Le catene della ristorazione oltre il Covid

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Tra proteste dei gestori e assalto da parte dei consumatori nella scorsa domenica di San Valentino, una categoria che non ha mai smesso di fare notizia dall’inizio del lockdown è quella dei ristoratori, una delle più colpite dalle misure di contenimento e tuttora in grave sofferenza.

Il mercato italiano dei consumi fuori casa ha chiuso il 2020 con una perdita del 37% rispetto al 2019, secondo i dati raccolti da TradeLab, società di analisi e consulenza direzionale in particolare nell’ambito del marketing. E le catene della ristorazione commerciale non hanno fatto eccezione. Anzi, il comparto, che a fine 2019 aveva messo a bilancio 5,7 miliardi di euro, oggi vale circa 3 miliardi, con un calo del 47 per cento.

Ma le catene della ristorazione sarebbero anche quelle dotate di migliori strumenti per sopravvivere alla crisi, grazie ad alcuni parametri come offerta di qualità accessibile a tutti, digitalizzazione avanzata nelle dinamiche del servizio, food safety e sicurezza del cliente.

Secondo una survey di Osservatorio Food su un campione di 50 manager della ristorazione commerciale italiana, sono questi stessi elementi gli ingredienti della solidità delle catene della ristorazione in questo momento di pandemia e presumibilmente anche in vista della ripresa post-emergenza. Le catene della ristorazione organizzata oggi rappresentano una nicchia con appena il 7% dei consumi fuori casa nazionali, molto al di sotto delle medie europee. Si tratta dunque di un settore con ampi margini di crescita nel mercato interno, che si è trovato pronto ad affrontare il cambiamento imposto dalle restrizioni alla gestione del business, perché molti degli strumenti necessari a svolgere l’attività con i locali chiusi al pubblico erano già in uso da tempo nel settore (ad esempio la digitalizzazione e i sistemi di delivery).