Serve subito un cambio di passo o l’Italia mancherà completamente gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima

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Se la crisi climatica è una realtà, altrettanto reale è il contributo determinante che il fotovoltaico può dare per passare a un sistema energetico a emissioni zero. Parliamo di una tecnologia che già da ora è in grado di partecipare al mercato elettrico, come dimostra l’esperienza della Germania, mentre in Italia il settore è fermo a causa degli ostacoli normativi e autorizzativi. È quanto è emerso ieri a Roma durante la quarta edizione del Forum ITALIA SOLARE 2019 “Il fotovoltaico come risposta all’emergenza climatica” seguito da 450 persone tra presenti in sala e online.

“A livello globale – spiega Guido Agostinelli, Specialista Senior del settore Solare di International Finance Corporation (IFC) – per fermare i cambiamenti climatici e restare al di sotto dei 2° C gli investimenti nelle rinnovabili dovrebbero raddoppiare, passando da 300 miliardi a oltre 600 miliardi/anno nei prossimi dieci anni”.

La sfida nel settore energetico si gioca su tre piani: elettrificazione, radicale decarbonizzazione della generazione, efficienza energetica; di fatto un’enorme opportunità di crescita per una filiera che si ricostruisca a partire dalla ripresa del mercato Europeo, e che abbia la capacità di proiettarsi sui mercati emergenti.

A maggior ragione in Italia dove l’urgenza di cambiare passo è emersa con forza durante la giornata di lavori. “Per gli ultimi governi la transizione energetica è un passaggio dalle fonti fossili più inquinanti al gas, per poi passare alle rinnovabili con obiettivi troppo timidi e con modalità non definite, che significa che i tempi indicati dal Governo nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima non sono credibili”, ha detto Paolo Rocco Viscontini, Presidente di Italia Solare.

La realtà dei fatti è evidente, in Italia dal 2014 (2019 incluso) sono stati installati tra i 300 e i 400 MW/anno, contro gli oltre 1.500 MW/anno di Olanda, i 1.000 MW di Spagna e i 3.300 MW installati dalla Germania da inizio anno a oggi.

Il fotovoltaico è una straordinaria opportunità di sviluppo per l’Italia: se non lo si supporta perdiamo PIL, opportunità di occupazione e di sviluppo tecnologico in un settore decisamente strategico fatto di componentistica e di servizi di gestione e ottimizzazione degli impianti molto avanzati. “Abbiamo la possibilità di fare da apripista per molti altri Paesi, oltre che diventare leader nella lotta alla crisi climatica – spiega Viscontini – Il fotovoltaico, insieme alle altre tecnologie delle rinnovabili e dell’efficienza, presenta un potenziale tale da poter garantire entrate per lo Stato ben superiori ai dividendi ora incassati dalle aziende partecipate dallo Stato. Queste ultime da anni hanno un’eccessiva influenza sulle scelte di politica energetica dei governi, con risultati che dimostrano che chi ha i propri utili dipendenti, direttamente o indirettamente, dalla generazione centralizzata e fossile difficilmente spingerà seriamente la generazione distribuita e rinnovabile. Servono governi indipendenti, in grado di ‘governare’ davvero la transizione energetica”.

Le 5 richieste di ITALIA SOLARE al governo

Italia Solare chiede al governo di procedere urgentemente con 5 azioni per poter dare avvio a quel tanto nominato Green New Deal che passa inevitabilmente anche dallo sviluppo delle rinnovabili e in particolare del fotovoltaico:

  1. Lo sblocco delle autorizzazioni per impianti rinnovabili
  2. Dare avvio alle comunità energetiche con la possibilità di produrre e consumare collettivamente l’energia
  3. Attivare misure per diminuire il costo degli impianti per il cliente finale compatibili con la salvaguardia del lavoro artigiano
  4. Prezzi dinamici e par condicio delle rinnovabili sui mercati dell’energia per rendere possibili PPA a lungo termine e investimenti in stoccaggi
  5. Tutela degli investimenti già effettuati nell’attuazione della nuova disciplina sui controlli del GSE.

La proposta di Italia Solare per o sviluppo del fotovoltaico in agricoltura

Partendo dal presupposto che è necessario partire subito per raggiungere i 30 GW fotovoltaici al 2030 del Pniec, benché insufficienti poiché servirebbero 50 GW, “non abbiamo più tempo per discutere se sia opportuno o meno installare impianti a terra, dobbiamo piuttosto parlare di come installarli”, spiega Rolando Roberto consigliere di Italia Solare, che in occasione del Forum ITALIA SOLARE 2019 hanno presentato la proposta dell’associazione per sviluppare il fotovoltaico in agricoltura.

Secondo Italia Solare parte dei terreni circostanti i centri abitati e i distretti industriali/artigianali dovrebbero essere sempre destinati a un uso fotovoltaico, divenendo parte integrante dei nuovi piani urbanistici. Gli impianti fotovoltaici in media tensione installati in questi terreni non dovrebbero seguire valutazioni di impatto ambientale se non ricadono in aree vincolate, ma procedure di screening che vincolino con procedura di silenzio e assenso in 60 giorni all’esonero da valutazione di impatto ambientale in mancanza di circostanze particolari ostative e motivate, eccezionali e circostanziate.

“Oggi è giusto pensare alle imprese agricole sempre più come imprese agro-energetiche, poiché il fotovoltaico può rappresentare un’opportunità per l’agricoltura e la pastorizia”, continua Roberto. Per le aziende agricole che dedicano fino a una quota %, ancora da stabilire, delle loro terre a impianti fotovoltaici in media tensione, l’Associazione propone che possano beneficiare dell’esenzione dalla valutazione di impatto ambientale agli stessi termini degli impianti in prossimità delle aree di consumo.

Per impianti fotovoltaici, non di proprietà di aziende agricole né posizionati in prossimità di centri di consumo, possono invece essere installati sui terreni agricoli se parallelamente vengono fatti investimenti in attività agricole a elevato contenuto tecnologico (ad es. coltivazioni idroponiche) o si dà avvio a coltivazione e/o pastorizia, tramite aziende agricole partecipate, anche in consorzi/cooperative. Parallelamente devono essere effettuati investimenti nella realizzazione di invasi per l’irrigazione e ovviamente va data priorità al recupero di terreni abbandonati, questo al fine di evitare investimenti solo fini a se stessi che non creino una sinergia con l’attività agricola.