Obbligazionario: una crisi mai vista prima

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Quando si verificano periodi di turbolenza, la maggior parte degli investitori diventa avversa al rischio e predilige la sicurezza all’opportunità di ottenere rendimenti più elevati. La crisi causata dal coronavirus non fa eccezione a questo riguardo. Tuttavia, il nostro John Beck, Director of Fixed Income, Londra, rileva alcune differenze singolari tra questa e altre crisi, e offre alcune riflessioni su dove ritiene sensato oggi assumersi qualche rischio.

Dal punto di vista dei mercati finanziari, gli eventi verificatisi negli ultimi mesi in risposta all’epidemia della COVID-19 sono davvero unici. Alcuni hanno paragonato questa crisi alla crisi finanziaria globale del 2008-2009, che tuttavia presentava una differenza importante: allora si trattava di un malfunzionamento del sistema di “alimentazione”, per così dire. Derivava da problemi interni al sistema finanziario che hanno interrotto l’erogazione di prestiti da parte delle banche e prosciugato la liquidità. L’epidemia di coronavirus non era legata ad alcun problema interno al sistema finanziario, bensì ad una crisi sanitaria che ha determinato le misure di contenimento dei governi alle quali si deve l’arresto forzato e improvviso dell’attività economica in molti paesi simultaneamente.

Tuttavia, al verificarsi di una crisi, la sola cosa che interessa gli investitori è evitare il rischio. Oggi sono pochi gli asset tendenzialmente percepiti come privi di rischio, ma i Treasury statunitensi, i titoli di Stato tedeschi, i Gilt britannici e i titoli di Stato giapponesi rientrano in questa categoria.

Tassi probabilmente più bassi più a lungo

Alcune economie hanno subito una rapida contrazione, ma non è detto che la ripresa sarà altrettanto veloce. Crediamo improbabile un recupero marcato dai minimi, a forma di V. Speriamo che non assuma una forma a L, che caratterizza una flessione economica più lunga.

All’affacciarsi della crisi, in un precedente blog abbiamo suggerito che le banche centrali avrebbero probabilmente sottoscritto lo stesso giuramento prestato dai medici, il giuramento di Ippocrate, impegnandosi cioè a “non nuocere”. E crediamo che continueranno a sforzarsi di tener fede all’impostazione di Ippocrate anche dopo che le cose inizieranno a tornare alla normalità. Le banche centrali sono state rapidissime a sostenere i mercati e sono convinto che l’eliminazione di alcune misure di sostegno sarà lenta, in linea con la nostra visione di una ripresa economica probabilmente graduale.

Di norma, le banche centrali reagirebbero alla ripresa di una più robusta attività economica innalzando i tassi di interesse. Tuttavia non riteniamo che i rendimenti saliranno molto velocemente; la speranza degli investitori di ritrovare rendimenti del 5% sembra ancora difficile da esaudire. A nostro avviso, anche la ripresa economica richiederà un certo tempo. La volatilità si accentua sempre in presenza di questi eventi, come confermano alcuni dei nostri parametri di rischio. Pertanto, un graduale calo della volatilità sarebbe un segnale incoraggiante.

Osservando l’andamento delle obbligazioni governative, si notano differenze, per esempio, fra i titoli di Stato spagnoli, italiani e tedeschi, dovute in parte all’impatto iniziale del virus su quei singoli paesi e alle reazioni dei loro governi. L’incidenza della pesante spesa di bilancio dipenderà dalla qualità dei fondamentali delle singole economie, fra i quali il prodotto interno lordo (PIL).

Riflettori sul rischio e sui prezzi di mercato

Sotto il profilo degli investimenti, come molti abbiamo adottato una politica di prevenzione del rischio. I mercati hanno registrato movimenti di prezzo molto bruschi e, fondamentalmente, dobbiamo capire se riteniamo che sia mutato il contesto e in che misura tali cambiamenti si riflettono nei prezzi di mercato attuali.

Molti investitori desiderano certamente evitare gli investimenti più complessi o di natura speculativa di cui non si conoscono chiaramente le possibili perdite. Basandoci unicamente su tale elemento, la domanda di titoli di Stato dovrebbe rimanere elevata. Ma dobbiamo anche precisare chi sono i maggiori acquirenti di obbligazioni in questo momento, ovvero le banche centrali. La US Federal Reserve, la Banca Centrale Europea e la Bank of Japan stanno acquistando le proprie obbligazioni, e in misura molto significativa. Tradizionalmente i rendimenti obbligazionari registrano variazioni positive e negative al fluttuare dell’inflazione, ma ora che ad acquistare sono le banche centrali potremmo osservare rendimenti obbligazionari semi-fissi mentre il tasso d’inflazione si muove liberamente.

