esercito ben pagato di società di gestione del patrimonio per trarre il massimo profitto dagli investimenti fatti. Infine, denaro e relazioni vengono usati per influenzare le decisioni politiche a loro favore, e “ovunque nel mondo i governi continuano a tagliare le tasse su corporation e individui abbienti”.

Oxfam smentisce poi la leggenda dei “self made men”, dei miliardari che si sono fatti tutti da sé: un terzo della ricchezza dei miliardari è dovuta a eredità, e il 43% a relazioni clientelari.

Per le donne, poi, a diseguaglianza si somma diseguaglianza. Le donne, sottolinea infatti il rapporto, “sono particolarmente svantaggiate perché trovano prevalentemente lavoro in settori con salari più bassi e hanno sulle spalle la gran parte del lavoro domestico e di cura non retribuito. Di questo passo ci vorranno 170 anni perché una donna raggiunga gli stessi livelli retributivi di un uomo”.

L’Italia non fa eccezione. I primi sette miliardari italiani possiedono il 25% della ricchezza nazionale netta, e 30 volte la ricchezza del 30% più povero dei nostri connazionali. Ma la crescita della diseguaglianza riguarda anche il reddito: tra il 1988 e il 2011, il 10% più ricco della popolazione ha accumulato un incremento di reddito superiore a quello della metà più povera degli italiani, aggiunge l’Ong.

Oxfam non si ferma però all’enunciazione dei dati e alla denuncia. Ma lancia un “manifesto”, aperto al sostegno di tutti i cittadini,  per chiedere ai governi e ai leader politici di agire contro la disuguaglianza. Puntando a “un modello di economia umana: una visione economica alternativa fondata su principi e su politiche possibili che salvaguardano il bene comune dell’intera società, un nuovo approccio, capace di generare benefici per tutti e non solo per pochissimi fortunati”.

Un nuovo modello, basato su un sistema di tassazione più progressivo, politiche occupazionali che garantiscano ai lavoratori un salario dignitoso e diminuiscano i divari retributivi, su servizi pubblici di qualità in ambito educativo e sanitario, e su uno sviluppo economico che rispetti i limiti naturali del nostro pianeta. Con un reale ascolto dei bisogni dei cittadini e non degli interessi di alcune élites privilegiate.