Ambiente, l’indifferenza sarà sempre più costosa

Ophélie Mortier -

{gspeech style=1 language=it autoplay=0 hidespeaker=0}

La sostenibilità ambientale ricopre un ruolo chiave nel più ampio concetto di sviluppo sostenibile di un paese e appare ormai chiaro che, in tema di cambiamento climatico, l’inerzia risulta più costosa di qualsiasi attività intrapresa.

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD) afferma che il G20 ha messo in luce una concreta possibilità di doversi confrontare con una perdita del PIL pari al 2% nei prossimi dieci anni, qualora non venissero implementate delle misure pubbliche che regolino il processo di transizione energetica prima del 2025.I paesi esportatori netti di combustibili fossili dovranno infatti far fronte a costi sempre più alti.

Il cambiamento climatico è alla base della sostenibilità ambientale ed economica di un paese

É quasi un dato di fatto. L’obiettivo di contenere l’aumento di temperatura al di sotto del limite di 2°C, fissato dall’Accordo di Parigi, non sarà rispettato, sicuramente non alla luce delle politiche attuali.

Anche tenendo conto dei tagli alle emissioni apportati dai vari paesi, probabilmente si arriverà a registrare un aumento di 3°C. Per gli Stati Uniti, ciò dovrebbe tradursi in una perdita del PIL pari all’1,2% per ogni aumento della temperatura di 1°C.

Si è parlato molto del ruolo che il settore finanziario potrebbe ricoprire nel sovvenzionare l’utilizzo di energia a bassa impronta di carbonio, ruolo che risulterebbe strettamente connesso alle politiche ambientali che i vari paesi decideranno di perseguire. Potrebbe rivelarsi un’opportunità unica, poiché la transizione energetica rappresenta un grande progetto globale, in grado di creare nuovi posti di lavoro e che richiede imponenti risorse e finanziamenti. Secondo l’OECD, infatti, tra il 2016 e 2030 per finanziare i lavori alla rete infrastrutturale (energia, trasporti, acqua e telecomunicazioni) saranno necessari quasi $ 95.000 miliardi.

Attualmente, invece, i dieci settori che emettono i maggiori quantitativi di CO2 nell’Unione Europea sono responsabili dell’83% delle emissioni totali, ma rappresentano soltanto il 28% del mercato del lavoro con un valore aggiunto pari al 21%.

Oggi, la maggior parte delle emissioni di carbonio hanno valore pressoché nullo e anche quando vengono prezzate, hanno un valore inferiore a 30€ (Energia, trasporti, acqua) a tonnellata. Inoltre, i sussidi per i combustibili fossili sono ancora la norma e ciò si traduce in una significativa spesa fiscale per i governi.

Aumentando la quota di energia rinnovabile come fonte primaria al 65% per il 2050, si ridurrebbero le emissioni di CO2 di circa il 70%. Questa quota attualmente rappresenta soltanto il 15% del totale, con grandi differenze tra i vari settori. La Danimarca occupa chiaramente un ruolo leader, e dovrebbe essere un esempio per tutti su come una transizione al rinnovabile sia fattibile. Anche il Portogallo, la Germania e il Belgio hanno investito per aumentare ulteriormente la quota di energia rinnovabile all’interno della loro offerta energetica, mentre paesi come la Francia, il Giappone, l’Australia e gli Stati Uniti dovrebbero incrementare il loro impegno in maniera significativa.

Scarsa qualità dell’aria – la causa primaria delle morti precoci in tutto il mondo

Diverse forme di inquinamento hanno portato alla perdita di nove milioni di persone nel 2015, ovvero ad una perdita di 4.600 miliardi di USD in termini finanziari. In Cina, quasi un quinto dei decessi può essere attribuito all’inquinamento, mentre in India e in Bangladesh circa un quarto. Il vecchio continente non manifesta una situazione tanto diversa: meno di un paese OCSE su tre rispetta le raccomandazioni sulla qualità dell’aria avanzate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Si stima infatti che l’esposizione della popolazione mondiale alle polveri sottili o all’ozono causi almeno la metà del milione di morti premature che si registrano ogni anno ed arrechi quindi un costo che corrisponderebbe quasi al 3,8% del PIL.

Stress idrico alla base dei conflitti sociali

Il capitale naturale è fondamentale nella valutazione della sostenibilità economica. Quando quasi un quarto della crescita russa dal 1994 deriva dall’estrazione dei suoi giacimenti fossili, risulta necessario interrogarsi sulla dipendenza di un paese dallo sfruttamento di risorse naturali, e la necessità di identificare nuove opportunità di crescita di lungo periodo.

La continua urbanizzazione conduce ad un aumento dello sviluppo territoriale, che si traduce in una riduzione del terreno agricolo coltivabile e delle foreste.


Ophélie Mortier – Responsabile degli Investimenti Responsabili – Degroof Petercam AM

{/gspeech}