Il potenziale declino secolare del dollaro

-

Nel 2019 le performance del dollaro sono state in linea con quelle dell’anno precedente, per via dell’aumento dell’incertezza in ambito politico e commerciale e del rallentamento della crescita a livello globale. Tuttavia mentre ci addentriamo nel 2020 sembra che questi fattori stiano scomparendo.

I negoziati sulla controversia commerciale tra Stati Uniti e Cina stanno progredendo (a piccoli passi), mentre le preoccupazioni in merito a una Brexit no-deal sembrano in calo.

Parallelamente, l’attività manifatturiera globale ha raggiunto i minimi storici ed è probabile che registri una ripresa lenta. Nonostante le incertezze permangano, il calo dei premi del rischio di coda potrebbe innescare una correzione del disallineamento dei fondamentali sul mercato valutario.

Nello specifico, ci aspettiamo che la sopravvalutazione del dollaro scenda e stimiamo un apprezzamento del cambio EUR-USD trainato dalle valutazioni e da un certo grado di ripresa del commercio globale.

A nostro avviso il franco svizzero si indebolirà modestamente rispetto all’euro, in quanto l’incertezza viene reincorporata al ribasso. Questo dovrebbe anche tradursi in una negoziazione più serrata per il cambio USD-JPY nel breve termine. Tuttavia ci aspettiamo che lo yen recuperi un po’ di terreno vista la sottovalutazione e la debolezza del dollaro.

La sterlina dovrebbe trarre ulteriori benefici, soprattutto nella prima parte dell’anno prossimo. Riteniamo che sia probabile che il partito conservatore ottenga la stragrande maggioranza nel parlamento britannico, sufficiente a far approvare l’accordo tra UE e Regno Unito firmato a ottobre.

Indipendentemente dal risultato elettorale, riteniamo che gli sviluppi del secondo semestre del 2019 suggeriscono che il rischio di una Brexit disordinata sia significativamente diminuito.

Per quanto riguarda la Cina, ci aspettiamo che la normalizzazione del commercio globale, insieme alla ripresa della crescita dei mercati emergenti, sosterrà lo yuan. Il nostro target per il cambio USD-CNY è di 6,80 entro la fine del 2020.

Parallelamente, riteniamo che gli sviluppi globali e le valutazioni dovrebbero sostenere il dollaro australiano e canadese. Per quanto riguarda i paesi nordici, invece, ci aspettiamo che il rally della corona norvegese continui, man mano che la sovraperformance del paese rispetto alla Svezia diventa sempre più evidente.

Il nostro outlook include sia rischi upside sia downside. Da un lato, una più “brusca” risoluzione della controversia commerciale – ovvero una significativa riduzione dei dazi esistenti – potrebbe probabilmente spingere il dollaro al ribasso, dall’altro, una ripresa vera e propria della disputa tra USA-Cina potrebbe portare a una recessione globale e la fuga verso i beni rifugio innescherebbe un altro forte apprezzamento del dollaro.

Il potenziale declino secolare del dollaro

Un anno fa abbiamo affermato che il dollaro aveva raggiunto il culmine e definito al nostra view al ribasso per la valuta nel 2019. Ci siamo basati sull’indebolimento degli stimoli fiscali statunitensi, sulla sopravvalutazione del dollaro a causa della riduzione dei differenziali tra Stati Uniti e il resto del mondo e sul problema del “twin deficit” del paese. Tuttavia la situazione non è stata proprio quella da noi descritta, in quanto il deterioramento dell’outlook a livello globale indotto dal commercio ha sostenuto la performance del dollaro più a lungo di quanto avevamo stimato. Nel 2019 ci sono state un certo numero di valute che si sono rafforzate rispetto al biglietto verde (CAD, GBP e JPY), mentre altre – in particolare l’euro – hanno perso terreno.

Per poter descrivere ciò che è in serbo per il dollaro nel 2020 dobbiamo prima comprendere i fattori che hanno determinato la resilienza della valuta nel 2019. Il grafico 3 illustra la performance del dollaro nell’ultimo un anno e mezzo (l’indice risale infatti fino all’elezione di Trump nel 2016), sovrapponendolo a quella dei tassi della Fed. La nostra interpretazione è che l’ultimo rialzo del dollaro è stato generato dalla combinazione tra sviluppi commerciali, calo della propensione al rischio e dell’eccezionalismo statunitense (quest’ultimo trainato dagli stimoli fiscali di fine ciclo economico piuttosto che da fattori strutturali). In altre parole, il peggioramento del sentiment dovuto ai gravi timori commerciali e all’indebolimento della crescita dei diversi paesi, ad eccezione degli Stati Uniti, tutti fattori che hanno portato a un rally iniziale e quindi a una stabilizzazione del dollaro a livelli elevati. Questi fattori sono presenti nel grafico 3: l’incertezza economica (e commerciale) è il driver della gran parte della recente sopravvalutazione del dollaro.

Le cose però stanno cambiando. Negli ultimi mesi, i dati suggeriscono che l’economia globale sta raggiungendo i minimi storici, con l’indagine di JP Morgan sul settore manifatturiero globale che registra il suo terzo – anche se lieve – aumento mensile. Gli Stati Uniti e la Cina si stanno apparentemente avvicinando a un accordo di fase 1 che, nonostante abbia una portata limitata, suggerisce che il rischio di un’escalation della guerra commerciale sia notevolmente ridotto. Parallelamente, i rischi associati ad una Brexit disordinata sono notevolmente diminuiti.

Probabilmente il differenziale di crescita tra Stati Uniti e il resto del mondo si ridurrà nuovamente. Ad esempio, le nostre previsioni economiche stimano una riduzione del differenziale di crescita USA-Eurozona da 1,2 punti percentuali nel 2019 a 0,8 punti nel 2020, mentre il FMI prevede che il differenziale di crescita USA-Mercati Emergenti diminuirà, da -1,6 punti percentuali nel 2018 a -2,9 nel 2020. Tutto ciò pone le basi per un’inversione di tendenza delle forze che nel 2019 hanno portato “artificialmente” al rialzo la performance del dollaro, a causa dell’avversione al rischio e della fuga verso i beni rifugio.

È importante sottolineare che questo sta avvenendo mentre i differenziali dei tassi di interesse tra Stati Uniti e il resto del mondo si stanno restringendo: il vantaggio del carry del dollaro si è ridotto in quanto la Fed ha tagliato i tassi di interesse – e potrebbe potenzialmente offrire ulteriore allentamento monetario l’anno prossimo – mentre altre importanti banche centrali hanno avuto molto meno margine di manovra. Questo ha portato a una sopravvalutazione del dollaro (di circa l’8% secondo le nostre stime). Parallelamente, gli stimoli fiscali che hanno sostenuto l’economia statunitense stanno per attenuarsi, mentre i buffer fiscali sono già terminati, in quanto il deficit di bilancio ammonta a oltre il 4,5% del PIL.

L’incertezza livello globale permane ma, al contempo, i rischi di coda stanno svanendo. Quando l’outlook globale è cupo, gli investitori globali si accontentano di ignorare le valutazioni e gli ampi squilibri di bilancio (e commerciali) degli Stati Uniti e rivolgono la loro attenzione sul dollaro sicuro. Visto che l’outlook sembra in via di stabilizzazione, i mercati potrebbero non essere così indulgenti e, supponendo che il mondo non si imbatta in una nuova disruption della crescita, il dollaro sembra destinato a indebolirsi.