Oro: è ora della ripresa?

Kinan Kadham-Al-Jame -

L’oro può ancora essere considerato un investimento rifugio? Alcuni investitori hanno iniziato a porsi questa domanda di fronte al ribasso accusato dalle quotazioni aurifere causato dall’intensificarsi delle tensioni sugli scambi internazionali ed il rischio di una guerra commerciale.

A parer nostro, la risposta è ancora “sì”. Sebbene gli attriti commerciali siano già da tempo al centro dell’attenzione, sino ad ora le loro ripercussioni sull’economia globale e sui mercati finanziari sono state limitate. Per far salire i prezzi del metallo giallo, sarebbe necessario un impatto assai maggiore, tale da creare un’avversione al rischio generalizzata nei mercati finanziari e innescare una fuga verso i porti sicuri. Ciò nonostante, ci saremmo aspettati un maggior supporto per l’oro dalle dispute commerciali.

Da inizio anno, il fattore che più ha influito sulle quotazioni aurifere è stata la valutazione del ciclo di inasprimento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti. Il numero delle strette future previste è progressivamente aumentato a fronte dell’incredibile vigore esibito dall’economia US e della determinazione con cui la Federal Reserve persegue la politica di normalizzazione dei tassi d’interesse. È questo il motivo per cui il dollaro ha rimbalzato, la domanda di oro a fini di investimento è rallentata e le quotazioni del metallo giallo sono virate verso il basso. Anche se eravamo consapevoli dei potenziali impatti negativi del ciclo di inasprimento dei tassi per l’oro, dobbiamo ammettere che la portata e la velocità dell’ultima ondata di vendite ci hanno colti di sorpresa. Al momento i prezzi fanno fatica a sostenere il livello di $ 1.200 l’oncia.

Il motivo per cui l’andamento del dollaro ha avuto ripercussioni così ampie sull’oro è la scarsità della domanda. Per gran parte dell’anno i corsi dell’oro si sono comportati più come quelli delle valute che delle materie prime. Viste le incertezze create dalle tensioni commerciali, a prima vista il rallentamento della domanda di oro a fini di investimento può sembrare strano, e a maggior ragione il fatto che alcuni acquirenti strutturali siano diventati venditori. Le posizioni in oro fisico garantite da ETF sono crollate dopo il picco toccato all’inizio di questa estate. Gli ordini di vendita sono piovuti in particolare dagli Stati Uniti, a nostro avviso per tre motivi.

Innanzitutto, i tassi d’interesse reali americani (tassi nominali corretti per l’inflazione) rivestono un ruolo importante nel livello complessivo delle posizioni. Senza dubbio, gli investimenti nell’oro comportano un costo opportunità – dato che non offrono flussi cedolari o dividendi. Per questo motivo quando i tassi d’interesse reali aumentano, le posizioni nel metallo giallo si fanno meno allettanti. Come mostra il grafico, questo settembre i tassi d’interesse reali statunitensi hanno toccato i massimi degli ultimi dieci anni.

Secondariamente, dato che tra oro e dollaro esiste una relazione inversa molto stretta, detenere posizioni in oro quando il dollaro si rafforza e i tassi d’interesse aumentano offre scarsi vantaggi. Questa correlazione non va sottovalutata. Riesaminando i dati degli ultimi 50 anni notiamo che i prezzi dell’oro sono scesi dell’1% in media (per trimestre) durante i periodi di apprezzamento del dollaro e sono saliti del 5% in media nelle fasi di deprezzamento.

Infine, sembra che non attribuiscano lo stesso peso al rischio che le tensioni commerciali possano sfociare in una vera e propria guerra delle tariffe. Gli investitori statunitensi, concentrati sull’economia domestica e il mercato interno, non percepiscono le tensioni commerciali come una minaccia altrettanto grave quanto lo sono per gli investitori europei. Il maggior contributo alla crescita dell’economia americana proviene dalla spesa al consumo, la cui dinamica resta vivace a giudicare dalle indagini sulla fiducia di aziende e consumatori, nonché dai livelli dei listini azionari, prossimi ai massimi record.

Qual è l’impatto del dollaro sulla domanda di oro nei mercati emergenti?

Il dollaro forte disincentiva gli investimenti auriferi negli Stati Uniti e fa salire i prezzi del metallo giallo nelle valute che hanno perso terreno nei suoi confronti, cioè quelle di molti mercati emergenti. Prendendo come base di partenza il 2008, i prezzi dell’oro nel Medio Oriente sono del 40% più alti che negli Stati Uniti, mentre in Asia sono del 25% circa maggiori. I mercati emergenti, Cina e India in testa, rappresentano oltre il 60% della domanda aurifera globale. Quotazioni aurifere elevate possono creare significative ripercussioni negative per la domanda di gioielli, sensibile all’andamento dei prezzi a causa dell’elevato contenuto di metallo e dei bassi margini di profitto degli oggetti di gioielleria prodotti nei paesi emergenti. In numerosi paesi emergenti esiste una relazione inversa molto pronunciata tra i prezzi nel mercato nazionale e la domanda pro-capite di gioielli.

