Tentato sopravvento della microeconomia sulla geopolitica

Olivier De Berranger -

Lo spettro della guerra commerciale incombe sui mercati da qualche settimana ormai mentre si apre, in Europa, la stagione delle trimestrali giunta nel frattempo a buon punto negli Stati Uniti.

Per un attimo si era sperato che la microeconomia riuscisse ad avere il sopravvento sulla geopolitica e sulla macroeconomia, ma non è successo.

Eppure, i dati pubblicati dalle aziende e, in particolare, quelli delle principali società statunitensi, hanno vivacizzato i mercati borsistici. Dopo un primo giro di dati non del tutto soddisfacenti nel settore bancario sono stati accolti positivamente i risultati di Bank of America, Goldman Sachs e Morgan Stanley. Lo stesso andamento contrastante è stato osservato nella tecnologia: Netflix, per la prima volta, ha deluso in termini di numero abbonati ed è stata messa sotto pesante attacco così come eBay, che ha rivisto le sue prospettive a ribasso. Microsoft, invece, ha battuto le aspettative grazie – tra l’altro – alle sue attività nel cloud e IBM infine si è rivelata rassicurante. Complessivamente, le delusioni sono state penalizzate più di quanto siano state esaltate le sorprese positive. La stessa osservazione vale per l’Europa: se i buoni risultati di SAP o di Alstom non sono stati «comperati» dai mercati, Publicis o Stora Enso, invece, hanno sofferto. Il fenomeno è ancor più netto nel caso delle small e mid cap. I risultati non brillanti di Husqvarna e Dormakaba e il warning su Wessanen hanno trascinato i titoli verso il basso di oltre il 15%. Questo trend, in atto da qualche trimestre ormai, sembra intensificarsi con un accentuarsi della forte decorrelazione tra singoli titoli azionari.

Dal canto suo, la geopolitica non si è fatta da parte. Criticando la politica monetaria della Federal Reserve americana e invocando un dollaro sempre più basso, il presidente Trump ha fatto indietreggiare il biglietto verde che si era però apprezzato a seguito dei discorsi pronunciati dal presidente della Fed, Jerome Powell, davanti al parlamento. Donald Trump ha inoltre movimentato il fine settimana riferendosi ancora una volta all’ammontare delle importazioni cinesi potenzialmente assoggettate a dazi… che potrebbe attestarsi a 500 miliardi di dollari. Nel frattempo non sono mancate le tensioni in Asia: dopo aver pubblicato all’inizio della scorsa settimana una serie di indicatori economici leggermente inferiori alle previsioni la Cina, fixing dopo fixing, continua a svalutare lo yuan. Non è da meno l’Europa con la fermezza adottata nei toni da Jean-Claude Juncker in previsione del suo incontro con D. Trump mercoledì prossimo e il rafforzamento dei rapporti tra la Commissione europea e gli altri suoi partner commerciali. In effetti, quest’ultima ha ufficializzato la creazione di un’ampia area di libero scambio con il Giappone.


Olivier De Berranger – Chief Investment Officer – La Financière de l’Echiquier