Manovra bis : fondi pensione fuori da bail- in

Walter Quattrocchi -

Assofondipensioni e Assoprevidenza auspicano l’esclusione da bail-in anche per Casse e fondazioni bancarie.

I depositi bancari dei fondi di previdenza complementare sono esclusi dalle regole del bail-in, il meccanismo di salvataggio interno innescato in caso di crisi bancarie che colpisce obbligazionisti, azionisti e correntisti con più di 100 mila euro depositati.
Lo stabilisce la manovra bis approvata in Senato che contiene anche alcune novità previdenziali soprattutto riguardanti le pensioni dei giornalisti.

Fondi pensione fuori dal bail-in
Assofondipensioni e Assoprevidenza esprimono soddisfazione per l’esclusione dei fondi pensione dal bail- in, sebbene con un po’ di rammarico perché non sono state ricomprese nella norma le Casse professionali.

Il provvedimento, contenuto nella manovra bis, prevede che sulle somme di denaro e sugli strumenti finanziari della previdenza complementare, depositate a qualunque titolo presso un depositario, non sono ammesse azioni dei creditori del depositario o del sub-depositario.
In sostanza si estende alla liquidità dei soli fondi pensione quanto già previsto per la liquidità dei fondi comuni di investimento, la quale, se affidata a un depositario sottoposto a risoluzione, non può essere assogettata a bail-in.

La misura interessa in particolare le diverse forme di previdenza complementare come i fondi pensione negoziali, i fondi pensione aperti, i Pip e le forme pensionistiche individuali realizzate attraverso contratti di assicurazione sulla vita.

A rischio bail-in non erano i fondi pensione acquistati dai clienti di una banca in crisi. Tutti gli strumenti finanziari detenuti dalla clientela presso una banca, dai Btp ai fondi comuni, dal fondo pensione al certificate, sono infatti esclusi dalle procedure di salvataggio interno, perché sono solo custoditi dalla banca.
Le somme che si versano sul conto corrente o su un conto di deposito, invece, sono acquisite dalla banca che le utilizza come credito per concedere mutui e finanziamenti, e, in quanto tale, soggetti agli effetti di un eventuale bail-in, quantomeno per la parte non coperta dal sistema di garanzia dei depositi (100 mila euro).

Così i fondi pensione raccolgono denaro dei sottoscrittori e lo investono, direttamente o attraverso gestori esterni, nei mercati finanziari; i titoli in cui investono e la liquidità che mantengono per far fronte a richieste di rimborso oppure in attesa di opportunità di investimento devono essere obbligatoriamente depositati presso una banca che viene indicata come depositario.

Pertanto i titoli non possono essere coinvolti in un’eventuale azione di risoluzione della banca depositaria, mentre può esserlo la liquidità. Ma, per effetto di un buco normativo, non era così per tutti gli strumenti: si salvava ad es. la liquidità dei fondi comuni di investimento e quella dei fondi alternativi, ovvero fondi immobiliari, fondi di private equity, di venture capital e fondi speculativi, gli hedge fund.

I fondi comuni funzionano come una sorta di cassa comune e il denaro raccolto da una molteplicità di risparmiatori costituisce un patrimonio autonomo, cioè distinto, a tutti gli effetti, dal patrimonio della Sgr, la società di gestione del risparmio che lo amministra, o dal patrimonio del singolo partecipante.
L’articolo 36 del Tuf – il Testo unico della finanza – stabilisce che il patrimonio di un fondo comune, in quanto autonomo, non può essere aggredito da creditori della Sgr o della banca presso la quale è depositato.

Il decreto legislativo che ha recepito nel nostro ordinamento la normativa europea sul bail-in prevede all’articolo 49, che tra le passività escluse dalle procedure di salvataggio interno sono comprese le “disponibilità detenute da o per conto di organismi d’investimento collettivo o fondi di investimento alternativi”.

I fondi pensione, la cui liquidità serve a far fronte a riscatti, ma anche a richieste di anticipazioni e al pagamento delle pensioni, non sono menzionati né nel Tuf, né nella normativa relativa alla risoluzione delle banche. Anche la liquidità delle gestioni patrimoniali è trattata in modo diverso, questa volta in funzione di chi presta il servizio di gestione di portafoglio. Un altro articolo del Tuf, il numero 22, stabilisce che il denaro che la banca riceve in qualità di depositaria per conto di Sim e Sgr costituisce un patrimonio distinto a tutti gli effetti da quello della banca e, in quanto tale, non sono ammesse azioni dei creditori dell’intermediario (le Sim o le Sgr), né quelle dei creditori del depositario; per esclusione si desume che se il servizio di gestione è svolto direttamente dalla banca, la liquidità della gestione patrimoniale è da considerare alla stregua di ogni altro deposito e quindi soggetta alle regole del bail-in. C’era dunque un vuoto normativo che andava colmata quanto prima.

L’incongruenza normativa era assai più grave per le diverse forme di previdenza complementare. Era paradossale che venisse tutelata la liquidità dei fondi alternativi destinati alla clientela bancaria più facoltosa e non le disponibilità liquide degli strumenti che raccolgono il risparmio dei lavoratori destinato alla costituzione di una pensione integrativa.

Pensioni giornalisti
Riguardo alle pensioni dei giornalisti in sostanza viene completata la riforma della previdenza Inpgi avviata nel 2015 .
Il provvedimento prevede un aumento dei requisiti e nuovi criteri per l’accesso alla pensione anticipata dei giornalisti. Ridefinisce inoltre gli stati di crisi delle aziende editoriali e prevede la cassa integrazione per giornalisti, pubblicisti e praticanti, indipendentemente dal numero degli occupati nell’azienda.
In tema di esodi, aumentano i requisiti per i prepensionamenti.

E’ ammesso alla pensione di vecchiaia anticipata chi possiede almeno 25 anni di contributi (invece dei 18 finora previsti) interamente accreditati presso l’Inpgi e, per gli anni 2017 e 2018, un’età per le donne di almeno 58 anni e per gli uomini di 60 anni. Si aggiunge poi l’adeguamento alla speranza di vita come nel sistema generale.

L’anticipo di questo pensionamento non può avvenire per più di cinque anni prima della maturazione dei requisiti per la vecchiaia ordinaria. Gli esodati, infine, non possono avere rapporti di collaborazione giornalistica.

Transfontalieri
Nella manovra viene prevista una ritenuta del 5% per i transfontalieri sulle somme corrisposte in Italia dalla previdenza svizzera, misura che consente a coniugi e familiari dei lavoratori frontalieri di essere esonerati dagli obblighi dichiarativi.

Lavori usuranti e precoci
Nella manovra è stato chiarito che i sei anni continuativi nei casi di lavori gravosi, richiesti per accedere all’Ape social, potranno essere spalmati nell’arco di sette anni, mentre i lavoratori precoci potranno accedere alla pensione anticipata con 41 anni di contributi sebbene abbiano avuto un periodo di interruzione, che potrà essere recuperato entro il settimo anno antecedente al pensionamento.