Opportunità nella confusione

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L’indice azionario globale è sceso del 4% dai massimi di metà febbraio. In prospettiva, si tratta solo di una leggera interruzione dopo la forte ripresa iniziata un anno fa. Tuttavia, sotto la superficie dei principali indici, l’intensità delle rotazioni settoriali è senza precedenti.

Nonostante la volatilità che si è creata e gli impatti di breve termine, non si tratta di un segnale preoccupante, anzi, offre l’opportunità di rafforzare le posizioni su alcuni dei temi più promettenti a lungo termine.

La principale scintilla per queste rotazioni è stata l’attesa di una maggior inflazione. Nei prossimi mesi si assisterà infatti a una crescita continua dell’inflazione su entrambe le sponde dell’Atlantico. Questo accadrà per diversi fattori collegati tra loro: in primis, la riapertura delle economie nella seconda parte dell’anno, il confronto con l’andamento di un anno fa nel bel mezzo della prima ondata della pandemia e il rapido recupero dei prezzi delle materie prime.

L’inflazione potrebbe superare il target di circa il 2% fissato dalle banche centrali. Ci aspettiamo tuttavia che, a partire dalla tarda primavera, possa tornare a stabilizzarsi. La Federal Reserve, come ribadito più volte dal Presidente Jerome Powell, non reagirà a questi aumenti, dal momento che li considera temporanei e tende a concentrarsi maggiormente su obiettivi d’inflazione di medio termine. Tuttavia, ha lasciato liberi di fluttuare i rendimenti di lungo termine dei Treasury, che sono triplicati raggiungendo l’1,7%.

Ciò ha diminuito l’attrattiva delle società con maggiore crescita – poiché i loro profitti futuri vengono scontati a un tasso più elevato – e di quelle acquistate dagli investitori perché in grado di assicurare flussi di cassa simili alle obbligazioni (utilities e infrastrutture), mentre ha rilanciato il settore finanziario, quello energetico e i materiali di base. Questi settori effettivamente mostrano ancora potenziale di recupero, dopo un 2020 nel quale sono stati particolarmente penalizzati.

La Cina ha sofferto in modo particolare questa presa di profitto, perché il suo indice è legato per oltre un terzo alla tecnologia e, inoltre, sono emerse nuove tensioni geopolitiche. Alcuni segmenti legati alla sostenibilità ambientale (come i produttori di auto elettriche e di energie rinnovabili) che erano entrati in una dinamica speculativa negli ultimi mesi si sono sgonfiati.

Ci sono stati anche fattori tecnici che hanno contribuito a questi vuoti d’aria, come i riposizionamenti di alcuni investitori istituzionali verso la fine del trimestre anche per ragioni fiscali, in particolare negli Stati Uniti.

Questo processo di consolidamento dei mercati azionari è salutare, perché costringe gli investitori a rivalutare la propria esposizione ed eliminare alcuni eccessi; ma provoca anche correzioni ingiustificate in settori e mercati con prospettive di lungo termine molto positive.

In sole sei settimane, l’indice MSCI China è sceso del 18% e il gruppo dei mercati emergenti del 12%. Il settore della biotecnologia statunitense è sceso di un altro 18%, farmaceutica e utilities di oltre il 6%.

Queste rotazioni offrono agli investitori l’opportunità di rafforzare l’esposizione nei confronti dei migliori trend a lungo termine. La Cina continuerà ad essere la grande locomotiva del mondo, modernizzando il suo modello economico e guidando molte delle trasformazioni strutturali globali. Eppure rimane altamente sottorappresentata nei portafogli azionari e obbligazionari, nonostante generi già un quinto del PIL mondiale.

Queste rotazioni ci permettono anche di entrare a prezzi scontati su alcuni temi che presentano interessanti prospettive, come healthtech (telemedicina, biotecnologie, innovazioni terapeutiche e tecnologie mediche) e greentech (innovazione al servizio della sostenibilità ambientale, rinnovabili, smart mobility, infrastrutture).

Occorre inoltre tenere presente che un nuovo ciclo economico è alle porte e si caratterizzerà per la crescita più alta rispetto al recente passato grazie alle aggressive politiche fiscali e monetarie, fattori che dovrebbero dare supporto al mercato azionario nel suo complesso.