Closing Bell, l’eredità del 2019

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All’inizio del 2019 gli investitori erano nervosi e la fiducia era ai minimi. Pochi giorni dopo, tuttavia, la Fed ha cambiato radicalmente posizione, abbandonando il proprio piano di rialzo dei tassi e lasciando intendere al mercato che ci sarebbero stati invece dei tagli. Nel corso dell’anno si sono quindi registrate tre riduzioni dei tassi per un totale di 75 punti base. Anche la BCE ha adottato una politica più accomodante, segnando la strada per le altre banche centrali.

In un contesto di crescita economica contenuta e di bassa inflazione, i rendimenti dell’obbligazionario sono crollati. Nel picco massimo registrato ad agosto, il 40% del debito governativo dei mercati sviluppati presentava rendimenti negativi, e non è stato l’unico dato eccezionale del 2019. I titoli italiani a 10 anni hanno visto i rendimenti scendere sotto l’1% in agosto e hanno raggiunto lo 0,5% il mese successivo, con la quasi totalità della curva dei rendimenti italiana attualmente al di sotto dell’equivalente statunitense. Il primo premio in Europa spetta tuttavia alla Grecia, un mercato che solo pochi anni fa spaventava la maggior parte degli investitori, quando la ristrutturazione del debito aveva portato i rendimenti del titolo decennale al 35%. Oggi, l’obbligazionario governativo greco rende appena l’1,5% per le scadenze a dieci anni, in calo del 2,8% anno su anno, e presenta una curva dei rendimenti anch’essa al di sotto di quella dei Treasury USA. La Grecia, inoltre, presenta uno dei valori più elevati di PMI manifatturiero, mentre il dato tedesco è in territorio da recessione.

I mercati obbligazionari possono anche aver goduto di un forte rally nel 2019, ma gli investitori hanno avuto bisogno di nervi d’acciaio o di buona fortuna per sfruttare al meglio questa performance. Il rendimento annuale dei Bund tedeschi a 30 anni ha raggiunto il 33% in agosto, ma da allora ne ha restituito quasi la metà e ora è in positivo “solo” del 18%. L’andamento dell’obbligazione austriaca a 100 anni è stato ancora più volatile: in agosto è salita dell’80% dall’inizio dell’anno, mentre attualmente si attesta al 46%. Per contro, il mercato obbligazionario britannico è stato uno spettacolo secondario.

I tassi d’interesse in flessione hanno favorito una forte performance dei mercati azionari, guidati dal NASDAQ. Ciò fornisce un’ulteriore prova del ruolo svolto dai tassi di interesse, in quanto l’indice è sbilanciato verso i titoli “growth” o “long duration” che beneficiano maggiormente dei tassi di interesse più bassi. Non è stata certamente la forza degli utili a spingere i mercati più in alto: nel 2019 la maggior parte dei principali mercati ha registrato una crescita piatta o negativa degli utili. In effetti, uno dei temi più potenti degli ultimi anni sui mercati azionari – la performance dei titoli “growth” ha superato quella dei titoli “value” – è stato ulteriormente spinto dal calo dei tassi di interesse e, attraverso alcune metriche, sembra ora fondamentalmente sopravvalutato.

Le azioni dei mercati emergenti, per quanto abbiano generato rendimenti decenti in termini assoluti, hanno registrato una performance inferiore a quelle dei mercati sviluppati nel corso dell’anno. Resta da vedere se i significativi tagli dei tassi di interesse nei mercati emergenti genereranno una ripresa nel 2020. La Cina ha indubbiamente risentito dei dazi imposti da Trump, che sono andati ben oltre le aspettative della maggior parte dei partecipanti al mercato, noi compresi. Tuttavia, altri mercati emergenti hanno ottenuto risultati altrettanto deludenti. Il FTSE-100 è stato uno dei pochi indici dei mercati sviluppati ad eguagliare lo scarso rendimento degli emergenti. Si tratta di un mercato tradizionalmente difensivo, ma che, secondo la maggior parte dei sondaggi, ha anche sofferto per essere il principale mercato sottopesato nei portafogli globali a causa dell’incertezza legata a Brexit.

L’ampio rally delle attività finanziarie si è verificato nonostante un contesto politico avverso. Abbiamo già menzionato i dazi di Trump. La sua posizione antieconomica nel 2019 contrasta con i tagli fiscali e la deregolamentazione che hanno caratterizzato la prima metà della sua presidenza. L’incertezza di Brexit continua, poiché il Regno Unito si trova ad affrontare le elezioni sotto il suo terzo Primo Ministro dal referendum del 2016. I disordini a Hong Kong sono finiti su tutte le prime pagine, ma ci sono state manifestazioni anche in Francia, Cile, Libano e molti altri paesi. Senza dubbio i mercati interni soffrono a causa dell’impatto dell’incertezza sul contesto macroeconomico, come nel caso di Hong Kong. Anche le valutazioni sono sensibili nel breve termine all’incertezza politica, ma almeno per quest’anno è stato lo stimolo dei tassi di interesse a farla da padrone.

Un altro tema di mercato che è salito alla ribalta nel 2019 sono gli investimenti ESG. Per noi questo tema è da tempo centrale, ma ora è diventato di primo piano per tutto il settore. Con l’aumento dei flussi legati alle tematiche ESG, la loro influenza sulla performance azionaria diventerà sempre più evidente. Questioni come il cambiamento climatico possono protrarsi per decenni, ma i mercati operano un meccanismo di sconto, il che suggerisce che questa e altre considerazioni ESG sono destinate a diventare fattori potenti nei movimenti di mercato a breve termine.