Gli High Net Worth Individuals italiani sono pronti per il crowdinvesting

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Il crowdinvesting nasce per consentire a piccoli e piccolissimi risparmiatori di finanziare l’economia reale, partecipando alla crescita di aziende non quotate in Borsa e start-up. Si sviluppa online e trova il suo habitat naturale nelle piattaforme. Ma oggi, lo strumento, che inizia a diventare consolidato, attrae anche una fascia di investitori diversi: gli Hnwi, ovvero i detentori di patrimoni finanziari superiori ai 500.000 euro, a caccia di nuove ed interessanti opportunità di investimento. Risparmio privato che da più parti si tenta di convogliare verso il tessuto imprenditoriale italiano per dare nuovo impulso a quelle aziende messe in difficoltà dalla crisi, ma con fondamentali solidi e opportunità di sviluppo brillanti.

Gli Hnwi italiani sono 1,5 milioni e possiedono complessivamente 1.150 miliardi di euro di ricchezza finanziaria, aumentata del 5,2% negli ultimi due anni (il censimento è quello del terzo rapporto Censis Aipb sulla ricchezza degli italiani). Queste famiglie e individui hanno sempre più necessità di diversificare i propri investimenti, e sono alla costante ricerca di asset alternativi in grado di offrire maggiori rendimenti. Il loro patrimonio finanziario equivale a un terzo della ricchezza finanziaria italiana, che Banca d’Italia stima in 4.374 miliardi di euro (su una ricchezza complessiva di 9.743 miliardi di euro). Una quota del 15% è detenuta in liquidità: e si svaluta anno dopo anno, erosa dall’inflazione.

Europa vs Italia

Alcune piattaforme di crowdinvesting in Europa si sono già focalizzate sulla clientela Hnwi per finanziare progetti imprenditoriali. Il mercato rispetto a quello italiano è molto più evoluto: la McKinsey Private Banking Survey stima che il totale degli asset under management in investimenti alternativi nei portafogli del private banking sia cresciuto a un tasso medio annuo dell’8% negli ultimi 5 anni, arrivando a pesare quasi il 10% del totale.

In Italia siamo ancora agli albori: la quota è misurabile in uno zero virgola, ma su questa fascia di clienti si sta spingendo molto con i Pir 2.0, che investono in pmi italiane non quotate e offrono l’esenzione fiscale totale su un valore di 300.000 euro investiti ogni anno, a patto che il paniere sia detenuto per almeno un quinquennio. Di più, il regolatore per incentivare gli investimenti in questi mesi difficili ha offerto la possibilità di recuperare in dieci quote annuali eventuali minusvalenze maturate sugli investimenti del 2021.

Insomma, c’è un forte hype intorno al tema e il crowdinvesting può diventare determinante. Anche perché è un mercato ancora in una fase iniziale che ha ampio spazio di crescita. Secondo l’Osservatorio sul Crowdinvesting della School of Management del Politecnico di Milano, sono attivi a oggi 47 portali e il settore vale da inception 227,251 milioni per 719 offerte pubblicate di cui 504 chiuse.

Vantaggi per investitori, imprese, ecosistema

Come attrarre con uno strumento pensato per la folla una élite di investitori? Una strategia efficace nasce dalla collaborazione tra finanza tradizionale e FinTech, attraverso una classica operazione di coinvestimento (club deal) ma che si svolge esclusivamente online. Si tratta, nella pratica, di una campagna di raccolta capitali su una piattaforma regolamentata e vigilata da Consob, che viene riservata principalmente ai clienti private di una banca. I vantaggi che offre sono rilevanti per tutti gli stakeholder.

Per gli investitori il vantaggio principale sta nella possibilità di diversificare il portafoglio, attraverso un’asset class decorrelata rispetto ai principali mercati finanziari e quindi pressoché indifferente a eventuali crolli di mercato. Secondo Preqin, i mercati alternativi hanno reso nell’ultimo triennio il 17% annualizzato e nel post Covid le attese di rendimento sono anche aumentate. Il secondo vantaggio risiede nella possibilità di ottenere rendimenti sopra la media dei mercati obbligazionari e anche dell’azionario travolto dalla volatilità. Infine, per gli investitori italiani, esiste anche un importante beneficio fiscale. Grazie alle agevolazioni fiscali per le persone fisiche che investono in start-up e Pmi innovative, c’è una detrazione pari al 50% fino a una soglia di 100.000 euro e al 30% su importi superiori. La detrazione si può effettuare nell’anno fiscale successivo all’investimento, quindi entro giugno 2022 per investimenti effettuati nel 2021: questo, a fronte di rendimenti che si prospettano interessanti, lo rende probabilmente anche più vantaggioso sulla fiscalità rispetto ai Pir.

Per l’impresa che vuole finanziarsi si tratta di un percorso vantaggioso perché l’operazione è decisamente meno costosa di una Ipo, molto più veloce, e presenta meno vincoli. Le banche invece ottengono la possibilità di offrire alla propria clientela un prodotto innovativo. Le piattaforme di crowdinvesting riescono a raggiungere un segmento di mercato diverso e più grande.

Infine, questi benefici si riversano sull’ecosistema economico, facendo confluire sul sistema produttivo italiano in maniera diretta il risparmio privato che staziona su conti correnti. E dando la possibilità a chi investe di farlo generando un impatto sociale.

Il primo esempio di collaborazione tra private banking e crowdinvesting

Non è un caso che la prima campagna di questo tipo, frutto della collaborazione tra BacktoWork e Intesa Sanpaolo Private Banking, sia stata la più finanziata di sempre in Italia e tra le più importanti in assoluto nell’Europa Continentale: parliamo di e-Novia, che a marzo 2020 ha raccolto 8 milioni di euro in 30 giorni. L’operazione è stata strutturata attraverso il collocamento di quote di Fin-Novia, veicolo ad hoc che ha sottoscritto un prestito obbligazionario emesso da e-Novia; prestito che si convertirà in equity con la quotazione in Borsa della società.

Si è trattato di una prima assoluta per una banca italiana ma l’obiettivo è far diventare questo percorso una prassi: e dunque le opportunità di investimento saranno sempre maggiori.