Ciò detto, stiamo individuando alcune possibili opportunità nelle nuove emissioni e nelle obbligazioni societarie investment grade. Ad esempio, nell’attuale contesto potrebbe essere utile inserire in portafoglio i pubblici servizi e i supermercati. Tuttavia, non sappiamo quando torneremo tutti alla normale attività e se lo scenario sarà diverso. Ad esempio, aumenterà il numero di persone che lavorano stabilmente da casa, riducendo i tassi di occupazione degli edifici ad uso ufficio? E quale sarà la domanda di materie prime? Risalirà quando torneremo tutti al lavoro? La flessione delle quotazioni petrolifere è stata talmente sorprendente da conquistare le prime pagine dei giornali, ma gli investimenti nel settore petrolifero potrebbero premiare nell’ipotesi di un più rapido ritorno alla normalità.

Cerchiamo di inserire in portafoglio posizioni ragionevoli, mentre la crescita economica recupera alcuni tratti di normalità. In un universo popolato da società dalla sostenibilità chiaramente dimostrabile, perfettamente in grado di assolvere al pagamento delle cedole, riteniamo opportuno cercare questo genere di opportunità.

Guardando realisticamente al futuro, possiamo aspettarci che i rendimenti dei titoli di Stato rimarranno molto bassi soprattutto perché, come si è detto, tra gli acquirenti c’è anche la banca centrale che è insensibile al prezzo e acquisterà tutte le obbligazioni che gli emittenti pubblici cercheranno di vendere. A nostro avviso, le migliori opportunità d’investimento verranno probabilmente da alcune tipologie di obbligazioni più remunerative, poiché il tasso di rendimento offerto da alcuni degli investimenti più rischiosi rispetto ai titoli di Stato potrebbe attrarre un maggiore interesse.

Il punto interrogativo europeo

La Fed statunitense ha promesso un forte sostegno al mercato attraverso un robusto programma di acquisto di titoli che include obbligazioni municipali e societarie, mentre prevale ancora l’incertezza sull’impegno dell’Unione Europea (UE) a sostenere le economie come sta facendo la Fed, anche attraverso l’emissione di “coronabond” che sono oggetto di ampi dibattiti. L’UE non può prelevare direttamente le imposte come è invece consentito ai governi nazionali, né emettere debito. Seguiamo con attenzione i segnali che giungono dall’Europa.

Paradossalmente, prima della crisi i rendimenti delle obbligazioni statunitensi, certamente bassi per gli standard storici, erano tuttavia elevati per gli standard internazionali. In maggior parte, tuttavia, le turbolenze hanno interessato solo secondariamente i titoli di Stato come pure le valute, concentrandosi soprattutto sui segmenti con uno spread creditizio.

Alla luce dell’evoluzione tendenziale negativa di molti paei europei prima della crisi, avevamo privilegiato i titoli di Stato europei. Tuttavia, il coronavirus ha avuto un impatto differenziato sulle economie europee: apparentemente la Germania ha evitato il peggio, mentre la Spagna e l’Italia ne hanno risentito pesantemente. Entrando nella crisi, la Germania presentava un miglior rapporto fra debito/PIL. Quando ne usciremo, quindi, le ripercussioni più gravi colpiranno la Spagna e l’Italia, le cui economie dipendono maggiormente dai servizi e dal turismo e i cui disavanzi di bilancio aumenteranno ancora. Sarà importante rafforzare le forme di sostegno a livello paneuropeo. Possono emergere resistenze ad accettare le obbligazioni ad emissione e a responsabilità congiunta, ma le misure a lungo termine per sostenere le economie più colpite saranno vitali per evitare di mettere in discussione l’unità europea.

A causa del coronavirus, quasi tutti i paesi europei evidenzieranno probabilmente un trend di crescita negativo. Tuttavia, la prevalenza in alcune economie di una maggiore propensione verso i servizi e il turismo o la preesistenza in esse di squilibri di bilancio più marcati aggraveranno probabilmente la situazione, vista anche l’estensione delle misure di contenimento. Per noi ritengo che sarà importante osservare un maggior livello di impegno per garantire che tutti i paesi europei – pur essendo colpiti in modo diverso da questo virus – si stiano tendenzialmente muovendo nella stessa direzione.

Conseguenze della crisi

In prospettiva, dovremo verificare le conseguenze di tutti gli stimoli che si stanno applicando e capire se causeranno turbolenze economiche o di mercato. Pensiamo che alla fine raggiungeremo un punto di non ritorno in corrispondenza del quale monetizzare le emissioni governative diventerà effettivamente difficile; tuttavia, riteniamo che l’offerta non sia ancora tale da innescare un significativo e immediato aumento dei rendimenti obbligazionari.

Crediamo anche che questo periodo possa plasmare o cambiare alcune delle dinamiche politiche che osserviamo in diversi paesi del mondo. Man mano che i paesi riaprono gradualmente le loro economie, alcune politiche potrebbero diventare oggetto di riesame. Ad esempio, i paesi possono chiudersi maggiormente a logiche interne. Quelli che si servono di catene di fornitura internazionali e/o hanno legami con la Cina potrebbero rivedere il loro approccio commerciale e assumere tratti più nazionalisti.