In Cina il lusso non vede crisi

-

Il secondo trimestre è stato un barometro per il settore del lusso più del primo, dato che le nei primi tre mesi dell’anno le chiusure dei negozi erano circoscritte principalmente in Cina. Il secondo trimestre, con la chiusura dei negozi in tutto il mondo, è stato il peggior periodo di sempre per i marchi del lusso. La natura delle chiusure dei negozi è stata abbastanza uniforme in tutta l’Europa occidentale e in Nord America, con poche variazioni tra i marchi più forti e quelli più deboli. Molti di questi marchi non avevano una presenza nel campo dell’e-commerce abbastanza solida da migliorare il calo delle vendite che ha caratterizzato tutto il periodo. Gucci, considerato un marchio di prestigio, ha registrato un calo delle vendite del 41%, mentre il marchio Ferragamo, notevolmente più debole, ha registrato un calo del 52%.

Persino durante la crisi finanziaria globale, la domanda dell’intero settore del lusso è diminuita solo del 10% nel 2009, con un forte rimbalzo l’anno successivo. L’interrogativo da porsi è: l’attuale declino sarà seguito da tempi migliori? Le aziende hanno espresso un parere abbastanza unanime sul fatto che si tratti di una crisi dell’offerta, più che della domanda. Aziende che vanno da Ferrari a Hermès hanno evidenziato che la domanda è rimasta robusta, in particolare per i clienti in Cina e in Nord America. Nella Cina continentale, dove i negozi sono stati aperti durante il secondo trimestre, si registra un fenomeno di “revenge spending”, con i consumatori che sono tornati prepotentemente a fare acquisiti. Le vendite di moda e di pelletteria sono aumentate di oltre il 60% nel trimestre. Nel frattempo, Tiffany ha registrato un aumento del 90% delle vendite nel mese di maggio nella sola Cina, e Nike, pur essendo un marchio più wholesale, è tornata a crescere sei settimane prima del previsto nella Cina continentale.

Se la crisi ha colpito i brand in modalità abbastanza uniforme, il rimbalzo sta differenziando i marchi in base alle loro reazioni e alla loro reputazione. In tempi come questi, i consumatori tendono a preferire marche che conoscono meglio. Guardando verso la ripresa, crediamo che emergerà nuovamente la polarizzazione delle performance che abbiamo visto prima del Covid-19, differenziando ulteriormente i vincitori e i perdenti.

Sembra che il peggio sia stato superato, il declino del secondo trimestre andrà diminuendo nel terzo trimestre. Prada ha registrato un calo delle vendite a una sola cifra nel mese di luglio, un notevole tasso di ripresa rispetto ai mesi precedenti. Un’azienda come Ferrari, molto orientata all’offerta, ha notato che gli ordini sono cresciuti a due cifre a luglio. La chiave è aspettare e vedere fino a che punto ciò sarà sostenibile. Categorie come la gioielleria di alta gamma, così come la pelletteria, avranno probabilmente un forte ritorno, dato che si tratta di articoli acquistati a bassa frequenza, e quindi potrebbero beneficiare di una domanda repressa. L’abbigliamento, al contrario, è un articolo ad alta frequenza che potrebbe soffrire a causa della perdita di opportunità di acquisto.

Il 35% della domanda del settore è costituita da consumatori cinesi. Poco più della metà di questa cifra è consumata dai turisti cinesi al di fuori della zona continentale del Paese. Di conseguenza, stiamo assistendo a una crescita massiccia dei consumi di lusso all’interno della Cina, stimolata dall’impossibilità dei consumatori di effettuare spese durante i viaggi internazionali. Nel complesso, i marchi più forti hanno compiuto sforzi altamente differenziati per migliorare il loro servizio e-commerce rispetto ai marchi più deboli. Il 50% delle vendite di L’Oreal in Cina sono ora online, guidate da iniziative come il live-streaming. Prima della crisi, l’online rappresentava il 7-8% delle vendite del settore, e prevediamo che questo dato raddoppierà dopo la crisi.