La stagione degli utili viene e va

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Se si eccettuano alcune pubblicazioni particolarmente degne di nota, la stagione delle trimestrali è passata finora in sordina, oscurata dal flusso di notizie riguardante il coronavirus. Quali sono le conclusioni che possiamo trarre a consuntivo del primo mese di dati?

A fine gennaio quasi metà delle società che compon­gono lo S&P500 ha pubblicato la propria trimestrale. L’analisi dei dati è naturalmente cruciale, in special modo dopo quattro trimestri di crescita asfittica e in considerazione del rallentamento economico a cui abbiamo assistito l’anno passato.

La prima conclusione che si può trarre è che la cre­scita degli utili a livello aggregato sia ancora ferma al palo. I risultati sono superiori rispetto alle stime della vigilia, ma questo per il momento serve solo a sven­tare le ipotesi di un arretramento: il confronto con il trimestre precedente registra infatti una variazione minima (-0,3%). Un esame più attento dei dati rivela che la mancata crescita è diretta conseguenza di una erosione dei margini operativi, seppur da livelli molto elevati, mentre la c.d. top line sembra essere maggiormente dinamica.

L’erosione della redditività, non trovando ancora riscontri sufficienti nel costo del lavoro, ha probabil­mente a che fare ancora con le ricadute della guerra commerciale: con spazi per tagli dei costi sempre più risicati, una maniera di incrementare i margini è quella di investire in tecnologie che migliorino la produttività. La voce degli investimenti in capitale fisso è invece fatalmente bloccata da un anno dalle incertezze legate ai dazi.

Sotto la superficie di crescita zero degli utili e sorpre­se limitate si nasconde tuttavia un quadro settoriale molto composito. Le sorprese positive in altre parole esistono, ma bisogna andarle a cercare in luoghi ben specifici: in particolare fra i tecnologici, i cui dati hanno superato le attese in nove casi su dieci, o sui comparti dei consumi discrezionali e della sanità. Al contrario le contrazioni più marcate degli utili, anche rispetto ad attese già di per sé non esaltanti, hanno riguardato i settori industriali, dei materiali e dell’ener­gia.

Di conseguenza, in assenza di una crescita glo­bale solida e più generalizzata, gli investitori tendono ad affidarsi al solito segmento quality growth. D’altro canto, il problema è naturalmente quello di valutazio­ni che per questi titoli hanno raggiunto livelli elevati e con pochi precedenti nella storia. Il miglioramento dell’economia globale e una risalita, anche limitata, dei tassi, potrebbe fornire i presupposti per una rota­zione sui comparti più ciclici. I dati economici sono in effetti in progresso, in special modo nell’ultima fase, ma è prudente attendere di approfondire le con­seguenze di coronavirus e alcuni rischi geopolitici prima di poter puntare su questo scenario.