Durante la crisi asiatica della fine degli anni ‘90 la domanda di gioielli in questi paesi è diminuita di circa un terzo. Ciò testimonia di nuovo l’importanza del dollaro statunitense come catalizzatore della domanda e dei prezzi dell’oro. Cina e India fanno eccezione alla regola a causa del rapido aumento dei redditi nella prima e della rigida regolamentazione del mercato aurifero nella seconda. Nel complesso, la domanda di gioielli nei mercati emergenti varia a seconda del livello del rispettivo reddito nazionale. Nei mercati emergenti più ricchi, ad esempio il Medio Oriente, la domanda pro-capite è di norma maggiore che nei paesi più poveri, ossia la maggior parte dei paesi asiatici.

Analogamente, esiste una relazione negativa tra i prezzi locali e la domanda di oro per investimento nei mercati emergenti. Ciò è dovuto alle caratteristiche di bene rifugio dell’oro, che lo rendono interessante durante le fasi di turbolenza in quanto per gli investitori dei mercati emergenti rappresenta una riserva di valore e una copertura contro l’inflazione. Spesso l’inflazione sale rapidamente dopo un’ingente svalutazione della moneta locale: in questo caso l’attrattiva degli attivi stranieri come il dollaro, le azioni statunitensi e i Treasury aumenta.

Per gli investitori con una valuta di riferimento diversa dal dollaro, anche l’oro deve essere considerato un attivo straniero. A parte gli squilibri tra domanda e offerta (ad esempio restrizioni all’import come tariffe o quote), i prezzi locali non sono altro che i prezzi di riferimento in dollari convertiti nelle valute locali. Il confronto dei tassi d’inflazione medi annui di vari mercati emergenti con la performance della componente valutaria di un investimento nell’oro – cioè il deprezzamento della valuta locale rispetto al dollaro statunitense – evidenzia la presenza di una forte relazione positiva. Non è quindi l’oro in sé che copre l’esposizione all’inflazione, ma l’esposizione al dollaro che esso procura. D’altro canto, ne consegue che anche gli investimenti in altri attivi stranieri come i Treasury o le azioni statunitensi forniscono lo stesso livello di copertura contro l’inflazione che offre il dollaro.

Un altro argomento di cui si è molto parlato durante le ultime settimane nel mercato aurifero è la stabilità dei prezzi del metallo giallo in Cina e la correlazione insolitamente elevata tra oro e yuan. La correlazione tra questi due attivi non è mai stata così alta come negli ultimi tempi. Per questo motivo, alcuni operatori sospettano che la Cina abbia ancorato lo yuan all’oro per dare un segno di stabilità e sfruttare il prezzo in dollari dell’oro come derivato del tasso di cambio USD/CNY. Ciò malgrado, non ci aspettiamo un intervento della Cina sui mercati valutari. A parte i ribassi concomitanti delle ultime settimane non riscontriamo prove di questa ipotesi. In altre parole, l’elevata correlazione dell’oro con lo yuan sarebbe una semplice coincidenza piuttosto che la causa, e l’ancoraggio all’oro una pura illazione.

Non si capisce quale interesse avrebbe la Cina ad ancorare lo yuan all’oro, dato che oggi la stabilità di una valuta dipende dalla salute dell’economia interna sottostante, dalle prospettive della politica monetaria e dalla credibilità della banca centrale. Gli esempi forniti dai mercati emergenti che negli ultimi anni hanno incrementato le rispettive riserve aurifere, tra cui Russia, Turchia e Cina, dimostrano che l’oro non garantisce la stabilità di una valuta. Nel caso della Cina, la volatilità dello yuan è stata deliberatamente accentuata dai tentativi della PboC di fare dello yuan una valuta di riserva. Tuttavia, l’aumento delle riserve aurifere nei paesi emergenti dimostra il desiderio di diversificare ora che i rapporti tra alcuni mercati emergenti e il governo e le politiche di Washington si fanno sempre più tesi. Per questo motivo è probabile che le banche centrali dei mercati emergenti continuino ad acquistare oro.

È il momento giusto per acquistare?

Il contesto di mercato resterà sfavorevole all’oro sino a che il dollaro si mantiene forte – secondo noi per un altro paio di mesi – dato che induce gli investitori statunitensi a restare in attesa e tiene i consumatori dei mercati emergenti lontano dalle gioiellerie. Malgrado il clima di fiducia estremamente negativo nel mercato dei future, le quotazioni attuali scontano già buona parte dei fattori negativi ed è molto improbabile che i prezzi possano ridiscendere sui minimi toccati durante la fase ribassista dell’anno scorso. Tenuto conto anche del fatto che a nostro avviso il dollaro inizierà a perdere vigore verso la fine dell’anno, giudichiamo le probabilità di un rialzo maggiori di quelle di un ribasso, anche a breve termine. Ci attendiamo quindi un rimbalzo sostenuto dei prezzi non appena nei mercati finanziari inizieranno ad agitarsi timori per le prospettive di crescita e inflazione e di conseguenza aumenterà la domanda di oro come bene rifugio.

Visto che ci aspettiamo una ripresa delle quotazioni e delle valutazioni aurifere dai bassi livelli attuali, prevediamo che inizieranno a risalire anche i titoli del settore minerario. Ciò detto, non intravediamo molte opportunità d’acquisto in questo segmento e quindi consigliamo un approccio selettivo. Le azioni del settore minerario non sono un investimento alternativo all’investimento in oro fisico.


 Kinan Kadham-Al-Jame – Responsabile degli investimenti e gestore di portafogli (MEA) – Banca REYL