Verso la fase 2

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Ci sono molti segnali che suggeriscono che le misure di contenimento del coronavirus intraprese dai paesi occidentali cominciano a funzionare.  I contagi in Italia sono scesi significativamente e la situazione negli ospedali sta migliorando; lo stesso inizia a intravedersi anche nel resto d’Europa.

Gli Stati Uniti avranno bisogno di qualche settimana in più per raggiungere il picco poichè le misure di contenimento sono state implementate con qualche ritardo.

Il rischio di seconde ondate di contagi resta però molto elevato, come dimostrato anche dai paesi asiatici e ci si prepara  quindi alla fase 2 di convivenza con il virus, nella quale riprenderanno molte attività economiche ma con molte precauzioni, a un passo comunque ridotto.  Solo dopo diversi mesi vi sarà il ritorno ad una vita normale in tutto e per tutto e una piena ripresa economica.

Con oltre 3 miliardi di persone confinate in casa, è chiaro che il 2020 sarà un anno di forte recessione a livello globale e soprattutto nelle economie avanzate.

Il margine di errore sulle stime del PIL è elevatissimo ma, al di là delle statistiche, ciò che davvero conta è difendere la capacità produttiva e la base di consumi per non pregiudicare la ripresa. Molto dipende dalle politiche economiche che vengono intraprese. Gli stati devono giocare una nuova partita molto più ampia e impegnativa rispetto al recente passato.

Sul fronte fiscale, come ci si aspettava, i governi e le banche centrali hanno fatto tesoro della crisi del 2008, ad oggi le manovre fiscali espansive già approvate ammontano al 3% del PIL, quasi il doppio rispetto al 2009.

Gli Stati Uniti stanno addirittura discutendo di un ulteriore piano fiscale di oltre il 5% del PIL dopo aver già varato iniziative per un ammontare di 2000 miliardi di dollari, pari al 10% del PIL.

L’Europa si è mossa meglio rispetto alla scorsa crisi, ma ancora in modo insufficiente e frammentato.

L’Italia, insieme ad altri Paesi che rappresentano oltre la metà del PIL dell’eurozona, tra i quali Francia e Spagna, ha chiesto l’emissione di bond europei per finanziare la risposta all’emergenza.

All’Eurogruppo di martedì, Germania e soprattutto Olanda si sono tuttavia opposte a emissioni comuni, rimandando all’utilizzo del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) che potrebbe comportare impegni su futuri tagli alla spesa pubblica, uno stigma negativo sui mercati, un privilegio rispetto agli altri detentori di titoli di Stato e una forte distorsione competitiva nella fase di ripresa.

Conte e il governo italiano hanno fatto un vero pressing nei confronti del nord Europa per raggiungere iniziative comuni. Oggi si tiene un’ulteriore riunione dell’Eurogruppo che si spera vada oltre gli accordi che sono trapelati come l’assicurazione contro la disoccupazione o la ricapitalizzazione della BEI, strumenti utili ma insufficienti per la loro dimensione.

I prossimi giorni saranno molto importanti per la UE, potrebbe fare un vero salto in avanti o incrinare seriamente il senso di appartenenza di interi Paesi.

I mercati restano nervosi ma ci sono dei segnali di parziale normalizzazione.

Gli indici azionari hanno recuperato circa il 20% dai minimi, ossia circa la metà delle perdite subite e la volatilità, seppur elevata, si è dimezzata rispetto ai valori di un paio di settimane fa.

La nostra impressione è che il mercato azionario ora sconti uno scenario realistico, di graduale ripresa delle attività economiche dalla metà di maggio.

Ovviamente i risultati delle aziende nel 2020 saranno molto penalizzati, anche nel 2021 difficilmente eguaglieranno la redditività del 2019.

Per queste considerazioni abbiamo una posizione complessivamente neutrale sull’azionario.

Ci potrebbe essere ulteriore potenziale in caso di rafforzamento dei piani di immissione di liquidità delle banche centrali o maggior visibilità sulla durata della cosiddetta Fase 2, e quindi sulla ripresa piena delle attività. Ma ci sono ovviamente anche rischi al ribasso.

In termini relativi, il credito è rimasto molto più indietro e sconta scenari più avversi rispetto al mercato azionario, riflettendo attese di tassi di default quasi mai visti in precedenza.

Per questo abbiamo un posizionamento sovrappeso sulle obbligazioni corporate investment grade, high yield e sui Titoli di Stato emergenti.