I pro e i contro dell’abolizione di quota 100

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In vista della  prossima manovra finanziaria, un interessante studio elaborato dall’Osservatorio dei Conti pubblici dell’ Università Cattolica approfondisce i pro e i contro di una eventuale abolizione di  quota 100.

Si sottolinea in  primo luogo come secondo gli ultimi dati diffusi dall’INPS le domande pervenute al 30 settembre sono meno di 185mila, un numero lontano dalle stime prudenziali della relazione tecnica, che ipotizzava 269mila pensionati in più a fine 2019 grazie a questo canale.

Oltretutto, va considerato che parte delle 185mila domande non sono state, o non verranno, accettate (l’ultimo dato ufficiale, riferito alle domande con decorrenza aprile, è di un tasso di rigetto del 18 per cento) e che parte di queste, specie per quanto riguarda i dipendenti pubblici, sono già relative al 2020.

Pertanto, nel complesso, è verosimile che i pensionati a fine 2019 siano 150-160mila. Il fatto che il flusso di domande sia meno corposo del previsto, prosegue l’approfondimento,  implica che “Quota 100” costerà nel 2020 meno di quanto previsto inizialmente.

Al netto di quanti potrebbero accedere a “Quota 100” nel 2020, infatti, il prossimo anno versare la pensione a quei 269mila pensionati che erano inizialmente previsti per fine 2019 sarebbe costato quasi 7 miliardi; versarla a 150-160mila persone ne dovrebbe invece costare circa 4. Quindi l’afflusso relativamente basso di domande nel 2019 dovrebbe portare, secondo le stime dell’Osservatorio, a 2,5-3 miliardi di risparmi nel 2020.

Senza entrare nel merito del provvedimento stesso, si prosegue, è evidente che una parte consistente dei costi relativi a “Quota 100” sono oramai inevitabili e che i benefici di una immediata abrogazione vanno soppesati con i costi, incluso il costo in termini di credibilità che scaturirebbe da una ulteriore variazione della normativa in materia pensionistica.

Sotto questo profilo, questi costi sarebbero inferiori se la discussione odierna fosse rivolta non tanto a variazioni repentine relative al 2020, quanto a modifiche da apportare per il 2021. Questo perché si lascerebbe il tempo alle persone coinvolte di adeguarsi ad una eventuale nuova normativa.

Si evidenzia poi come , sebbene a dominare le discussioni pubbliche sia “Quota 100”, non va dimenticato il secondo canale su cui è intervenuto il dl 4/2019, cioè il mancato adeguamento dei requisiti per l’accesso alla pensione anticipata alla variazione della speranza di vita.

Questa misura ha attualmente un costo nettamente inferiore a “Quota 100” (circa 500 milioni) ma il suo costo annuo è destinato a crescere negli anni e, mentre la sperimentazione di “Quota 100” si dovrebbe concludere a fine 2021, il blocco dell’adeguamento alla speranza di vita è previsto, a legislazione vigente, fino al 2026.

Sempre nell’ottica di prendere decisioni a lungo termine al riguardo del sistema previdenziale, per dare a lavoratori ed imprese il tempo di adeguarsi, sarebbe forse il caso di riflettere già da ora sull’efficacia del provvedimento e sull’opportunità di rimodularlo negli anni a venire, conclude lo studio