Come si evolverà spesa previdenziale nel 2020

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Uno dei profili cui occorrerà rivolgere particolare attenzione nella fase 2 della crisi da Covid 19 è quello rappresentato dall’andamento della spesa sociale e del comparto previdenziale più nello specifico.

E’ importante avere allora un quadro di riferimento aggiornato per rappresentare lo “stato dell’arte” in vista di riflessioni future. In questa prospettiva appaiono molto utili le evidenze rappresentate dall’Ufficio parlamentare di bilancio nell’ambito della recente Audizione parlamentare sul Documento di Economia e Finanza . Le prestazioni sociali subirebbero una notevole espansione nel 2020 (6,9 per cento) e uno moderato aumento nell’anno successivo (0,3 per cento), riflettendo in particolare la dinamica delle prestazioni diverse da quelle pensionistiche.

Sul fronte della spesa per pensioni e rendite, l’incremento del 2020 (2,7 per cento) rispecchierebbe, in particolare, gli oneri dovuti alla cosiddetta “Quota 100” con effetti per l’intero anno a confronto con il 2019 in cui si erano manifestati in corso d’esercizio e inoltre un effetto “pieno” rispetto a quello parziale del 2019 della rimozione dell’aggancio all’aumento della speranza di vita dai requisiti di accesso alle pensioni di anzianità. Sulla spesa influirebbe anche l’estensione della cosiddetta “Opzione donna”, con effetti crescenti successivi.

La crescita del 2021 (2,3 per cento) sconterebbe l’aumento del numero dei nuovi pensionati e dell’indicizzazione ai prezzi. Molto sostenuto sarebbe l’incremento delle altre prestazioni sociali (20,2 per cento) – cui seguirebbe una riduzione (-5,1 per cento) ‒, connesso in larga parte con l’espansione degli ammortizzatori sociali, anche in riferimento alle misure contenute nei recenti provvedimenti del Governo, che influenzerebbero anche l’aggregato relativo alle altre uscite correnti, comprensive di trasferimenti alle famiglie e alle imprese.

Molto elevata dovrebbe essere la componente relativa alla cassa integrazione guadagni, sia nelle forme già esistenti sia in quelle nuove previste dal decreto. Ingenti risorse, per 3,3 miliardi, sono destinate infatti all’estensione dei trattamenti di integrazione salariale in deroga a categorie non tutelate ai sensi della normativa vigente, nonché ai trattamenti erogati dai Fondi di solidarietà, introducendo la causale specifica “COVID-19”.

Nell’ambito degli strumenti di integrazione del reddito dei lavoratori colpiti, quasi 3 miliardi vanno a finanziare un’indennità una tantum di 600 euro per il mese di marzo a varie categorie (professionisti con partita IVA e titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla Gestione separata INPS, lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali INPS, lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e altri). Viene creato un Fondo per il reddito di ultima istanza, con una dotazione di 300 milioni per l’anno in corso.

Sulle altre prestazioni sociali influirebbero anche gli effetti, crescenti nel 2021, dei provvedimenti della legge di bilancio 2020 (tra cui la proroga dell’assegno di natalità, l’incremento del buono asili nido, la proroga dell’APE sociale, gli interventi per la disabilità e la non autosufficienza) e l’incremento e l’estensione del bonus di 80 euro innalzato a 100 euro