Le raccomandazioni del FMI sulle pensioni

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Il Fondo monetario internazionale ha pubblicato il rapporto Article IV sul nostro Paese in cui ne analizza le prospettive economiche  e fornisce una serie di raccomandazioni anche in ambito previdenziale .

La stima è di una crescita intorno allo 0,5% per il 2020 dopo lo 0,2% stimato per il 2019, e sullo 0,6-0,7% nei prossimi anni, al livello più basso dell’intera Unione europea.  Le prospettive, considerando i rischi geopolitici internazionali come un’escalation delle tensioni commerciali, una frenata negli scambi con i principali partner potrebbero comportare prospettive molto più deboli.

Per quel che riguarda i parametri di finanza pubblica il deficit dovrebbe essere circa il 2,4% del Pil nel 2020 e poi in lieve calo, mentre il debito resterà vicino al 135% nel medio termine, prima di salire nel lungo termine a causa della spesa pensionistica.  Per quel che riguarda i profili previdenziali il Fmi sottolinea come le riforme fin qui condotte hanno avuto un sensibile rilievo in prospettiva di lungo periodo ma la introduzione di quota 100 ha determinato un innalzamento degli oneri per il nostro sistema e una discontinuità nell’età pensionabile.

Per preservarne la sostenibilità finanziaria si ritiene importante preservare l’indicizzazione dell’età di pensionamento all’aspettativa di vita, assicurare l’equità attuariale per i pensionamenti anticipati e aggiustare i parametri pensionistici per assicurarne la convenienza. Con riferimento alla riduzione posta in essere dal Governo si sottolinea come in Italia il cuneo fiscale è di circa il 48% contro il 42% della media dell’Ue  .

Viene apprezzato il taglio dello 0,2-0,3% nel 2020-2021 ma si osserva che una riduzione più ambiziosa potrebbe costare il 2% del Pil ma sarebbe controbilanciata da un significativo allargamento della base fiscale  per il quale c’è un considerevole spazio, anche attraverso la lotta all’evasione fiscale.  Il FMI raccomanda poi che il sistema fiscale venga migliorato per promuovere la crescita e la partecipazione della forza lavoro, beneficiando le famiglie con redditi medio-bassi.

Last but not least il reddito di cittadinanza con riferimento al quale si sostiene la opportunità di una modifica. Il programma sul Reddito di cittadinanza si rivolge ai più vulnerabili ma il beneficio è ben al di sopra dei parametri di riferimento internazionali; diminuisce troppo rapidamente a seconda delle dimensioni della famiglia, penalizzando i nuclei più numerosi e più poveri; inoltre viene meno bruscamente se si accetta un’offerta di lavoro, anche a basso salario.

Queste caratteristiche dovrebbero essere allineate alle migliori pratiche internazionali per evitare disincentivi al lavoro e condizioni di dipendenza assistenzialistica.