Il nuovo mercato del latte

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La pandemia da Covid 19 ha per sempre cambiato il mondo del consumo, delle produzioni e delle abitudini dei consumatori, segnando una linea netta di demarcazione tra il prima e il durante. Novità e approfondimenti dal settore sono arrivati durante Milk-it VI° Convegno nazionale sul mondo del latte, organizzato da CremonaFiere e AITA Associazione Italiana Tecnologi Alimentari nell’ambito della special edition di Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona.

Al centro del dibattito sono stati i contributi riguardanti l’evoluzione del nuovo mercato dei prodotti a base di latte e l’influenza sull’intera filiera. Nuove sensibilità del mercato, l’origine come sostegno del territorio, la resilienza dei minicaseifici e i trend di consumo post-Covid 19.

In appena 8 mesi sono cambiati per sempre sia il mercato che le abitudini di consumo.  Il consumatore post Covid-19 sarà più razionale e consapevole nella scelta dei cibi di cui nutrirsi, punterà sul made in Italy e acquisterà sempre di più online. È quanto emerge dallo studio sui consumatori e sulle imprese industriali e commerciali del largo consumo realizzato da Rem Lab (il Centro di Ricerche su Retailing e Trade Marketing dell’Università Cattolica) in collaborazione con Iri. Il consumatore ha modificato le proprie abitudini di acquisto: il 27,7% ha cambiato il negozio alimentare in cui fare la spesa e solo meno della metà tornerà alle vecchie abitudini quando sarà ripristinata la normalità. Il 22% ha trasferito a casa il momento della colazione durante il lockdown e tra questi il 17% è intenzionato a continuare, il 48% ha preparato in casa pizze, paste dolci e il 43% continuerà a farlo. Un’indagine da cui emergono alcuni insights interessanti sul consumatore del futuro. «Il 2020 è stato un anno molto difficile caratterizzato da incertezza e preoccupazione, che hanno inevitabilmente avuto ripercussioni sui nostri comportamenti sia come acquirenti che come consumatori- ha spiegato Tiziana Meriggi, Demand&Production Planning Manager, Parmalat spa-. Nel mondo lattiero –caseario le due principali evidenze sono: un aumento di penetrazione del latte UHT e dell’acquisto medio per atto di latte in tutti i segmenti; il momento di consumo della colazione ritrovato (e per alcuni ritrasferito) a casa. Comportamenti inizialmente accelerati dalla necessità ma che vediamo perdurare e che quindi portano a chiederci se si evolveranno in nuove abitudini. Attraverso un incessante impegno da parte di tutta la nostra organizzazione abbiamo governato il cambiamento nelle abitudini di consumo, adottando, da un lato, nuovi meccanismi operativi per assicurare i fabbisogni richiesti dai nostri clienti e dai consumatori e garantendo, dall’altro, continuità di fornitura nella filiera di approvvigionamento del latte».

La pandemia ha modificato, insomma, la polarizzazione dei consumi, innescando discontinuità comportamentali che favoriscono il retail grocery (fisico e online) a discapito dei pasti fuori casa.

Sul mercato del latte a lunga conservazione gli effetti si sono spiegati immediatamente, facendo registrare un incremento di volumi di 84,6 milioni di litri nel periodo Gennaio-Ottobre 2020 in confronto allo stesso periodo dell’anno precedente. Al contrario, il mercato del latte fresco ha registrato un decremento di volumi di -23,8 mio LT negli stessi periodi di riferimento.

Che impatto ha avuto il COVID sul comportamento di consumo? «Una quota di consumatori di latte ha deciso di cambiare le proprie abitudini di consumo, scegliendo il latte UHT invece che l’abituale latte fresco- ha risposto Tiziana Meriggi-. Le vendite di prodotti di largo consumo confezionato nella distribuzione moderna stanno tornando a svilupparsi su tassi fisiologici. La domanda on-line continua a galoppare, questi dati di consumo caratterizzeranno l’imminente futuro e le aziende per rispondere alle mutate aspettative dei consumatori dovranno prestare sempre maggiore attenzione alla salute dei prodotti che fanno arrivare in commercio, garantire la sostenibilità dei packaging che si introducono sul mercato, offrire prezzi contenuti e infine, ma non meno importante, sostenere la filiera del made in Italy».